SALVARE LA VITA
di Federico Migliorati
La scrittura salvifica dell’autore campano.
Cosa si prova
restituendo giorni al proprio passato, intriso di sofferenza e di desiderio di
riscatto, ammantato di luci e ombre, racchiuso tra continue cadute e improvvise
ascese fino alla svolta decisiva? Ce lo narra con un linguaggio pulito, sobrio
ed essenziale Francesco Borrasso con la sua ultima opera letteraria in forma di
memoir dal titolo: Restare vivo (164 pagine, euro 15), uscita per i tipi
della Inschibboleth nella collana “Margini” diretta dall’ottimo Filippo La
Porta. Un astro fulgido, quello dello scrittore di Caserta, classe 1983, che in
pochi anni ha scalato le tappe di un successo giunto quasi inaspettato a
partire dal romanzo La bambina celeste edito nel 2016, ‘snodo’ decisivo
che ha cambiato la sua esistenza e che più volte fa capolino nel volume in
oggetto. Restare vivo è una sorta di anamnesi esistenziale, un percorso
a ritroso con diversi flashback, un viaggio a tappe in cui tutto si tiene: gli
attacchi di panico che hanno costretto l’autore a continue visite e a un
supporto psicologico durato un decennio, la morte del padre assurta a sigillo
di un dolore inestimabile e indelebile nonché fulcro attorno a cui si muove il
plot narrativo tanto da rappresentare una cesura tra il prima e il dopo,
l’intimità familiare narrata con dolce malinconia, i successi letterari e la
stima di critici e scrittori che lo hanno consacrato tra le migliori penne
dell’ultimo periodo, la ripartenza e la rinascita. Nel titolo emergono la
scelta e la volontà di dare vita ai giorni e non solo giorni alla vita, di
indirizzare il proprio Io verso grandi obiettivi pur nella quotidianità spesso
drammatica che lo ha condotto a rovinose e brusche sterzate all’indietro fino a
preconizzare il suicidio quale forma più alta per coloro che amano vivere,
“unico modo per fermare l’incubo”. Non vi sono sbavature in quest’opera così
lontana, diametralmente distante dall’autofiction presente in gran numero sugli
scaffali delle librerie: c’è una storia umana, una vita che si fa letteratura,
quasi un romanzo di formazione prosciugato di immaginazione e finzione. La
letteratura e più in specifico la scrittura: ecco l’azione, la sostanza, il
fare che ha consentito a Borrasso di restare vivo, appigliandosi a quest’amo
nella tregenda della sofferenza, quando il buio invadeva l’interiorità
impedendo a qualsiasi luce di emergere e affacciarsi. Scrivere come atto di
forza e di resistenza, di resilienza e di coraggio, volontà, altresì, di
ricordare (nel senso etimologico di ‘portare al cuore’) i cari passati oltre e
il padre amatissimo in particolare, la cui presenza è palpabile ad ogni
sussulto e altresì il “desiderio segreto di incidere delle parole su una
tomba”, come affermava Elie Wiesel, scelto dall’autore in esergo del libro.
Francesco Borrasso |
Forse è per questo che i morti non scompaiono, semplicemente si celano altrove, in luoghi e interstizi sconosciuti ai vivi, pronti a restituirci la loro memoria negli attimi intensi che abitiamo. Ma Restare vivo è anche una narrazione odeporica attraverso le emozioni, e la paura su tutte, la paura di cui è intrisa l’esistenza dello scrittore campano, summa e cifra di un percorso, vinta tuttavia alla distanza in una battaglia perenne per superare difficoltà e cadute. Anche in questo caso non c’è alcuna ricerca della morbosità, nessuna leziosa volontà di affascinare in maniera infantile l’occhio del lettore: è invece evidente il dosaggio sapiente del tempo tra un passato talvolta ingombrante che riemerge come una lama e un presente che si allunga su un futuro appena percepibile e che sembra sempre sul punto di crollare, come davanti a un burrone. La vita è una continua gara, una lotta nella quale “l’uomo fa un patto con le ore per poterne avere sempre una in più prima di accomodarsi sotto serra”, scrive acutamente Borrasso, autore che dimostra altresì una particolare capacità di cogliere i riflessi vitali della natura, i piccoli gesti quotidiani, il senso dei giorni. Così passo dopo passo si arriva all’emancipazione dalla sofferenza, all’affrancamento dall’età del dolore per comprendere che occorre gettare il cuore oltre l’ostacolo e lasciar sedimentare affetti e speranze da consegnare simbolicamente al passato di “anni affollati”, non dimenticati ma depurati dalle scorie che impedivano l’emersione della piena maturità. Di buoni libri è ancora costellata l’editoria italiana e Restare vivo ne è un esempio illuminante: ci sentiamo di segnalarlo a quanti credono che, ancora oggi, leggere e scrivere riescono a salvare la vita. Nonostante tutto.