L’OPINIONE
di Luigi Mazzella
Gli influencer.
Una volta si chiamavano sciamani, profeti, sacerdoti,
santoni o, se laici, “maestri del pensiero” gli uomini di forte personalità, di
particolare abilità oratoria e psicologica, di buona capacità di scrittura che fossero
capaci di influire sui comportamenti e sulle scelte di determinati gruppi
sociali o dell’intera società. Oggi chi ha le stesse attitudini e capacità
è definito “influencer”.
Il termine per la verità è nato in tempo
di consumismo: influencer era denominato chiunque avesse il potere di
“influenzare” le decisioni di acquisto di altre persone a causa della sua
autorità, conoscenza, posizione, o capacità relazionale. Poi il
significato si è ampliato sino comprendere ogni personaggio di successo, ogni
individuo popolare nel sistema mass-mediatico o in quello dei social
network in grado di influire nelle scelte o regole di vita della
generalità dei consociati. Il rapporto con
gli influencer non è sempre propriamente ottimale e non solo a
causa del senso di superiorità che essi sembrano attribuirsi. In molti
individui prevale l’indifferenza, in altri l’invidia per la oro popolarità
e i loro guadagni abnormi; ma sono anche tanti a giungere al disprezzo e
all’odio. Chi segue gli influencer è detto follower che altro
non è se non la traduzione di seguace. Solitamente si ritiene che il
fenomeno degli influencer sia databile solo ai nostri tempi. Non la pensava così Baruch
Spinosa, il filosofo razionalista olandese ispiratore della tesi sui tre
“impostori e malfattori dell’umanità”. A suo giudizio dei pessimi e
nocivi influencer (ovviamente ante litteram) erano stati Mosè, Cristo
e Maometto, ritenuti responsabili della morte del pensiero libero e
razionale. Non vi includeva Platone, a mio giudizio, invece, altrettanto colpevolmente, all’origine
di quell’idealismo iperuranico, ugualmente astratto e fantasioso, che ha dato i
suoi frutti peggiori (nazifascismo e socialcomunismo) con la versione ottocentesca
e teutonica di Hegel. Un razionalista di oggi
non può che richiamarsi, per un Occidente divenuto “mediorientale” da oltre
duemila anni per usi e costumi di vita, che all’intuizione Spinoziana. La
guerra divenendo “santa” e giustificata dalla necessità di eliminare i nemici
di Dio sulla Terra non ha di certo “migliorato” le condizioni di
convivenza tra gli esseri umani; prima i conflitti armati erano solo di
conquista e non nobilitati da intenti morali né salvifici. Così come non le hanno migliorate le teorie del popolo
eletto da Dio (Gott mit uns) per guidare gli altri verso la salvezza e
quelle “dell’avanti o popolo alla riscossa” dei portatori di bandiere
rosse. Anche sulle origini del maschilismo (proprio della società
patriarcale) i monoteismi mediorientali hanno apportato, secondo gli esperti di
endocrinologia, peggioramenti notevoli. Per essi, il Padre, onnipotente,
onnisciente e onni-tutto è maschio e non c’è nulla che non gli sia
permesso. La “madre” è ingravidata persino a sua insaputa (com’è nel
caso dell’invisibile Spirito Santo) e deve scontare il suo destino di essere
stata “creata” solo sottraendo una “costola” al maschio. Gli influencer che
stimolano pride e manifestazione LQGBT 1+ trovano un terreno fertile
nel fatto che ebrei e cristiani (cattolici e protestanti) hanno sempre
impedito ai loro scienziati di dire la verità sull’identità di genere, sugli
orientamenti sessuali, sui cis e transgender e via dicendo, influenzando
con false verità il pensiero dei credenti. In
conclusione: la “fama”, il successo degli influencer contemporanei in Occidente,
che tanti sentimenti contrastanti provocano nella gente, trovano sostegno
nel progressivo degrado della vita sociale e questo non è dovuto a loro ma alla
lotta alla “razionalità” perseguita dagli influencer di un passato molto
remoto.