CASCINA TORCHIERA
di
Angelo Gaccione
|
Il saluto a Paolo Finzi alla Cascina Torchiera |
C’è un luogo a Milano dove
da 27 anni sventolano le bandiere anarchiche. Questo luogo è al numero 18 del
Piazzale del Cimitero Maggiore, perché qui c’è il cimitero più grande della
città. I milanesi lo conoscono anche come “il Musocco”, perché prima di essere
inglobato come altre frazioni e piccoli comuni autonomi, si trovava nel
comune di Musocco, non lontano da Garegnano. Gli amanti di “pietre vive” e di
musica sacra come me, sanno che a Garegnano c’è l’omonima Certosa, ora meno
isolata ed appartata di come era ai tempi della sua costruzione trecentesca. Il
cimitero Maggiore fu costruito in meno di un decennio (1886-1895) su un’area
che era stato un vero e proprio bosco: l’antico Bosco della Merlata, dicono le
fonti. Vi traslocarono le spoglie custodite nei vari cimiteri della città, divenuti
nel tempo troppo angusti e troppo centrali, come quello di San Rocco al
Vigentino (che aveva accolto i corpi di molti dei caduti durante le Cinque
Giornate), quello di Porta Garibaldi noto come la “Mojazza”, il “Gentilino” in
Porta Ticinese, quello di Porta Magenta che qualche anziano ricorda ancora col
nome di “Fopponino”, o quello di Porta “Tosa”, zona ribattezzata Porta Vittoria
dopo le insurrezioni antiaustriache del 1848.
|
Il Cimitero Maggiore |
Non si può negare che il Cimitero
Maggiore abbia una sua imponenza: già il suo frontale vi si presenta come una
sorta di bastione militare, come un massiccio e robusto fortilizio. Più che a
defunti fa pensare a un Mausoleo per la custodia di glorie belliche. Per
arrivarci con i mezzi pubblici da casa mia in Porta Romana, è una bella tirata.
Lo era ancora di più nel 1906 quando
una delle stazioni funebri si trovava proprio in Porta Romana, a ridosso delle
mura spagnole; in seguito la struttura divenne dopolavoro dei ferrotranvieri,
sala da ballo, e ora ospita le raffinate e costose Terme di Milano. Da qui
partiva il tram con le sue vetture rigorosamente nere, che Comune e società
Edison avevano voluto. Era il tram che l’ironia macabra dei milanesi aveva
battezzato “La Gioconda”; io lo appresi per la prima volta dal racconto orale
del commediografo e poeta dialettale milanese Sandro Bajini, di cui sono stato
amico e che collaborò all’edizione cartacea di “Odissea”.
Ricordo di essere
rimasto molto colpito dal nome conferitogli dalla geniale inventiva popolare dei milanesi, e
di averne anche riso. Era, mi disse Bajini, il loro modo di esorcizzare un
evento doloroso come la morte.
|
"La Gioconda" |
Chiedo scusa ai lettori per questa lunga digressione, ma non
vorrei che si fossero fatta l’idea che le bandiere rosse e nere degli anarchici
sventolino sugli spalti del Cimitero o al posto dei suoi candelabri. Vorrei
subito tranquillizzarli informando loro che il numero 18 è di fronte al
cimitero, e che le bandiere sventolano, dunque, sopra e dentro la Cascina
Torchiera. Cascina che i Padri della vicina Certosa custodirono fino al 1888,
e, di questo possiamo starne certi, se ne sono presi minuziosamente cura
facendola prosperare. Finita in mano al demanio comunale, il cosiddetto bene
pubblico, è stata lasciata andare in malora.
