PAROLE E LINGUA
di Nicola Santagada
L’attualità
Il verbo
(ago) ἄγω: muovo,
conduco, guido, porto, spingo ebbe grande fortuna nella
cultura greca, latina ed italica. C’è da ricordare che i significati furono numerosi,
in quanto la perifrasi era molto generica. Sicuramente, il pastore greco si
avvalse della metafora del grembo: dal nascere (è la traduzione di αγ) per
indicare alcuni aspetti della sua attività:
muovere dall’ovile al mattino, guidare il suo gregge, spingerlo, quando
s’attardava per brucare. Per il pastore la nascita della creatura è un ri-torno,
il cui cammino dura nove mesi: c’è una partenza (quando lega), c’è il
tendere (la spinta) del grembo, c’è la necessità di guidare e nutrire
quell’essere in formazione, per il pastore il suo gregge.
Per quanto riguarda i significati che si desumono, bisogna
ricordare che alcuni si estrapolano direttamente dalla radice, altri dalla
perifrasi che è servita a dare quel determinato significato, altri dal nuovo
nome che si è formato.
Quindi, da ἄγω fu coniato l’aggettivo (agogòs) ἀγωγός: colui
che conduce, colui che guida, da cui pedagogo; quindi, si
indicò, desumendolo dall’aggettivo verbale: (aktòs) ἀκτός (chi ha
condotto), il sostantivo (aktor aktoros) ἄκτωρ ἄκτορος: guida, capo. Inoltre, quando i greci coniarono il
sostantivo (agòn agonos) ἀγών ἀγῶνος: lotta, gara, giochi, agone, combattimento,
lotta giudiziaria, contestualizzarono una fase particolare del cammino
della creatura, che è quella del travaglio, in cui c’è aspra lotta per
sopravvivere, sebbene, successivamente, sia passata ad indicare anche lottare
per vincere nei giochi olimpici, delfici ecc. Quindi, coniarono agonista,
protagonista, antagonista, agonismo. Fu dedotta anche
(agonia) ἀγωνία con i significati di lotta e di angoscia, per cui nella
cultura italica passò ad indicare l’esito finale per il soccombente. Poi
coniarono (agoghé) ἀγωγή: la conduzione, il trasporto anche della creatura in
grembo, quindi, si ebbe (an-agoghè) ἀν-αγωγή: il
condurre in alto, che è il sollevamento del grembo, poi, (an-agogòs) ἀν-αγωγός: che
porta in alto, che eleva (molto simile a sublime dei
latini), (an-agoghikòs) ἀν-αγωγικός: spirituale, anagogico, di mistica elevatezza. Da
tutto questo contesto si ebbe l’anagogia biblica.
Dal verbo ἄγω, premettendo
una epsilon (ε), il pastore greco dedusse (egheomai) ἡγέομαι: precedo,
sono guida, guido, do il segnale/l’intonazione, comando,
domino, facendo questa perifrasi: dal condurre ho per me quanto
or ora detto. Quindi, ricavò egemone ed egemonia. Inoltre, da egheomai,
con il significato di: do il segnale fu dedotta: l’esegesi, l’interpretazione
del segnale.
L’omologo di ἄγω, in
latino, fu duco ducis, duxi, ductum, ducere: tiro,
attiro, trascino, conduco, spingo, che sono compiti
propri del pastore, che diventa dux: conduttore, guida,
duce, capo, condottiero. Da duc, metafora del grembo,
da scrivere con grafi greci δυχ e da
tradurre: lega la creatura il passare (durante l’incubazione), furono
dedotti tantissimi lemmi: dotto lacrimale, ma anche duttile, conducente,
condotta, condotto, conduttore, indotto, induzione,
dedotto e deduzione, seducente (il pastore che attira, che
trascina), sedotto (che ha sedotto, che è stato sedotto) e seduzione
ecc. ecc. Questo per ribadire che non solo la radice dà il significato alla
parola, ma, spesso, è l’intera perifrasi.
Inoltre, i
latini conobbero il verbo ἄγω, che
strutturarono così: ago agis, egi, actum, agere:
metto in movimento, faccio muovere, spingo, conduco,
guido. Il verbo ago ha anche altri significati: faccio, agisco,
conduco a termine, effettuo, mi curo di compiere, il che induce a
pensare che o i latini lessero dal generare come un fare o il gamma
è da assimilare a (chi) χ, per cui la perifrasi divenne: dal passare,
che indica che, durante l’incubazione, la creatura viere realizzata. Questo
distinguo è necessario per tentare di spiegare i tanti significati che ha
assunto la parola atto. Quindi, da ago con il significato di
metto in movimento fu dedotto agile, mentre da ago con il
significato di agire fu coniato agente (colui che agisce).
