LA POETA
Dubbio di genere
Pablo Picasso
"Il poeta" 1904
Non è facile scrivere di
questo argomento e l’insidia di essere fraintesa, scatenando un putiferio, è
una certezza. E allora, si potrebbe obiettare, perché farlo? Semplicemente
perché ho l’impressione che siamo a un passo dallo scadere nel ridicolo, con
questa "femminilizzazione" a oltranza di qualsiasi termine. Mi
considero una donna al di sopra di ogni sospetto quanto a scelte: ho svolto una
professione tradizionalmente maschile qual è il veterinario; al momento di
scegliere la specialità, che avrebbe condizionato il mio futuro, sapevo che
occuparsi di cavalli avrebbe significato incamminarsi su un campo minato di
diffidenze e preconcetti nel migliore dei casi, di sottili e allusivi o magari
aperti sfottò nel peggiore.
Ne sono uscita indenne proseguendo per la mia
strada e facendo conto sulla capacità e l’impegno serio, che poi fossi “la”
veterinaria o “il” veterinario non mi è mai importato. Sarebbe cambiato
qualcosa ai fini delle diagnosi e delle conseguenti terapie che giustamente si
aspettavano da me? Un articolo non poteva certamente fare la differenza.
Quanto ai miei libri, mi irrita che qualcuno parli
di “scrittura al femminile”.
Si scrive e basta. C’è chi lo sa fare e chi no,
chi lo fa bene e chi no, maschio o femmina che sia. Che poi, il genere al
quale, e mi reputo fortunata a esserlo, appartengo mi porti a vedere le cose da
una prospettiva femminile, questo è semplicemente un riflesso della natura. E
mentre scrivo mi vengono in mente gli occhi di un cane femmina rispetto a quelli
di un maschio, sfido chiunque a non cogliere la diversità dello sguardo.
Oggi ironizziamo giustamente sui neologismi
commissionati a D’Annunzio per difendere l’italianità dalla lingua delle democrazie plutocratiche e reazionarie
dell’Occidente. Ne vennero fuori forzature di ogni genere.
Non è che questa “femminilizzazione forzata della
lingua” ci esporrà allo stesso ridicolo, quando questa moda avrà fatto il suo
tempo?
Anna Lina Molteni
"Il poeta" 1904