Dal 1992 è divenuto uno spazio
aggregante per il quartiere e per segmenti di città che mal tollerano il
degrado, i beni lasciati allo sfascio, le speculazioni immobiliari che ingrassano
le fameliche consorterie che fanno incetta di aree edificabili. Nel 1995 la
Giunta Comunale di allora taglia la fornitura dell’acqua alla cascina per
costringere i collettivi ad andarsene, ma questi resistono, e provocatoriamente
la ribattezzano: “Cascina Autogestita Torchiera Senz’Acqua”. Nel 2009 il Comune
decide di vendere l’intera area attraverso il gruppo bancario BNL Paribas; un
migliaio di metri quadrati non sono cosa da poco. “Dal gennaio 2011 la Cascina
Torchiera è stata stralciata dall’elenco dei beni immobili in vendita nel Fondo
Immobiliare del Comune di Milano ed è tornata proprietà del demanio”, ma come
abbiamo appreso dalle notizie di questi giorni, il rischio di sgombero è
tornato alla ribalta. Cosa è stata in questi lunghi anni la “Cascina
Senz’Acqua”, lo leggerete nelle brevi note che seguono a questo scritto.
|
Cascina Torchiera Senz'Acqua |
La
Città degli ipocriti (IpocriCity, come hanno definito le varie Giunte
succedutesi, i frequentatori della Cascina, suona troppo raffinato alle mie
orecchie) veste una casacca identica ed ha un identico pensiero, anche se tenta di
mimetizzarsi sotto simboli differenti. Incassare un po’ di soldi per ripianare
qualche debito e fare il deserto della socialità è una veduta comune. La Lega
ladrona ha avuto persino la spudoratezza di andare a protestare davanti alla
Cascina, ma ben protetta dalla polizia, qualche tempo fa.
|
Uno striscione per la Lega |
Uno striscione prontamente
realizzato dai creativi della Cascina con la scritta: “49 milioni di buone
ragioni per difendere 27 anni di autogestione”, è stata l’ironica
risposta. Per chi l’avesse dimenticato, i 49 milioni sono la cifra che la Lega
deve alle casse pubbliche, per averli intascati illecitamente e fatti sparire
attraverso un complesso gioco di scatole cinesi con la complicità delle banche.
Finanziamento statale che non spettava alla Lega ladrona di Salvini-Bossi,
dunque un furto pubblico ai nostri danni.
|
Il tetto si ripara |
La Città degli ipocriti si
divide in due nettissime categorie: una componente minoritaria, ma che
amministra ed ha potere, pronta ad alienare, a cancellare esperienze, a fare
della solidarietà un deserto; e una componente maggioritaria che subisce, che è
danneggiata. Dentro questa maggioranza è presente un’area di donne e uomini di
buona volontà che non si piega, non si arrende, resiste e si adopera per
costruire, riparare, medicare. Lo vedrete dalle foto con cui accompagniamo
questo scritto: spesso a mani nude; da anni rigorosamente senz’acqua. Dategliela
voi a queste donne e uomini la definizione che più meritano.
|
Lavoro in Torchiera |
Egoisticamente vorrei che i Torchieresi abbandonassero
volontariamente la Cascina; è in diverse parti coperta di amianto, uno dei
minerali dalle fibre più letali. Lo dico perché i libertari mi stanno a cuore più
degli ipocriti che vogliono sfrattarli, e gli Stati con i loro apparati di
morte mi fanno più paura di chi dissente. Ma so altrettanto bene che sono due
visioni di mondo che si fronteggiano dentro e fuori dalla Cascina: quelli di
dentro si prendono cura della vita e delle sue forme, quelli di fuori non
se ne curano. La differenza è abissale. Dovete scegliere da che parte
stare. Io sto con loro.
|
Si ristruttura |
*
IPOCRICITY
|
Fare insieme |
Da 27 anni la nostra comunità si
riconosce in un obiettivo comune: restituire alla città, attraverso
l’autogestione, uno spazio di libera aggregazione, di cultura dal basso, di
autorganizzazione. Ci siamo riusciti e siamo orgogliosi di essere diversi da un
pub o da una discoteca: entrando nei nostri spazi non sarà necessario compilare
tessere associative e non ne uscirete con il portafogli svuotato, ma sarete
arricchiti dalle tante attività, concerti, dibattiti, proiezioni, mostre,
cabaret, saltimbanchi, la Banda degli Ottoni a Scoppio, la squadra di calcio
antirazzista, la scuola di Italiano, la sala prove, il corso di yoga, le
presentazioni di libri, il mercato contadino, la biblioteca-archivio, il tutto
in uno spazio reso accessibile per chi ha disabilità motorie.
