Se dovessimo immaginare
il mondo di oggi, lo immagineremmo come un grande scacchiere, dove ogni Paese
gioca la sua partita all’interno di grandi alleanze, più o meno articolate, ma
sempre coordinate da grandi Paesi che muovono gli elementi del gioco con strategie
precise. I giocatori non ci mostrano l’andamento della partita, la cui
“vincita” preminente è impadronirsi delle principali risorse, ma è evidente che
le pedine ossia “gli Stati” contengono popoli costretti a subire guerre,
terrorismi, povertà come se fosse per loro un destino ineluttabile. Viviamo in
un pianeta sempre più interconnesso, ma nello stesso tempo più dilaniato da
interessi politici ed economici di Stati sempre più grandi e sempre più armati.
Un gioco politico e militare non più sostenibile che sta avendo conseguenze
sempre più violente, pericolose e inquietanti.
Non
si tratta di essere ingenui pacifisti, idealisti del nuovo millennio, buonisti
spinti da una umana sensibilità. Si tratta di analizzare in modo obiettivo gli
scenari delle aree geografiche del pianeta, mossi da uno spirito critico nei
confronti di un mondo che ci sta portando verso un futuro pieno di
contraddizioni mortali.
Diceva
il filosofo Thomas Hobbes “Homo, homini lupus”, inteso come se ogni uomo fosse
predatore dei suoi simili: idea alla base della sua filosofia era che gli
uomini vivano un conflitto perenne dato da un’attitudine naturale a cercare di
accaparrarsi risorse in un regime di scarsità. Hobbes raggiunse questa conclusione
osservando le realtà europee, fatte di continui conflitti reiterati nel tempo,
di tratta degli schiavi e sfruttamento delle colonie di paesi come Spagna e
Inghilterra.
Successivamente
la filosofia politica di Marx ha dimostrato la natura sociale ed economica di
queste contraddizioni e anche come sia
il sistema economico a dettar legge in quello politico e culturale. Con il
materialismo storico, infatti, ci spiega che il flusso dei nostri pensieri è
generato dall’abitudine a come combiniamo tra loro quelli che nutriamo e che il
sistema capitalistico conduce l’essere umano a un flusso di pensieri, e quindi
di azioni, prodotto dei valori del sistema stesso, veicolati dai media e
modellati dai “rappresentanti culturali” delle nostre società a cui la maggioranza
si ispira: individualismo, conformismo, atteggiamenti competitivi ed egoistici,
di dipendenza dal consumismo che sfociano in razzismo, narcisismo, aggressività
o, nella migliore delle ipotesi, indifferenza.
Effettivamente
viviamo un’epoca in cui l’uomo non si comporta in modo diverso da quello dei
suoi antenati: la storia dell’umanità altro non è che un susseguirsi di lotte e
rivoluzioni al fine di conseguire potere e ricchezze. Il fatto che esista un
passato simile non significa che il futuro non possa cambiare e in effetti i
cambiamenti più importanti dell’evoluzione umana nell’arco della storia sono
stati possibili grazie a chi ha segnato nuovi percorsi, al lavoro di tanti. Recenti
studi hanno dimostrato, semmai ce ne fosse stato bisogno, che nonostante
l’aumento vertiginoso della popolazione, le attuali tecnologie renderebbero
sostenibile tale sviluppo se solo regolamentato e, soprattutto, se si punterà a
una distribuzione delle ricchezze. Purtroppo attualmente si sta andando verso
il senso opposto e, benché la concentrazione delle ricchezze del pianeta si sia
estesa negli ultimi 20 anni ad altri Paesi, questo invece di aumentare la
giustizia sociale ha portato a un escalation dei conflitti e spesso sono pochi
uomini a detenere lo stesso livello di ricchezze di interi stati.
