di Alessandro Pascolini*
Il
generale americano Robert P. Ashley, Jr.,
direttore della Defense Intelligence Agency, in occasione di un evento allo
Hudson Institute
lo scorso 29 maggio ha affermato che “gli Stati Uniti credono che la Russia
probabilmente non stia rispettando la sua moratoria dei test nucleari in modo
consistente con lo standard di ‘resa nulla’” come previsto dal trattato per il
bando completo dei test nucleari (CTBT) del 1996. L’accusa è particolarmente grave in quanto la
violazione del tabù dei test nucleari, rispettato da tutte le potenze nucleari,
eccetto la Corea del Nord, dagli anni ’90, potrebbe aprire scenari estremamente
rischiosi per la sicurezza mondiale. Anche se il CTBT non è ancora in vigore
(mancando la ratifica di 8 stati “critici”, fra cui gli USA, https://ilbolive.unipd.it/it/blog-page/protetti-dal-trattato-che-non-ce) è prassi che i firmatari
di un trattato lo rispettino nelle more della sua entrata in vigore; la Russia
non solo ha ratificato il CTBT, ma ha anche riaffermato (15 settembre 2016),
assieme a Cina, Francia, UK e USA, l’impegno a mantenere la moratoria dei test
e ha partecipato alla redazione della risoluzione 2310 del Consiglio di
sicurezza dell’ONU che chiede a ogni stato di non procedere a test nucleari.
Il
riferimento di Ashley allo “standard di resa nulla” ricorda la posizione
polemica dei senatori americani contro il CTBT sulla base dell’insinuazione di
una dubbia interpretazione russa dell’articolo I del trattato che recita “ogni stato parte si impegna a non eseguire alcuna
esplosione nucleare di prova o qualsiasi altra esplosione nucleare”, senza fornire
definizioni precise. In realtà nei negoziati preparatori del trattato e in
successive dichiarazioni formali i paesi aderenti, e in particolare le cinque
potenze nucleari riconosciute dal trattato di non proliferazione, convengono
che il CTBT proibisce ogni esplosione nucleare che produca una reazione a
catena supercritica autosostenuta, qualunque sia l’energia rilasciata. Ricordo
che una reazione a catena è supercritica se il numero di neutroni prodotti in
ogni stadio è superiore a quello dei neutroni presenti nello stadio precedente:
ciò porta a un aumento esponenziale delle fissioni fino a un’esplosione; nel
caso sottocritico il flusso di neutroni diminuisce e la reazione si spegne.
Sono così proibiti in
particolare gli esperimenti idronucleari supercritici, mentre sono permessi
esperimenti idrodinamici sottocritici, oltre a simulazioni al calcolatore,
esperimenti pulsati a reattori o con fasci esterni di neutroni, esperimenti di
fusione inerziale, ricerche sui materiali fissili e su esplosivi convenzionali
e l’operazione di impianti nucleari.
Esperimenti idrodinamici, idronucleari e subcritici
Fino
dalla fine degli anni ’40 gli ingegneri nucleari per studiare e giudicare il
comportamento, la sicurezza e l’affidabilità delle bombe a implosione sono
ricorsi a completare le informazioni delle esplosioni nucleari a piena potenza
con esperimenti in cui vengono fatti detonare apparati di prova che riproducono
solo in parte le condizioni di una vera bomba. Questi esperimenti si dicono
idronucleari se impiegano materiali fissili, altrimenti si usa l’espressione
generica di idrodinamici; il termine è dovuto al fatto che l’esplosione
è sufficiente a portare il materiale campione allo stato fluido. Negli esperimenti idrodinamici si usa
uranio-238 e plutonio-242 al posto dei corrispondenti isotopi fissili e si
studia il comportamento dell’ordigno dall’innesco all’inizio della reazione a
catena, per controllare il funzionamento della fase di compressione e la
regolarità spaziale e temporale dell’implosione, utilizzando varie tecniche
diagnostiche, incluso illuminamento con raggi-X o neutroni. In un test idronucleare
si fa implodere del materiale fissile, ma non si mantiene la condizione di
ipercriticità tanto da raggiungere un’esplosione di piena potenza: l’energia
rilasciata va da misure piccolissime, anche inferiori a milligrammi equivalenti
di TNT fino a 2 kg equivalenti per gli USA e 0,1 t per la Russia. In queste
condizioni il materiale raggiunge la temperatura di fusione, ma non quella di
sublimazione e non si crea un plasma. Per evitare una piena esplosione si
sostituisce parte del nocciolo nucleare con materiale non fissile conservando
le dimensioni geometriche; lo sviluppo della catena neutronica viene misurato
con precisione e scalato per determinare quello della bomba completa. In
pratica la strumentazione e le procedure per un esperimento idronucleare non
differiscono da un test sotterraneo a piena potenza, per cui ricadono nel bando
del CTBT.