Oggi, consapevoli di essere bersaglio di una possibile
svendita bandita da chi ci definisce “luoghi rimasti a lungo senza identità”,
all’IpocriCity delle amministrazioni rispondiamo con l’unica arma possibile:
occuParty della città! Il prossimo 19 settembre ci riverseremo per le vie del
quartiere e della città con chi si preoccupa da sempre di beni comuni:
saltimbanchi del libero mutuo soccorso, acrobati dello scambio gratuito di
saperi, equilibristi dell’impiego sociale del tempo. Un’umanità consapevole,
allegra e resistente, che sfilerà per le strade di Milano, con lo stesso
spirito con cui, nei mesi di lockdown si è fatta brigata solidale. Non
stiamo convocando solo una marcia, stiamo invitando la cittadinanza a una performace
collettiva: feconda interzona culturale libera da sessismi e razzismi, fucina
di relazioni, linguaggi e pratiche libertarie, circo(lo) di sapere, storie,
generazioni, ecologia di arti, immunità di gregge all’asfissia di una metropoli
pacificata, operosa e impoverita. Torchiera non si cancella con un avviso
d’interesse pubblico, così come siamo complici e solidali con il Centro Sociale
Lambretta, nuovamente sotto sgombero in una città incapace di cogliere il
valore delle esperienze autogestionarie.
Sabato 19 settembre coloreremo le strade milanesi con una
parata di gioia, rumore, arte e cultura per ricordarlo ai distratti, agli
ingenui, agli smemorati, ai feroci banditori di città pubblica.
[Cascina Torchiera]
*
GIÙ LA MASCHERA
|
La corte della Cascina |
Da oltre 27 anni Cascina Torchiera
Senz’Acqua è uno dei punti di riferimento di un’altra Milano, Da oltre 27 anni
è la fucina di un pensiero libertario che si è tradotto in azione sul vivere
quotidiano.
Laboratorio del vivere solidale, antimilitarista,
antisessista, laboratorio includente e senza barriere a cominciare da quelle
architettoniche, al di fuori dalle logiche del denaro e del mercato. Una zona
liberata.
Cascina Torchiera Senz’Acqua è stata ed è una delle identità
di una città che altrimenti sarebbe solo una vetrina orribile dove vivere
sarebbe un incubo.
[Cascina Torchiera]
*
ASSEMBLEA PER
RIPARTIRE
|
Il valore dell'autogestione |
Ciao a tutte
e a tutti,
Milano si è fermata. La pandemia ha realizzato l’impensabile bloccando i corpi,
la vita sociale, la produzione. Ogni certezza ha vacillato, l’ineluttabilità
yuppie del meneghismo militante è stata messa in discussione, ma non è stato
come nei film hollywoodiani: nel finale, la sofferenza e la crisi incombente
non ci hanno permesso di festeggiare sulle macerie del discorso tossico ben
riassunto da #milanononsiferma.
Eppure oggi è un giorno perfetto per
dichiarare che, fuori dalle beatificazioni effimere degli angeli della
pandemia, c’è una città che non si è mai arresa. Si è fermata, non c’è vergogna
in questo, ma non si è arresa. Tante e tanti di noi hanno animato le brigate,
le staffette e le colonne della solidarietà. Altre e altri di voi si sono
attivati per costruire forme alternative di socialità, d’incontro, di mutuo
soccorso. Ancora nell’autogestione, nel sindacalismo di base, nelle
associazioni, si è tessuta la trama delle relazioni, delle lotte nel lavoro
riconosciuto e non, nel sostegno agli ultimi e alla comunità tutta.