Attualmente
la gran parte del benessere del mondo si concentra nell’Europa occidentale, in
Oceania, in Giappone, Corea del Sud e Nord America, ma nonostante le nuove
potenze emergenti dei paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica)
abbiano aumentato sensibilmente la loro ricchezza, non avendo sviluppato un
sistema di welfare state incisivo, la gran parte di questa è rimasta nelle mani
di pochi ed ecco che i problemi sociali presenti, invece di attenuarsi, si sono
acuiti. Non solo: la nascita di nuove potenze economiche ha visto anche
crescere l’esigenza di risorse in modo particolare energetiche. In tale
contesto, Paesi come la Cina, l’India e la stessa Russia hanno preso, o
ripreso, parte alla partita, chi per motivi strategici, chi per conquistare
mercati o anche per arginare l'avanzata di politiche estere aggressive di altri
stati riuscendo a conquistare con forza un ruolo all’interno dello scacchiere
che, per tutti gli Anni 90, è stato ad appannaggio degli Stati Uniti e dei suoi
alleati. Attualmente la maggioranza delle risorse energetiche sono concentrate
nel Medio Oriente, in Africa e anche in America Latina e non è un caso che
proprio queste zone del mondo siano teatro dei maggiori conflitti esistenti e
di feroci dittature o di continui tentativi di golpe come in Venezuela dove è
presente la più grande riserva di petrolio al mondo. Le politiche coloniali di
Paesi come l’Inghilterra e la Francia, hanno di fatto impedito la nascita di
Stati veramente autonomi, cosa che sarebbe potuta accadere solo se il processo
di indipendenza avesse visto la nascita di Stati reali, e non tagliati con il
righello, in grado di poter esprimere le loro potenzialità liberi dal giogo
delle multinazionali che sono rimaste a controllare il territorio. I territori
nordsahariani vedono ancora oggi la presenza di Paesi europei, a partire dalla
Francia, come garanti dell’ordine in una zona del mondo preda di movimenti
fondamentalisti islamici. In realtà la presenza francese ed europea, in questi
e in altri territori africani, ha il
fine di dominarli economicamente, depredarli, sfruttarli e controllare
militarmente le popolazioni che vi abitano favorendo la costituzione di regimi
dittatoriali, cosicché questi popoli non possano essere in grado di
autodeterminarsi. Dopo il loro ritiro formale, le potenze ex coloniali hanno
sistematicamente eliminato i leader
progressisti del Terzo Mondo, Lumumba, Sankara… che avrebbero potuto
dare dignità e progresso a quei popoli, sostituendoli con dittatori corrotti e
asserviti.
Situazione
che ritroviamo in Medio Oriente, nella Libia “liberata” dalla dittatura di
Gheddafi come in Siria (dove sembra siano state trovate mine antiuomo prodotte
in Italia), in Yemen (dove, in riferimento alla guerra in corso, l’Italia è
indagata per crimini di guerra dalla procura di Roma, di Brescia...) e che vede
contrapporsi potenze come Russia e Stati Uniti o come in Iraq, e ci si chiede
come sia possibile la costituzione di Califfati in grado di controllare e governare
interi Stati: chi li arma? Chi li finanzia?
In
questa situazione anche Stati che sono apparentemente in seconda linea giocano
ruoli di primo piano e infatti la Cina è impegnata a livello diplomatico nella
promozione di un ambizioso quanto strategico progetto di cooperazione
internazionale con cui non solo ha l’intenzione di assumere la leadership
politica, economica e militare dell’area del sud-est asiatico, ma addirittura
ambisce a sfidare gli USA nel controllo delle principali materie prime a livello
planetario.
Il
progetto, denominato OneBelt-oneRoad (OBOR), letteralmente “una cintura-una
strada” è la contromossa di Pechino in risposta al tentativo di qualche anno fa
degli Stati Uniti di costruire una cintura di contenimento in Asia anti-cinese
imperniata sugli USA, ‘cintura’ estesa dall’India al Giappone e all’Australia,
includendo Vietnam, Corea del Sud, Filippine più altri “amici e alleati”. Xi
Jinping definisce la propria “una strategia di protezione contro la mossa
americana verso Est, verso l’estremo Oriente” e si sta sviluppando attraverso
la creazione di una rete fittissima di infrastrutture, ferrovie, strade e linee
marittime, gasdotti e oleodotti in grado di mettere in comunicazione la Cina e
l’Estremo Oriente con l’Asia, l’Europa ed il Mediterraneo, e di permettere così
alla Cina di assumere l’incontrastato controllo politico ed economico di questi
territori.
