QUESTA È LA
GUERRA
di Angelo Gaccione
L’almanacco milanese delle Edizioni Meravigli per l’anno 2025 porta come titolo: Guerra e pace 1940-1945. Contiene testi di Tito Livraghi intervallati da innesti storico-culturali di Nadia Gobbi. Consta di 112 pagine e contiene più di 230 foto, tutte legate a quegli anni e soprattutto ai tremendi e rovinosi bombardamenti anglo-americani sulla città. Sono foto in bianco e nero, e se si eccettuano quelle seguite alla gioia per la fine della guerra e della liberazione dal nazifascismo, sono tutte dolorosamente desolate e spettrali. Il volume apre con una foto del 1° novembre 1936 in cui si vede una piazza del Duomo gremita di gente fino all’inverosimile, accorsa per ascoltare la voce di Benito Mussolini. In quella occasione il Duce informerà della decisione di stringere con la Germania di Hitler un’alleanza, che si rivelerà una tragedia negli anni a venire. Quella immensa folla si pentirà amaramente del suo cieco ed esaltato entusiasmo. E chiude con la foto della stessa piazza, gremita da una folla altrettanto oceanica, scattata quasi un decennio dopo: il 26 aprile del 1945 all’indomani della liberazione. Le altre foto documentano, in maniera impietosa e analitica, i danni dei bombardamenti indiscriminati su Milano e le devastazioni del patrimonio architettonico e artistico pubblico e privato; la perdita definitiva di una parte significativa della sua ricchezza culturale, della sua economia, del suo sistema industriale, dei suoi supporti civili. Non sono stati risparmiati i musei, le biblioteche, le università, i teatri: persino la Scala. Distruggere per il solo gusto di distruggere, per fare un deserto del cuore pulsante del centro storico, per cancellare il meglio. Che significato militare potevano avere la Scala, la Biblioteca Ambrosiana, l’Università Statale, il Palazzo Reale, la Galleria Vittorio Emanuele, la Basilica di Santa Maria delle Grazie? E la Certosa di Garegnano, allora sperduta in aperta campagna, che razza di obiettivo militare era? Ancora oggi per raggiungerla in tram ci vuole un’ora. E documentano i morti, i feriti, i mutilati, i senza casa, la fame, il freddo, la fuga…
Remo Brioschi Ecco la guerra |
Più delle tante chiacchiere inconsistenti, libri come questi
mostrano, soprattutto ai riottosi e ai fanatici, prove alla mano, di che razza
di barbarie è fatta la guerra. Non servono giri di parole, basta semplicemente
guardare e provare ad immaginarsi le tonnellate di esplosivo sui propri
quartieri e sulle proprie case. L’essere, se si è miracolosamente
sopravvissuti, diventati improvvisamente senza più nulla, miseri, “sfollati”,
raminghi, come animali randagi alla ricerca disperata di un riparo. Null’altro
che questo mi piacerebbe dire a quanti parlano a cuor leggero di guerra e di
armi. Immaginare sé stessi senza una latrina, andare alla ricerca di un luogo
dove potersi lavare, vagare da un posto all’altro per mendicare del cibo. Solo
questo. Risparmiando loro la pena di immaginare di essere genitori dei 184
bambini di una innocua scuola elementare, la Francesco Crispi di Gorla, di cui
la guerra non ha avuto pietà.