Le opere a corredo dei testi sono dell'artista
Max Hamlet Sauvage a cui "Odissea" augura
pronta guarigione.
Max Hamlet Sauvage a cui "Odissea" augura
pronta guarigione.
La corteccia del mondo
Neppure abbiamo scalfito
la corteccia del mondo
noi, che con volto stanco
amico, ti guardiamo fisso
come a
chiedere tanto
a te, che
hai tracciato la vita
con un
perfetto segno tondo:
cosa da
te ci ha scisso
quale
ferita o sogno
toccan le
nostre dita
che
c’induce ad amare
un reale
vissuto e non vero.
Non ti
saprò dar segno
di quel
che ci tende a un altrove
quel
luogo da noi mai raggiunto
e in noi
pure serbato.
Un calmo
sorriso
pervade a
volte la terra
ci chiama
in silenzio a convegno.
Radioso
nell’aria
come un
nascosto sole
rischiara
il nostro viso.
[Giacomo
Graziani]
***
Fino a quando?
Fino
a quando dovremo aspettare
con
l’angoscia nel cuore
e
la morte negli occhi
e
le mani artigliate
e
le braccia protese
a
rapire gli istanti futuri
perché
i giorni che verranno
siano
nostri e di tutti?
Fino
a quando dovremo aspettare
perché
il tetro presente diventi passato.
E
il sangue versato sulle strade
si
trasformi nel vago ricordo
di
sogni di fiori purpurei.
E
il rimbombo di esplosioni omicide
in
echi di cori lontani?
Fino
a quando dovremo aspettare
perché
le ore anguste
non
abbiano più
il
sapore
di
mandorle amare,
e
il vento vendemmi
grida
festose di bimbi
e
il deserto dia pane
e
le acque la vita
e
la terra sia madre?
Forse
là, dietro i nembi
del
nero presente,
l’aurora?
O
forse è qui
dentro
il nostro presente
anche
in ceppi e in catene
che
seminiamo la vita
ed
esplode il futuro.
[Oliviero
Arzuffi]
Dicembre
1975
***
C’è una chiesetta…
C’è una
chiesetta laggiù
che
seduce il mio tempo
per
raccogliermi
Inginocchiata
a braccia alzate
mi ergo e
con le mani ai fianchi
in un
grido con occhi opachi
imploro
per il tanto dolore
Le mani
tese, gli sguardi fissi
e larghi,
nel blu mediterraneo
disegnato
col sangue,
disperano
sull’ultimo respiro
a fior di
superficie
Le orche
non guardano il cielo
e nella
mota lorda è il volto di chi
si è dato
a Satana per una pepita.
C’è una
chiesetta laggiù…
Seduce il
mio tempo
per una
preghiera di vento
muto e
assorto per sorgere
fra i
giusti e gli angeli del giorno.
[Laura Margherita Volante]
***
DONNA CHE DI
DONNA HAI SOLTANTO LA GONNA
(Eppur ti avrò)
Tu darmi oggi non vuoi il
tuo bel corpo: di troppo orgoglio
adesso ess’è coperto,
e sordomuto è al mio cieco amore.
Ma un giorno pur donarlo
tu dovrai,
quale pasto ai vermi in una tomba,
ove più non vedrai tu il
sole né le stelle,
né le cose belle a te più
care.
Ed al posto del tuo corpo
e del tuo orgoglio
resteranno solo le tue
ossa,
che additeranno al mondo
la tua morte,
per un’eterna vita entr’una fossa.
Ed allor io che già sarò
passato
da questa ingrata vita a
un’altra tomba,
mi ergerò su tutte le mie ossa,
ed a te verrò gridando
notti e giorni
tutto l’odio antico del
mio amore:
tutto l’odio antico del
mio amore
ch’or ti vo gridando in
lacrime ogni giorno,
dal basso verso l’alto in ginocchioni.
E tu… incurante ancora del
mio amore
e il mio tormento,
protetta da una croce e
dai tuoi vermi,
seguiterai il tuo sonno
dolcemente.
Ma un dì… quando le nostre
ossa
Ormai fra lor nemiche antiche,
saranno poi rimosse e
messe insieme,
là nella comun
tetr’accogliente gentil fossa,
ove osso con osso noi farem l’amore,
io il mio nùzial scopo
alfin avrò raggiunto,
e tu perduta avrai la tua
gran lotta,
da noi ingaggiata in terra
in carne ed ossa.
E… le fiamme che notti e giorni,
faran sembrar vulcan la
nostra fossa,
non saranno i fuochi fatui
delle nostre e l’altrui ossa,
ma saran le fiamme ardenti
del mio amore, ch’io non
ho potuto darti in questo mondo.
[Nicolino Longo]