Tutti
questi giochi di potere vengono mascherati all’opinione pubblica da discorsi
pseudo pacifisti e ipocriti, ma non basta professarsi pacifisti o difensori dei
diritti e poi appoggiare politicamente missioni militari, essere a libro paga
come trai maggiori fornitori di armi al mondo o sostenere feroci dittatori:
basti pensare a Germania e Norvegia che hanno riconsegnato l’attivista per i
diritti curda Gülizar Taşdemir, che era riuscita a uscire dalla Turchia, nelle
mani di Erdogan dove potrebbe essere torturata. In una situazione di questo
tipo, dove a dilagare è l’egoismo, l’individualismo, la sopraffazione e nella
quale gli stessi governi professano un pacifismo sterile mai sostenuto nei
fatti, è impossibile trovare accordi di pace o convivenze pacifiche nei tanti
contesti: nella situazione israelo-palestinese, in quella curda...
Come
in Centro e Sudamerica, “cortile” degli Stati Uniti, che ne dirige dittature e
narcocrazie: quella in Messico per esempio, dove la vita è impossibile tra i
narcotrafficanti e i fiumi di armi leggere provenienti da Germania e Stati
Uniti. Per non parlare, più a sud, dei disboscamenti incontrollati in Amazzonia
da parte delle multinazionali e dello sfruttamento intensivo di una terra dalle
risorse immense da parte di Stati Uniti e Cina oppure della situazione del Sud
Sudan dove grazie al contributo inglese nell’inviare armi si sta combattendo
una cruenta battaglia che ha trasformato questo Paese in un inferno a cielo
aperto o di quella nel Corno d’Africa, mai risolta, che vede la Somalia paese
fantoccio preda di bande, pirati e dittatori sanguinari che si alternano nel
tempo. Senza dimenticare il problema dell’acqua, problema generato dal
mutamento climatico in atto al quale le super potenze non sono interessate a
porre rimedio puntando invece a imporre i propri affari. In Africa il deserto
si allarga, il lago Ciad si sta disseccando e questo è causa di conflitti tra
agricoltori e allevatori, mentre conflitti per l’acqua sono anche in corso
lungo fiumi importanti come il Nilo e il Niger. Per concludere la realtà del
Sudan e del Darfour, insieme agli oramai radicati problemi politici dei Paesi
centro e sud africani, ci presentano un continente allo stremo. Una situazione
ideale per i Paesi di mezzo mondo che possono accaparrarsi le ricche risorse di
quei Paesi sfruttando la loro debolezza politica. Il caso Eni in la Nigeria è
emblematico: la Nigeria è uno dei Paesi virtualmente più ricchi dell’Africa,
distesa su enormi giacimenti di petrolio e gas, ma contratti capestro con
multinazionali straniere ne hanno devastato il territorio e alimentato una
corruzione senza freno.
Il
prezzo di tutto questo qual è? Il prezzo di tutto questo è che dopo aver
violentato, affamato, depredato e imposto regimi dittatoriali e corrotti in
questo continente, adesso milioni di persone cercano di recarsi nei Paesi dove
una sopravvivenza sia possibile. Il fenomeno dell’immigrazione è un fenomeno
destinato ad aumentare, non solo inarrestabile ma anche e soprattutto
ingestibile.
Ci
sarebbe ancora moltissimo da dire ma chi scrive ritiene sia meglio fermarsi
qui, perché questo piccolo spaccato da solo rende comprensibile capire come non
sia più possibile andare avanti in questo modo. Va da sé che l’accoglienza è il
dovere primo di chi vuole definirsi umano ma non è accogliendo o non
accogliendo gli immigrati che si fa qualcosa, non è essendo favorevoli o
contrari a un’azione militare che si può riuscire a determinare un cambiamento.
Il cambiamento deve essere radicale, a 360 gradi: un cambiamento capace di far
comprendere alle persone che bisogna evolversi, bisogna prendere l’umanità
tutta ed affrontare la più grande sfida cui sia chiamata: cambiare se stessa!
Questo cambiamento passa
attraverso varie fasi
1. Sospensione immediata
di invio di armi, leggere e pesanti, nei Paesi in guerra, nei paesi dove
potrebbero essere utilizzate contro civili e in violazione dei diritti umani
2. Spostamento del 80% di
uomini e donne delle Forze Armate al Ministero dell’interno con funzioni di
prevenzione e controllo di attività illecite: incendi di boschi, traffico di
rifiuti pericolosi, inquinamento dei corsi d’acqua, sofisticazioni alimentari,
caporalato, traffico di esseri umani, terrorismo, evasione fiscale, riciclaggio
del denaro derivato da traffici illeciti e per il perseguimento dei reati
legati alla Rete, ecc.