Tutto questo è una parte integrante di Milano, importante, diversamente
protagonista di un rimboccarsi le maniche che non si misura in termini di PIL,
altezza dei grattacieli, volume di turisti, ma fa dell’inclusione e della
solidarietà pratica quotidiana, piuttosto che vocazione elettorale.
È il caso della Cascina Autogestita
Torchiera SenzAcqua che da 27 anni osa la pratica della convivialità,
dell’autogestione, delle controculture, dentro questa città, anzi meglio, in
una delle sue periferie. Cascina Torchiera, al pari di storie che oggi portano
il nome di Ri-Make, Lambretta, Fornace, rappresenta la città che non si è
arresa, antifascista, migrante, femminile, bambina, e che resiste perché
crediamo che una città senza conflitti, informalità, stress alle maglie del
diritto, non sia una città pubblica.
Un’epidemia ha rinfrescato la memoria sull’importanza della sanità pubblica,
dell’istruzione, del lavoro di cura. Il prezzo pagato da tutte e tutti noi è
stato enorme e ingiustificabile. Non permetteremo che sia una tornata
elettorale o l’assenza di coraggio della politica maiuscola a mostrare
l’asfissia di una Milano normalizzata e privatizzata. Un’epidemia ha mostrato
la fragilità della folle rincorsa alla turistificazione e all’aumento dei
valori immobiliari, dunque non dimentichiamo quale sarà l’ulteriore prezzo da
pagare non appena si esaurirà l’interregno dello stop ai licenziamenti.
|
Torchiera in musica |
Quella del prossimo 19 settembre non può e non deve essere una parata di
Torchiera o per Torchiera. Ci piacerebbe fosse una parata di quella città che
non si arrende ad una Milano esclusiva e quindi escludente. Di questo luogo sì,
ci sentiamo parte integrante. Non sappiamo garantirvi cosa accadrà poi: un fuoco fatuo o l’inizio di un
percorso? Possiamo garantirvi che non siamo un vuoto (d)a rendere, uno spazio
privo di identità, un pezzetto di città da mettere sul mercato perché il Comune
è indebitato mentre investitori, fondazioni, sviluppatori hanno fame di affari. Tutte le giunte che abbiamo conosciuto in questi anni hanno sistematicamente
disapplicato gli strumenti di legittimazione degli spazi sociali per
costringerci e quindi accusarci di essere illegali. A noi questa definizione
non crea problemi, e non crea problemi perché crediamo nella legittimità della
nostra azione e siamo consapevoli che senza autogestione non esisterebbe alcuna
Cascina Torchiera.
Ci piace immaginare che questa
parata sia l’occasione per la città dei territori, della cura, dei diritti ma
anche la città della creatività piuttosto che delle regole stantie, della festa
piuttosto che degli eventi, dell’accessibilità piuttosto che dell’iconicità,
della diversità piuttosto che del decoro. Le voci, i suoni, le tappe, le arti
performative che metteremo in campo, non devono essere che un pezzetto di
quanto coralmente sapremo esprimere. Vogliamo vivere, non solo resistere in una
colata di cemento. Vogliamo respirare, non solo ansimare nell’aria che resta.
Vogliamo realizzare quello che non hanno previsto, non solo accontentarci delle
conquiste di ieri.
Questi appunti sono un invito. Vi aspettiamo tutte e tutti a un’assemblea
cittadina che convochiamo il prossimo giovedì 3 settembre, alle ore 20.48,
nell’aia della Cascina.
[Cascina Torchiera]
ALBUM
|
Al lavoro per ristrutturare
|
|
Partigiani |
|
Bandiere in Cascina |
|
Pacifisti in Torchiera |
|
La Cascina dipinta
|
|
Le insidie dell'amianto |