Tornando ai
significati da assegnare ad atto, per prima cosa si esclude da queste
riflessioni l’aggettivo aptus: adatto, idoneo, dedotto da
questa considerazione: il legame tra madre e creatura, che determina la spinta
in avanti, è adatto allo scopo. Aptus, infatti, fu mutuato da ἅπτω: connetto,
annodo, lego.
C’è l’atto come
gesto, che è proprio del pastore che mette in movimento il gregge. Anche,
oggi, il pastore, dopo aver disposto i vari capi nello stazzo, con un cenno e
con un ah! stentoreo, ordina al gregge di dirigersi al pascolo. Quindi, atto
divenne qualsiasi gesto che avesse forte valenza comunicativa: una carezza
divenne atto/gesto di tenerezza, battersi il petto divenne atto di supplica, cospargersi
il capo di cenere significò mortificazione e richiesta di perdono, inginocchiarsi
e mettere le mani in quelle del Signore divenne atto di sottomissione/sudditanza
da parte del vassallo ecc. Da questo atto
era stato dedotto dai greci ἄκτωρ ἄκτορος: guida, capo, ciò che fecero anche i latini ricalcando attore,
come colui che mette in movimento. Inoltre, da chi ha spinto verso/contro,
in latino actus, fu dedotta actio actionis, che era anche
l’arringa dell’avvocato nel foro, l’orazione del senatore nell’aula, il porgere
dell’oratore, la discussione di una causa in giudizio, il discorso d’accusa o
di difesa. In tutte queste actiones c’era un attore: colui che
espone, colui che accusa e intenta un processo, ma anche attore come personaggio
teatrale che si esprime con atti/gesti (da ricordare i mimi), con
l’intonazione della voce e con il modo di porgere la parola, frutto anche degli
studi di retorica.
Gli italici da
atto, ad indicare chi ha agito/ha realizzato dedussero azione,
mentre da atto, ad indicare la spinta, si ebbe reazione.
Gli italici, inoltre, da (aktòs) ἀκτός (chi ha condotto), che è il risultato della
seguente perifrasi: dal generare la spinta in avanti la creatura manca (nel
senso che diviene, recuperando gradualmente quanto le manca), fu dedotto dal
filosofo atto come ciò che si realizza (divenendo): in atto, in
contrapposizione a: in potenza, parola dedotta da potente, che è
colui che può fare certe cose, avendone la potenzialità. Inoltre, da questo atto
come processo in divenire fino al compimento, la cultura italica
dedusse attuare, che è la realizzazione della creatura, che, divenendo,
recupera tutto quello che le manca per essere. L’italico, inoltre, da
questo particolare atto dedusse attuale e, quindi: attualità,
che era il discutere del nato del giorno. Incidentalmente, si ricorda che actualis,
in latino, significò: pratico, che è la qualità posseduta da chi ha
fatto. Quindi, nella cultura
italica, da actus actus: moto, spinta, operosità,
fu dedotto attivo, come colui che determina il movimento, la spinta ed è
fattivo. Poi, attività e attivare. I latini, infine, coniarono acta
actorum: atti, azioni come testimonianze (gli atti degli
Apostoli), come documenti ufficiali (atti parlamentari), come processi verbali
(atti giudiziari) ecc.
Da ago,
i latini dedussero cogo (da un originario coago) coegi,
coactum, cogere: costringo, da una perifrasi che si può
rendere così: mentre spingo. Il pastore latino dedusse il concetto di
costrizione e dal grembo (la creatura ristretta) e dal fatto che pungolava gli animali
poco inclini ai suoi richiami. Da questo verbo sono rimasti nella nostra
lingua: cogente, cogenza, coatto e coazione.
Infine, da ago:
pongo in moto e significati affini fu dedotto: agito agitas:
spingo, incalzo, sconvolgo, turbo, scuoto, sbatto,
dibatto, discuto, esamino, ho in mente, medito
(agitare in animo bellum, nel senso che incomincio a farmi frullare
questa idea che mi ossessiona). Come ben si sa la parola con l’uso
diviene e acquista nuovi significati, per cui da agito fu dedotto cogito:
considero, pondero, penso, rifletto, che indica un
pensare frutto di lunghe, dibattute e contrastanti meditazioni. Poi, da chi
ha cogitato furono dedotte le cogitazioni e fu rappresentato con cogitabondo
il modo di porsi di chi è tutto perso nei suoi pensieri.