SPIGOLATURE
di Angelo Gaccione
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Adalberto Borioli
Nello studio di un pittore
Visitare lo studio di un pittore è sempre un’esperienza affascinante:
colori, cavalletti, pennelli, cornici, barattoli, tele appese alle pareti,
tante addossate ai muri e poi cartelle piene di lavori di ogni sorta e dalle
tecniche fra le più diverse, cartoncini, studi preparatori, appunti sparsi su
tavoli, libri, riviste d’arte, ritagli… Senza contare ciò che si è scambiato
con altri artisti e che trovi su ripiani, sulle mensole di un mobile o di una
libreria: magari una scultura composta da un violino ficcato in un contenitore
di legno e che deve stare per forza appesa, perché così è stata concepita e non
c’è possibilità di adagiarla in verticale da nessuna parte. Tutto questo puoi
trovare da un pittore, a parte che sia solo un pittore. Ma Adalberto Borioli
non è solo un pittore, e nello studio di via Ascanio Sforza al numero 3, che
scende di almeno un piano sotto strada, puoi trovare in bella mostra anche un
torchio, perché le incisioni Borioli se le fa da sé. La via si affaccia sulle
acque del Naviglio Pavese ed è meno affollata di rumori e di gente rispetto al
Naviglio Grande. In questa parte di Milano Borioli c’è nato, precisamente in
via Pietro Custodi, e ora abita sul Corso San Gottardo e gli basta svoltare
nella piazza XXIV Maggio e percorrere i pochi metri di via Scoglio di Quarto
per raggiungere il suo atelier rifugio per lavorare e concentrarsi. Un bel
vantaggio, rispetto al precedente che si trovava nella minuscola Strada della
Carità, un segmento separato dal Corso Lodi. Gli anni pesano, (a giugno del
prossimo anno il maestro compirà novant’anni) e avere lo studio a due passi
dalla propria abitazione è un privilegio. Borioli ha intrapreso l’attività di
pittore dopo aver frequentato la celebre Scuola d’Arte del Castello Sforzesco e
non ha più smesso di dipingere. Ma è stato anche musicista e docente, ha
insegnato flauto al Conservatorio Giuseppe Verdi, ha suonato per più di un
decennio con l’orchestra della Scala, collaborato con concerti e registrazioni
con l’orchestra della Svizzera Italiana. Tra i suoi lavori artistici non mancano
rimandi e citazioni musicali, e in un mobiletto dello studio conserva dischi
rari e introvabili, a cui ha collaborato.
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| Adalberto Borioli |
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Borioli e Gaccione
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In qualità di musicista ha suonato per tre edizioni al Festival di San Remo e preso parte anche ad un Festival della Canzone Napoletana. Se le pareti dello studio possono esibire lavori di amici artisti come Raciti, Benedini, Dangelo, Roberto Abbiati e tanti altri, i dischi che ha inciso vantano collaborazioni con i più celebri autori della canzone italiana: Gaber, Mina, Milva, Leali, Modugno, Celentano, Bob Solo, Wilma Goich, Arigliano, Mario Abbate, il greco Mikis Theodorakis e tanti altri. Virtuoso del flauto Borioli, ma anche virtuoso dell’armonica a bocca che impara all’età di 16-17 anni, e due anni dopo vince il primo premio Nazionale a Marina di Massa per questo strumento. Negli anni seguenti di premi nazionali ed internazionali ne vincerà addirittura altri sei. Un lato poco noto, questo, ma che mi sono fatto raccontare con gusto. Stretto il suo rapporto con i poeti di cui ha illustrato i versi, e continua a farlo. Negli anni è arrivato a stampare all’incirca centonovanta titoli con il marchio Il Robot Adorabile (che è l’anagramma del suo nome e cognome); ora sta lavorando su un nuovo libretto che conterrà tre testi inediti del poeta Maurizio Cucchi. Sono edizioni a tiratura limitata che Borioli cuce personalmente a mano, con la pazienza di un artigiano d’altri tempi. Impasta i suoi colori, Borioli, quelli che servono ad attirare lo sguardo e stupire lo spettatore. Hanno stupito anche il critico Gérard-Georges Lemaire che ne ha scritto in una bella introduzione ad uno dei cataloghi. Cucchi lo ha fatto con un gruppo di versi, con questi che qui anticipiamo: leggete come possono essere dense ed evocative le parole di un poeta, e come possono entrare in risonanza con la “tempesta dei colori” prodotta dalle sue pennellate.
*
Energia diffusa e quanto mai
inquieta e a vivi strati si propone
tra mistero della materia e meraviglia
dell’attonito umano che l’osserva
tra adesione e timore profondo
eppure mosso da un forte desiderio
di addentrarsi ed esserne parte
partecipe, esplorare coinvolto
quella tempesta di colori.
*
Il cupo, nebuloso proporsi
all’occhio ignaro dell’osservatore
offre un’ansia turbata eppure
a tratti ravvivata da improvvise
chissà se reali o oniriche,
minime aperture marginali
di luce o forse semplici soste
nell’inquieto vibrare
quasi in tempesta del reale
o nei suoi momenti di minima
quiete consolatoria.
*
Questa volta il panorama
si offre come tra monte e cielo
nebuloso con minime forme
emergenti a infrangere benevole
la compattezza della visione
che all’umano soggetto trasognato
si offrono, e parrebbe in affanno…