Esperimenti
sottocritici, ossia su materiale nucleare in condizioni di non raggiungere la
criticità e innescare una reazione a catena, permettono di studiare la risposta
dei materiali fissili a onde di compressione di diversa potenza e le loro
proprietà (anche non-nucleari) in situazioni eccezionali.
Per
lo studio dei regimi fisici che si susseguono nelle armi a fusione (trasporto
della radiazione, implosione del secondario, ignizione e resa) si fa ricorso
anche a processi di fusione inerziale: piccole pastiglie, per lo più sferiche e
a più strati, contenenti deuterio e trizio vengono illuminate istantaneamente
da intensissimi impulsi laser da molte direzioni in modo da raggiungere per
compressione densità e temperature sufficienti a innescare le reazioni di
fusione. Il più grande di questi apparati, l’enorme National Ignition Facility del laboratorio americano di Livermore
concentra sul bersaglio l’impulso di 192 laser operanti nell’ultravioletto,
fino a potenze di 500 TW. Va osservato che ogni esperimento in laboratorio,
inclusi quelli idronucleari, non possono venir rivelati se non con tecniche
altamente intrusive, necessariamente in collaborazione con gli esecutori dei
test.
Valore militare degli
esperimenti di bassa potenza
Il
generale Ashley ha motivato la
probabile violazione russa in quanto finalizzata a “migliorare le capacità
delle proprie armi nucleari… sviluppando nuovi progetti di testate strategiche
penetranti di alta resa per attaccare obiettivi militari blindati”.
Un rapporto del National Research Council, in parte declassificato,
permette di valutare l’importanza militare di esplosioni di bassa potenza per
paesi, come Russia e USA, con vasta esperienza nel campo dei test nucleari e
profonda padronanza della tecnologia nucleare:
- esperimenti sottocritici danno informazioni sulle
proprietà fisiche e termodinamiche dei materiali, testano le lenti di esplosivi
per armi a implosione e forniscono limitate informazioni per progettare armi a fissione
potenziata
- test con resa inferiore a 1 t equivalente di TNT servono per
verifiche di sicurezza, validare semplici tipi di armi a fissione e affrontare
problemi dei codici di simulazione
- test con resa fra 1 t e 100 t equivalenti servono a sviluppare
armi a fissione di piccola potenza (inferiore a 1 kton) e per accurati test di
sicurezza
- test con resa fra 100 t e 1 kton provano armi compatte con resa
inferiore a 1 kton, validano schemi di armi non testate e codici di simulazione
e permettono di affrontare problemi di immagazzinamento
- test con resa fra 1 kton e 10 kton permettono lo sviluppo di armi a fissione potenziata di bassa potenza, assicurano
lo sviluppo e un test esaustivo di armi termonucleari di resa limitata e
forniscono un test definitivo di armi a fissione fino a 10 kton
- test con resa superiore a 10 kton permettono lo sviluppo e il test
completo di nuove configurazioni di armi a fissione
potenziata e di armi termonucleari, e lo studio di progetti avanzati di armi strategiche
per fini speciali.
Ricordiamo che le armi a fissione potenziata (boosted) hanno l’esplosivo nucleare di forma cava in cui sono
iniettati 2-3 grammi di deuterio e trizio gassosi; la fissione di meno dell’1%
del materiale scalda gli isotopi dell’idrogeno a temperature di 20-30 milioni
di gradi, sufficienti per la loro fusione in elio con la liberazione di un gran
numero di neutroni di alta energia, che non solo hanno maggior probabilità di
produrre fissione e con ciclo temporale più breve, ma liberano per ogni
fissione più neutroni secondari (in media 4,6 rispetto a 2,9 nel plutonio). In
questo modo si aumenta in modo significativo l’efficienza dell’ordigno, riducendo
l’impiego di materiale fissile.
Le vaste conoscenze nella
tecnologia nucleare e la disponibilità di codici di simulazione validati permettono
alle grandi potenze non solo di mantenere la sicurezza e l’affidabilità dei
propri arsenali senza dover ricorrere a test esplosivi, ma anche di modificare
e migliorare le armi esistenti, nei limiti degli schemi a suo tempo testati;
test significativi diventano invece necessari per lo sviluppo di armi con nuove
caratteristiche.
Pertanto per lo sviluppo delle nuove armi strategiche indicate da Ashley i russi dovrebbero fare dei test con resa
superiore a 10 kton, che non si possono eseguire in modo clandestino. In realtà
l’organizzazione CTBTO creata a sostegno del CTBT ha verificato che la
sensibilità del proprio sistema integrato di controllo di circa 300 stazioni permette
di individuare test nucleari nella zona del poligono russo sull’isola di Novaya
Zemlya (nell’oceano glaciale artico) di potenza fino a 100 t equivalenti; Lassina
Zerbo, segretario esecutivo della CTBTO, ha così affermato che non ci sono
state evidenze di test di tali intensità.
