SALVARE COSTA SAN GIORGIO
di
M. Cristina François
Un momento della Maratona civile
in Piazza della Signoria
Firenze. Premetto
che la mia riflessione di oggi nasce da un mio lungo lavoro
storico-archivistico sulla Costa San Giorgio le cui tappe sono state illustrate
in 11 articoli che ho pubblicato sulla rivista on line Cultura Commestibile dell’editore
Maschietto.
(https://maschiettoeditore.com/wp-content/uploads/2021/05/Cultura-Commestibile-401.pdf
gli 11 numeri della
rivista sono: 367, 368, 369, 370, 371, 372, 377, 378, 379, 380, 401).
Queste
tappe sono state percorse attraverso vari contesti, quali l’archeologico,
l’idrogeologico, l’architettonico e artistico, il religioso, l’antropologico e
socio-economico.
Riprendendo
ora qui brevemente l’aspetto socio-economico, vorrei fare la riflessione che
segue: il grande albergo che dovrebbe snodarsi al di sopra del complesso di S. Felicita
fino al Vicolo della Cava sarà verosimilmente, come accade, comprensivo di
tutte quelle strutture e attrezzature che rispondono alle esigenze del turista
in questi ambienti di lusso: cioè, stand commerciali interni dove gli ospiti
troveranno ciò che si prevede essi ricerchino.
Di
primo acchito questo universo, in realtà molto chiuso nella sua autarchia, potrebbe sembrare
per Firenze un’occasione di plurime offerte di lavoro in quel contesto, ma se
si riflette e si analizza più a fondo vedremo che per dare vita a nuovi centri
commerciali interni, verrebbero penalizzati quelli esterni che pulsano nella
vita cittadina del quartiere e respirano nel quotidiano da tanti anni, se non
da secoli, portatori - alcuni di essi -
del carico di storia
insostituibile degli stessi locali da loro occupati.
Inoltre,
la verosimile chiusura dei clienti dentro questa grande surface alberghiera riservata, non favorirebbe alcuna vera
interazione con la città. La città, dal canto suo, non avrebbe da guadagnarci
nulla o quasi da questi visitatori d’élite se essi non interagiranno
attivamente anche col settore commerciale diffuso nel quartiere le cui attività
da decenni, se non da secoli, sono svolte nella medesima bottega o in edifici
carichi di una storia sempre più distante dal turismo attuale compreso quello
di élite.
Faccio
alcuni esempi: di fronte alla chiesa di S. Felicita in via Guicciardini, dove
ancor oggi si vendono ricordini turistici, c’era per i visiteurs du grand tour un negozio denominato Souvenirs, a piano
terra del palazzo Nerli dove, fra l’altro, abitò qualche tempo Fedor
Dostoevskij.
In
via Toscanella, al tempo dei Lorena, aveva aperto uno dei suoi laboratori il
legnaiolo di Corte Francesco Spighi; in questo stesso ambiente, oggi, i
restauratori Martelli ne ricordano la continuità.
In
piazza Pitti si vendono ancor oggi dal 1856, i lavorati in pergamena e carta a
mano.
In
piazza San Felice, quella che fu la Spezieria granducale Lorenese è oggi
Farmacia in servizio e conserva nel retrobottega l’annessa sala anatomica
settecentesca. In via Romana, si continua nello stesso locale, la vendita della
produzione artigianale di oggetti in ferro battuto, lampadari in “stile fiorentino”
e arredi. E così seguitando si potrebbe raccontare di botteghe che hanno un
valore aggiunto per la contestualizzazione storica, le ultime, che non devono
morire.
Un momento della Maratona civile in Piazza della Signoria |