MEDICINA E UMANITÀ
di
Angelo Gaccione
Bartolo Mercuri
il buon samaritano calabrese
che i migranti chiamano "Papà Africa"
“Ricordatevi
della vostra umanità
e
dimenticate il resto”.
Manifesto
di B. Russell e A. Einstein
[9
luglio 1955]
L’arte
medica resta per me la pratica più alta fra le attività umane. Come importanza
inestimabile la apparenterei solo all’arte musicale, a quel cibo per l’anima
insostituibile, bene immateriale per eccellenza. La prima è deputata a
garantire la salute del nostro corpo, a prevenire i nostri mali fisici, ad
alleviare le nostre sofferenze, i nostri dolori, e permettere al nostro spirito
di potersi dedicare alle altre attività in piena efficienza. Senza un discreto
senso di benessere fisico, non è possibile godere di nessun’altra delle arti
disponibili, e delle gioie che la vita ci riserva. La salute del corpo è a
fondamento della salute di quell’entità sfuggente, impalpabile e misteriosa che
chiamiamo anima.
La
seconda è deputata a nutrire questa entità, di tutta l’armonia di cui è capace.
Di guarire il nostro tormentato e inquieto sottosuolo. Da quanto ci è stato
tramandato dalla più lontana antichità, l’arte medica è stata sempre al
servizio dell’individuo e si è distinta per il suo sottofondo morale, per la
sua umanità. Il celeberrimo “Giuramento di Ippocrate” ne è la guida e la misura.
Il testo classico in uno dei suoi punti più rilevanti, fa riferimento alle
donne ed agli uomini, ai liberi ed agli schiavi: “In
qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il sollievo dei malati, e mi asterrò da
ogni offesa e danno volontario, e fra l’altro da ogni azione corruttrice sul
corpo delle donne e degli uomini, liberi e schiavi”. In
continuità con questa visione, la versione moderna ribadisce con forza i
seguenti princìpi: “Di curare tutti i miei pazienti con eguale scrupolo e
impegno indipendentemente dai sentimenti che essi mi ispirano e prescindendo da
ogni differenza di razza, religione, nazionalità, condizione sociale e
ideologia politica”. Quel riferimento alla “condizione sociale”, fissa per l’arte medica il
grado più alto della sua nobiltà.
Ma come è potuto accadere che una pratica così umana si sia potuta
convertire nell’idea opposta per cui ebbe origine? Come è potuto accadere che
la sola finalità sia divenuta il guadagno, il denaro, e che la qualità della
cura si sia diretta solo verso i ceti alti in grado di permettersela?
L’ingordigia umana? Il capitalismo che ha come suo esclusivo fine il profitto?
Le industrie farmaceutiche in mano a concentrate multinazionali in grado di
ricattare persino gli Stati nazionali? La privatizzazione selvaggia della
salute? Il monopolio della malattia? E come trovare una via d’uscita da questo
perverso labirinto?
Oramai non si sente che un ritornello divenuto irritante: “A pagamento
ti visitano anche l’indomani, il posto c’è subito e non devi aspettare mesi”.
“Se vai a pagamento lo specialista ti dà retta, ti spiega, gli puoi fare
domande, ti sta a sentire, ti dedica il giusto tempo, e se devi fare
l’intervento ti mette in nota e i tempi si accorciano”. “A casa non viene
nessuno a visitarti, neppure se hai 40 di febbre, devi uscire tu e andare dal
medico, ma che razza di sistema sanitario abbiamo concepito?”.
il buon samaritano calabrese
che i migranti chiamano "Papà Africa"