di Franco Astengo
La netta sconfitta subita
dalla lista della Sinistra in occasione delle elezioni europee 2019 richiede
senz’altro un’analisi di merito riferita soprattutto ai flussi di voto che
stabilitisi fra le elezioni europee 2014, quelle politiche 2018 e infine -
appunto - quelle europee 2019.
Un’analisi
complicata soprattutto dal fatto che stiamo verificando diverse modalità di
presentazione elettorale che comunque debbono essere accomunate nella
comparazione. Inoltre è indispensabile verificare l’andamento degli scambi tra
quest’area e il Partito Democratico, in entrata e in uscita oltre al
determinare quali altre forze politiche hanno potuto e possono essere
considerate “a sinistra del PD”.
Andando
per ordine e cercando di intenderci:
nelle
elezioni europee del 2014 erano presenti la Lista Tsipras (che comprendeva
Sinistra Italiana, il PRC, i Comunisti Italiani e altri gruppi) oltre ai Verdi
e l’IDV che potevamo considerare in allora parte della stessa area politica,
essendo stati presenti nella lista dell’Arcobaleno, il cui esito disastroso
alle elezioni del 2008 sicuramente si colloca all’origine del tracollo di cui
stiamo scrivendo (naturalmente le ragioni sono diverse e molto più lontane nel
tempo, ma in questa sede si sviluppa semplicemente un’analisi elettorale). Nell’occasione
delle elezioni politiche 2018 il quadro a sinistra del PD cambia: non ci sono
più Verdi e IDV e sostanzialmente sono presenti 4 liste: Liberi e Uguali (con
Articolo 1 composto da dirigenti di grande prestigio appena usciti dal PD e
capeggiati dal presidente uscente del Senato con Sinistra Italiana) Potere al
Popolo (in quel momento una coalizione formata dal PRC, sindacalisti di base o
usciti dalla FIOM, dai Comunisti Italiani, e da alcuni centri sociali fra i
più importanti d’Italia fra i quali il napoletano ex-OPG che aveva svolto una
funzione promotrice della lista), il Partito Comunista con segretario Marco
Rizzo che cerca di ricostruire le liturgie dell’antico modello terzinternazionalista
addirittura pre -svolta kruscioviana e la lista “Per una sinistra
rivoluzionaria” che ricompattava in pratica la vecchia corrente di “Progetto
Comunista” che aveva operato, all’interno del PRC, un tentativo di
ricomposizione trotzkista.
Alle
elezioni europee 2019 si ripresentano i Verdi (richiamando anche nel simbolo
proprio la dimensione europea), si forma la lista “La Sinistra” composta da
Sinistra Italiana e PRC oltre ad altri gruppi con l’estraneità degli altri
soggetti che avevano composto Potere al Popolo nel frattempo organizzatosi come
movimento autonomamente organizzato. Inoltre si è verificata nuovamente la
presenza della lista Comunista.
Per
una valutazione seria dell’andamento elettorale di questo periodo naturalmente
è necessario considerare anche il trend del “non voto”.
Come
al solito nei nostri dati sono considerati i voti riferiti al territorio
nazionale e nel “non voto”, esprimendo i numeri dei voti validi risulta sommata
la non presenza alle urne, il voto nullo e quello bianco.
Nell’occasione
delle elezioni europee del 2014 risultavano iscritti nelle liste 50.662.460
elettrici ed elettori.
I
voti validi sono stati 27.448.906, quindi il “non voto” è assommato a
23.213.554 unità.
Teniamo
allora conto del voto del PD per cercare di verificarne in seguito gli
scostamenti nei riguardi delle liste alla sua sinistra. Alle Europee 2014 il PD
ha ottenuto 11.203.231 voti.
La
Lista Tsipras ne aveva conseguiti 1.108.457.I Verdi 250.102. L’IDV 181.373.
Forzando
l’analisi per ragioni di migliore comprensibilità si può affermare che l’area a
sinistra del PD già facente parte della lista Arcobaleno del 2008 aveva
assommato alle elezioni europee 2014 un totale di: 1.539.932 voti.
L’esito
delle elezioni politiche 2018 hanno fatto registrare queste variazioni.
Su
di un totale di iscritte/i nelle liste sul territorio nazionale di 46.505.350
(la differenza con le Europee deriva dalle diverse modalità di voto all’estero)
si sono avuti 32.841.705 voti validi con un incremento tra il 2014 e il 2018 di
5.392.799 unità.
Il
PD, in questa occasione, ha avuto 6.161.896 voti, con una flessione di ben
5.041.339 voti.
I
voti in uscita dal PD, come è stato del resto dimostrato da molte analisi
successive, si sono rivolti per la gran parte al M5S (M5S del quale non abbiamo
analizzato i dati in questa sede considerata la sua natura “antipolitica” e
assolutamente svincolata dagli schemi “destra/sinistra”).
