PER FIRENZE COME UOMO E COME SCRITTORE
di
Angelo Gaccione
Sarebbe facilissimo per me
motivare la mia adesione al “Manifesto” di Idra, all’Oratoria civile della
Maratona svoltasi davanti a Palazzo Vecchio, dicendo semplicemente che ho messo
al primo posto gli interessi collettivi rispetto a quelli privati o di pochi,
sin da quando ero un ragazzo. La coscienza pubblica in me si è formata
prestissimo e non ha mai derogato dal suo compito morale. Sono giunto ora ad
un’età “tarda” e posso dire di aver sposato tutte le cause impossibili;
tantissime cause “perse”, che la testardaggine dei miei compagni d’avventura ha
reso vincenti con l’ostinazione e con la lotta. Potrei citarne qualcuna:
l’abolizione della pena capitale, la difesa per l’acqua pubblica, la chiusura
delle centrali nucleari. Abbiamo costretto alle dimissioni uomini di potere,
impedito alcuni scempi urbani, obbligato alla custodia di altri beni
minacciati. Potevo, dunque, non essere della partita? La mia penna è stata
sempre al servizio della tutela del paesaggio, delle memorie storiche, della
salvaguardia di quanto di prezioso ci è stato lasciato in eredità perché
integro possa essere tramandato. Si è opposta e continua ad opporsi ad ogni abuso,
ad ogni stravolgimento, ad ogni bruttura, ad ogni manomissione, ad ogni
mercificazione. Una vita intera di intellettuale schierato, di scrittore il cui
obbligo morale è di parlare, scrivere, testimoniare. Non so più quanti scritti
abbia prodotto in più di mezzo secolo su questi argomenti. In 18 anni di vita
di “Odissea” ci siamo sempre schierati ed abbiamo dato voce a tutte le
iniziative e a tutti i comitati impegnati in difesa del territorio e dei beni
comuni, contro i divoratori, gli speculatori, i mercificatori. I beni artistici
ed ambientali, in molti luoghi del nostro bellissimo e mortificato Paese, sono
divenuti “cosa loro”. I Comuni, e i loro gestori, hanno dimenticato il senso
stesso di questa parola.
Comune vuol dire che i beni appartengono alle comunità,
ai cittadini tutti, non ad una ristretta consorteria che può disporne a
piacimento. Siamo arrivati al punto che amministratori di beni pubblici di
vario livello mettono in vendita palazzi storici, intere isole, contenitori
dismessi, ospedali, caserme, o accordano generose concessioni, o avallano
ghiotte rendite di posizione, come se fossero di loro personale proprietà,
senza dover rendere conto a chicchessia, e senza che giuristi e diritto
intervengano a difendere le comunità da queste usurpazioni e oscene spoliazioni.
Potrei dare forza alla mia allocuzione dicendo che dove non c’è opposizione c’è
corruzione, e ribadire così l’obbligo della vigilanza attiva. E stigmatizzare
con questo mio aforisma quanti “pretendono un mondo migliore, ma non muovono un
dito perché lo diventi”. Potrebbe bastare questo, ed omettere che Firenze resta
una delle città dove ho più a lungo soggiornato. Che l’ho esplorata in ogni
anfratto, che vi ho ambientato una parte significativa di un romanzo. Che sono
stato amico di uno dei suoi più innamorati cantori, lo scrittore Vasco
Pratolini, amico di Cassola, con cui fondammo proprio a Firenze, al Circolo
Rosselli, la Lega per il Disarmo. Che al Caffè delle Giubbe Rosse mi sono
recato spesso per incontrare amici letterati e ascoltare i versi di poeti. Che
le colline di Firenze sono state la Casa della poesia di Alberto Caramella
frequentata anche da Mario Luzi; che Firenze è il Gabinetto Vieusseux di cui ho
scritto, è il critico ed ispanista Oreste Macrì collaboratore della nostra
“Microprovincia”, è il Premio Fiesole che mi è stato attribuito, è la presentazione
di alcuni libri, è l’accoglienza di persone ospitali che non ho dimenticato, e
tanto, tanto altro ancora. Dunque, io sto con Firenze e la sua salvaguardia.
Fino alla vittoria di questa battaglia e di quelle che verranno.