Le caratteristiche geologiche e sismiche di Novaya Zemlya sono ben note e la zona è
controllata da lungo tempo da stazioni sismiche installate in Norvegia,
Finlandia e nelle isole Spitsbergen; gli USA sono pertanto in grado di
individuare test russi con potenza fra 5 e 15 t; anche nel caso di procedure di
occultamento, la sensibilità del sistema rimane inferiore a 100 t. Un test
significativo russo non avrebbe potuto restare inosservato alla Defense Intelligence Agency.
Foto aerea delle strutture del sito russo per test nucleari nell'isola di Novaya Zemlya (fonte Middlebury Institute of International Studies at Monterey) |
Perplessità e cattivi pensieri
Di fronte a precise
domande dei giornalisti presenti, Ashley ha ridimensionato la sua affermazione,
dicendo che la Russia ha “la capacità” di eseguire test di bassa potenza, una
chiara non-notizia, in quanto a suo tempo l’Unione Sovietica ha condotto una
novantina di test idronucleari e si stima che la Russia esegua annualmente
qualche test idrodinamico; di fatto nel 2015 si sono costruiti nuovi edifici
(figura 1) al poligono di Novaya Zemlya (ma
anche gli USA hanno rinnovato e costruito nuove strutture nel loro sito di test
del Nevada). Intanto un altro
responsabile della politica nucleare americana, Tim Morrison, direttore senior al
National Security Council, ha ribadito che la Russia ha già violato il TCBT,
senza fornire precise informazioni, appellandosi al segreto militare. Tenuto conto che sia Ashley
che Morrison conoscono fin troppo bene la situazione e non sono certamente
degli sprovveduti, la denunciata violazione russa, probabile o accertata che
sia, lascia perplessi: il test russo, non essendo stato osservato né dai
rivelatori della CTBTO né dalla più precisa rete autonoma americana, sarebbe
troppo debole per permettere agli esperti tecnici russi di “migliorare le
capacità delle proprie armi nucleari … sviluppando nuovi progetti di testate
strategiche penetranti di alta resa per attaccare obiettivi militari blindati”.
Per dare un senso alle
parole di Ashley occorre considerare il contesto della corrente strategia
nucleare americana. Nella Nuclear Posture Review (NPR) si dichiara di non
intendere la ratifica del CTBT e si richiede il ripristino delle strutture e
competenze per test nucleari (“nel caso si rendessero necessari”) mentre si
prospetta la produzione di nuove armi nucleari di bassa potenza, estremamente
difficile, se non impossibile, senza una campagna di test significativi. Si
intuisce così che il CTBT e la presente moratoria dei test vanno contro le
intenzioni dei militari americani.
Altro fattore
importante a livello politico sono la chiara ostilità nei confronti del CTBT
del partito repubblicano, che a suo tempo
ne ha bocciato la ratifica, e in particolare del consigliere per la
sicurezza nazionale John R. Bolton, e la generale insofferenza del presidente
Trump per i vincoli che i trattati internazionali comportano, fattori che hanno
portato al recesso unilaterale americano dall’accordo JCPOA sul programma
nucleare iraniano e al ritiro dal trattato sui missili a gittata intermedia
(INF).
In
entrambi questi casi l’amministrazione americana ha preso l’avvio dalla
denuncia di violazioni agli accordi da parte delle controparti, in modo che l’azione
americana risultasse la necessaria reazione alle colpe altrui.
Da
qui il pensiero (cattivo) che Ashley e Morrison intendano mettere in moto un
processo con l’obiettivo dello smantellamento del CTBT, con i gravissimi
riflessi per l’architettura globale del controllo degli armamenti, in primis il
trattato di non proliferazione.
Un’altra
(malevola) interpretazione è che si intenda screditare la Russia come
sistematica violatrice dei trattati firmati, con cui non si possa quindi
negoziare alcun accordo; nella NPR si dichiara infatti che “concludere ulteriori accordi con uno stato che viola numerosi accordi
esistenti implicherebbe lasciare la sua inosservanza priva di conseguenze e in
tal modo si minerebbe globalmente lo stesso processo di controllo degli
armamenti”. Quindi l’obiettivo
prossimo potrebbe essere il New START, altro accordo odiato da Bolton e da
Tramp (tanto più perché raggiunto da Obama) in scadenza nel 2021; agli inviti
della Russia per negoziare il suo rinnovo finora l’amministrazione americana
non ha dato risposta.
Questi di sicuro sono solo miei cattivi pensieri, maligno e prevenuto come
sono, tuttavia, come insegnava un navigato uomo di stato, a pensar male si
commette peccato, ma…
National
Research Council (2012) The Comprehensive Nuclear Test Ban Treaty: Technical Issues for the United States, The
National Academies Press, Washington DC.
*Università di Padova