A
sinistra, infatti, come abbiamo già avuto modo di segnalare erano presenti due
liste: LEU, riformista e incline a considerare la possibilità di ricostruire il
centrosinistra (non abbiamo usato il trattino) che ha ottenuto 1.114.799
(risultato giudicato in realtà molto deludente) e Potere al Popolo , di identità
da sinistra radicale movimentista, che ha avuto 372.179 voti (risultato questo
giudicato dai dirigenti del movimento come incoraggiante per una prospettiva
futura). La Lista Comunista aveva avuto 106.816 voti, quella “Per una sinistra
rivoluzionaria” 29.364 peraltro in forte contrazione rispetto alle precedenti
partecipazioni elettorali del Partito Comunista dei Lavoratori.
La
somma di queste liste (a questo punto si sviluppa un’altra forzatura analitica
ma necessaria ai fini della completezza del discorso) arriva a 1.623.158 voti
distribuiti però ben diversamente da quelli conseguiti attraverso la somma di
Lista Tsipras, Verdi e IDV alle europee del 2014.
In
questa occasione delle elezioni 2018 si era potuto però constatare la
difficoltà di un passaggio di voti tra il PD e le forze alla sua sinistra
(ancorché il LEU fossero presenti personalità istituzionali e politiche
provenienti direttamente dal PD e/o dalla sua area di riferimento) e l’assoluta
assenza di una capacità a sinistra di intercettare quello che nell’occasione
era avvenuto sul piano dell’evidente recupero dell’astensionismo.
Elezioni
2019: iscritte/i nelle liste 49.192.602 unità, voti validi 26.662.968, “non
voto” 22.466.634 (45,72% massimo storico in un’elezione di dimensione
nazionale).
Il
PD scende ancora a 6.050.351 voti perdendone ulteriormente 111.545 voti
rispetto al 2018.
A
Sinistra succede questo: la lista della Sinistra si ferma a 465.092 voti, i
Verdi risalgono a 609.678 voti, la Lista comunista aumenta fino a 234.232 voti.
Impossibili
raffronti tra il 2018 e il 2019 tra LEU (articolo 1 presenta suoi candidati
nelle liste del PD e il PRC non era presente in LEU) e la Sinistra, sono da
segnalare gli incrementi fatti registrare (tra il 2014 e il 2019) dai Verdi
(più 359.576 voti: effetto Greta?) dalla Lista Comunista (tra il 2018 e il
2019) con un più 127.416, un dato quest’ultimo da guardare con attenzione sotto
il duplice aspetto dell’utilizzo del simbolo della falce e martello e del fascino
che sui giovani può esercitare la partecipazione a determinati rituali
collettivi.
In
ogni caso sono proprio Verdi e Lista Comunista che realizzano un incremento
mentre la caduta della Sinistra e la contemporanea perdita di voti del PD
segnalano un’assoluta inconsistenza di un meccanismo di ritorno di elettrìci ed
elettori già usciti dall’area di consenso al Partito Democratico (con buona pace
delle argomentazioni di Piero Fassino sul colpevole non riconoscimento del
“buon governo”).
Sul
risultato della Sinistra avrà sicuramente influito il disimpegno di Potere al
Popolo ma in ogni caso un giudizio di massima che può essere speso a questo
punto (considerata anche la fortemente diminuita attrattività del M5S il quale
a sua volta ha sicuramente ceduto voti alla Lega nell’ambito del complessivo spostamento
a destra) riguarda il rifugio nel “non voto” da parte di quote rilevanti di
elettrici ed elettori che avevano abbandonato il PD e non vi sono ritornate/i.
Un’idea migliore della situazione elettorale a sinistra può venire da questi dati: complessivamente le tre liste (La Sinistra, Verdi e Lista Comunista ) hanno ottenuto 1.309.002 voti con la redistribuzione interna che vede i Verdi valere il 46,57% di quest’area, la Sinistra il 35,53%, La Lista Comunista il 17,89%.
Ci
troviamo quindi, all’interno di quest’area a un fenomeno di frazionamento
dovuto anche alla diversità di impostazione organizzativa e politica, quindi
con le sue ragioni di fondo da valutare con attenzione.
Ai
dirigenti di Sinistra Italiana e del PRC, i due soggetti maggiormente colpiti
da questo vistoso arretramento, non saranno sfuggiti i termini della caduta di
presenza elettorale (che significa anche beninteso di caduta nella presenza
sociale: non s’illudano su questo punto i movimentisti) e della necessità non
tanto e non solo di vaghi richiami all’unità della sinistra ma di vera e
propria ricostruzione di un’area politica al riguardo della quale nessuno può
vantare lasciti di supremazia o di peso per richiamati quarti di nobiltà.