di
Franco Astengo
Opera di Max H. Sauvage |
La
scena politica italiana appare percorsa, ormai da molti anni, da fenomeni
ricorrenti: all’interno di un quadro generale di “sfrangiamento” sociale e di
cessione di sovranità da parte dello Stato verso poteri lobbistici e
corporativi come si preciserà meglio nel testo, nazionali e sovranazionali.
Nella
società l’egemonia del “consumismo individualistico” ha generato una sorta di
“individualismo competitivo” che adesso si sta trasformando per certi versi in
un pericoloso “individualismo della paura” e di conseguenza in forme massicce
di agire collettivo all’interno del quale agiscono fenomeni di vera e propria
“cattiveria” di massa che arrivano a determinare pulsioni di tipo razzista e
comunque di estremo conservatorismo.
Emerge
una “questione morale” che ormai attraversa anche i settori che
tradizionalmente hanno interpretato un ruolo di “supplenza” nella difficoltà
del sistema democratico com’è stato nel caso della Magistratura. Nasce da
questi elementi quello che abbiamo definito “spostamento a destra” che nel suo
assieme assume vesti di vero e proprio qualunquismo. Si è trasformato
radicalmente il ruolo dei partiti e accentuata la reciprocità tra il corporativismo
sociale e l’autoreferenzialità di quello che era stato definito come “ceto
politico”. Si è cercato di andare incontro a questo profondo cambiamento
attraverso la ricerca di forme di governo che stabilissero l’autonomia del
“comando politico” anche e soprattutto rispetto al Parlamento, esaltando la
“governabilità” e riducendo lo spazio per la rappresentanza attraverso leggi
elettorali poi clamorosamente giudicate fuori dal perimetro costituzionale da
parte dell’Alta Corte.
All’interno
di questo quadro si è consolidata quella che è stata definita come
“Costituzione materiale” di stampo presidenzialista.
“Costituzione
materiale” che si è cercato varie volte di suffragare attraverso proposte di
modifica della Costituzione formale: tutte proposte respinte; in due occasioni
anche dal voto popolare seguito all’approvazione da parte del Parlamento. All’esito
di quei voti (2006 e 2016) non ha però corrisposto un’adeguata capacità di
riproposizione da parte delle forze politiche della centralità parlamentare
così come espressa negli articoli della Costituzione del ’48. I fattori di vera
e propria disgregazione che sono stati ricordati all’inizio di questo
intervento non sono stati arrestati e stanno provocando l’emergenza di una
costante disaffezione dal voto; di una assolutamente eccessiva volatilità
elettorale ormai portata al limite dello sbandamento collettivo; di una
crescita del fenomeno della personalizzazione della politica fino al punto da
rendere quasi come “vox populi” l’idea del cosiddetto “uomo solo al comando”.
In
sostanza: una società sfibrata e disorientata in cerca di un “Lord Protettore”;
così si giustificano anche i repentini mutamenti di scena verificatisi nel
corso degli anni con il passaggio del testimone da Berlusconi a Renzi, da
Grillo a Salvini (il tutto condito da mirabolanti promesse elettorali elargite
al limite del “voto di scambio)”.
Alla
disgregazione subentra sempre la reazione.
La
crisi del governo giallo-verde (al di là dei suoi esiti contingenti) deriva
proprio dal non essere riuscito a proporre una diarchia efficiente, un nuovo
bipolarismo, al posto appunto del “rettore pro-tempore”.
Si
è molto discusso in questi mesi di similitudine tra lo stato attuale e il
fascismo: da questo punto di vista si può tentare un parallelo con l’analisi
gramsciana. Nella sua analisi del fascismo Gramsci era partito dall’esempio del
bonapartismo, pur sottolineando le differenze tra tale forma di Stato
d’eccezione e il fascismo. La comparazione con l’oggi, stando dentro al quadro
della riflessione proposta da Gramsci, può partire dalla constatazione delle
difficoltà che, per varie ragioni di carattere interno e internazionale, stanno
attraversando le classi economiche tradizionalmente dominanti e ormai incapaci
di esercitare egemonia.
A
questo punto, pur di conservare il potere socio-economico, è avvenuta un’operazione
trasformista. L’idea è quella di una cessione provvisoria e parziale di potere
verso - appunto - l’ipotesi (non ancora concretizzata) di un “Lord Protettore”
che, nel caso di Renzi, Grillo, Salvini (fatta salva ovviamente la diversità
dettata dai modi di interpretazione della politica spettacolo e della
“democrazia recitativa”) proviene dalla piccola borghesia.
In
sostanza un tentativo di saldatura nell’intento di salvaguardare una continuità
di comando per interessi storicamente prevalenti tra grande capitale e piccola
borghesia corporativa e/o assistenzialista.
Insomma:
un nuovo blocco sociale reazionario.
Si
realizzerà questo disegno che potremmo definire di “corporativismo populista”? Si
determineranno in questo modo nuovi equilibri di potere sufficientemente
stabili?
Sono
questi i due interrogativi più importanti che ci si pongono di fronte in questa
fase, riferendoci alle vicende del sistema politico italiano.
Il
quadro è molto incerto, sicuramente lo scivolamento progressivo in una sorta di
regime autoritario è in atto: ed è questo il punto di riflessione fondamentale
per chi ritiene necessaria un’opposizione radicale e intende pur nelle
difficoltà del momento pensare ad un’alternativa altrettanto netta sul piano
delle opzioni politiche, della concezione della società, della stessa
prospettiva di sistema e di conformazione dell’impianto politico complessivo.
A
sinistra si può stare soltanto in questa dimensione di alternativa, e non per
meno.