LA PSICOPATIA AI VERTICI

Luigi Zoja
Nei posti guida si è seduta una immoralità senza precedenti.
Vorrei suggerire la rilettura, o per chi non lo avesse ancora
letto, la lettura del prezioso libro che Luigi Zoja, psicanalista di fama
mondiale e sociologo, scrisse nel 2009: La morte del prossimo. Non
voglio qui fare un ripasso dei numerosi punti che Zoja portò già alla nostra
coscienza nel 2009, ma solo risottolineare un punto che è oggi sotto gli occhi
di tutti e che è stato ormai talmente interiorizzato da non creare più
scandalo, anche se quotidianamente esplodono quotidiani scandali. [Patrizia
Gioia]
“Forse - scrive Zoja - la lotta finale non sarà-, come aveva
predetto Ignazio Silone nel suo scritto sui comunisti delusi, uno scontro tra
comunisti ed ex-comunisti- ma tra capitalisti ed ex-capitalisti divenuti
psicopatici. All'imprenditore post moderno si richiedono doti non comuni:
eppure non è facile che diventi, per i suoi dipendenti, un mito equivalente
agli eroi tradizionali. Come avevano previsto già Lev Tolstoj e John Ruskin, la
sua attività lo trasforma facilmente in un cinico senza onore: all'opposto del
comandante che mette in salvo i suoi e affonda con la nave, è lui il primo che
deve salvarsi. Del resto, risale a quasi un secolo fa il programma dell'economia
moderna, secondo cui il capitalismo-avidità avrebbe finito col rimpiazzare
quello classico o fordista. Già nel 1919, infatti, un giudice americano aveva
condannato Henry Ford, che voleva reinvestire gli utili della sua fabbrica di
automobili creando nuovi stabilimenti e migliorando la produzione: la storica
sentenza che diede ragione ai suoi soci fratelli Dodge - più tardi industriali
dell'automobile a loro volta - perché, diceva, lo scopo di un’azienda è
arricchire i proprietari e non dar lavoro agli operai o prodotti più utili ai
consumatori. Al mondo esistono ancora, nominalmente, diversi paesi
anticapitalisti, comunisti e/o persino rivoluzionari; e diversi movimenti
anticapitalisti, comunisti e/o rivoluzionari nei paesi capitalisti. Mezzo secolo
fa le loro voci minacciavano di morte il capitalismo liberale, anche se proprio
in quegli anni i paesi a economia di mercato stavano effettuando la più equa
distribuzione di redditi e di servizi della storia umana. Si dava ormai per
scontato che sanità e istruzione fossero un diritto universale: quanto alla
redistribuzione della ricchezza, persino negli Stati Uniti e con un governo di
centro-destra (quello del repubblicano Dwight Eisenhower, già capo delle forze
armate) le aliquote delle tasse sul reddito personale arrivavano al 90 per
cento. Insomma, anche nella patria del capitalismo, in nome degli interessi
della società, lo Stato prelevava agli individui più avidamente di ogni
capitalista. Tra allora e oggi una rivoluzione (alla lettera: un ribaltamento)
è avvenuta. Quella tendenza, infatti, si è letteralmente rovesciata. Infiniti
“paradisi fiscali” permettono di evitare le tassazioni più alte - che sono
comunque diventate, anche nei socialismi scandinavi, infinitamente inferiori,
mentre nell'ultimo grande paese comunista, la Cina, il coefficiente di Corrado Gini
(che cresce con la concentrazione di redditi) ha continuato ad aumentare fino a
essere il doppio di quello di un paese prototipo del capitalismo come il
Giappone e si avvicina ormai a quello del Brasile.