3. Rifiuto da parte di
governi e privati di acquistare e produrre qualsiasi tipo di armamento, lo
smantellamento delle testate nucleari presenti sui territori, sminamento dei
territori contaminati
4. Mappatura dei territori
privatizzati da parte delle multinazionali, il monitoraggio e la riconversione
dei territori devastati che hanno costretto milioni di uomini alla fuga, e le
conseguenti produzioni monocolturali
5. Rispetto dei diritti
Umani, e in particolare del diritto di tutti di poter vivere con dignità e del
diritto di tutti di conservare la propria integrità fisica e psicologica e di
non subire discriminazioni per nessun motivo, che si tratti di etnia, sesso,
età, religione, orientamento sessuale, opinione politica, disabilità fisica o
psichica
6. Rinunciare a qualsiasi
attività di guerra per la risoluzione dei conflitti internazionali, e avvio di
un percorso di uscita dalla Nato, ribadendo l’amicizia con tutti i popoli del
mondo, e l’impiego delle risorse economiche ora destinate ad usi militari per
fini pacifici. Cambiare nome al Ministero della Difesa usando la dicitura:
Ministero per la Pace e la cooperazione. Iniziare una concreta e fattiva
riconversione tecnologica dell’industria bellica in industria civile, pacifica
e rinnovabile.
7. Sospensione del franco
CFA, del militarismo francese e del
sostegno ai governi dittatoriali africani. Sospensione del debito per i
paesi delle ex colonie che crea il circolo vizioso: prestiti - indebitamento
crescente - imposizione dei piani di aggiustamento del FMI - impoverimento
delle popolazioni - lievitazione degli interessi su debiti impagabili
8. Dato che le migrazioni
sono dovute quasi esclusivamente alle ingerenze nefaste dell'Occidente nei
paesi da dove iniziano, si chiede che ogni individuo possa circolare
liberamente e liberamente decidere dove costruire la propria vita senza
discriminazioni legate al paese di origine
9. Rispetto e la libertà per ogni minoranza esistente in
ogni Stato
10. Rispetto e tutela della
vita e della dignità di ogni essere vivente: di ogni specie animale e di ogni
ambiente terrestre
Il
capitalismo mondiale per esprimere le sue esigenze non può più influenzare un
singolo Stato ma un intero sistema, e per tale motivo preme per la nascita di
stati frammentati, in modo da poter esercitare la sua egemonia su interi
sistemi economici e muoverne i fili.
Dobbiamo
liberarci dalla minaccia della nostra ricchezza, viviamo una politica e un
sistema che ci vede attaccati visceralmente alle briciole che il sistema ci
lascia, mettendoci gli uni conto gli altri ma mentre nel 700 il lupo hobbesiano
lottava per la sopravvivenza, oggi lotta con le unghie e con i denti per
mantenere i suoi privilegi pronto a uccidere. Che cosa siamo diventati?
“La Carta Geopolitica e
Pace nasce spontaneamente dalla volontà di alcuni cittadini con l’unica
motivazione di rompere il silenzio dell’opinione pubblica sulle atrocità che si
compiono su civili inermi, sui bambini e su intere popolazioni in molte aree del
pianeta a opera di un sistema economico,
guidato da pochi noti e che i media non ci vogliono raccontare, che prospera
dalla costruzione di armamenti, dal generare guerre e dallo sfruttamento di
interi territori.
Non si può più restare
inermi davanti al grido di dolore che viene dalle popolazioni della Siria,
dello Yemen, da popoli che abitano i territori africani e dalle minoranze
perseguitate. La Storia ci ha insegnato come 70 anni fa si compì un orrore
simile nell’indifferenza generale e ci siamo chiesti come sia potuto accadere
l’Olocausto senza che la gente manifestasse il proprio diniego. E’ ora di dire
basta e chiedere ai nostri governanti, ai detentori culturali dei nostri
indirizzi di interesse di tirarsi fuori da questi giochi di potere e contribuire
a cambiare il sistema nutrendo e proteggendo la Vita e la Libertà”.
Cristina Mirra, Angelo
Gaccione, Mauro Caruso, Monica Paglicci, George Ebai, Momyn Werebi, Alessio Di
Florio, Irene Bracelli, Paolo Ferretti De Luca, Costanza Locatelli, Veronica Tarozzi,
Jacqueline Rito, Valeria Bernardi.