L’INSEDIAMENTO DI
TRUMP
di Luigi
Mazzella
Nell’ultimo
quinquennio, negli Stati Uniti d’America, non vi sono stati sondaggi
d’opinione ma quello effettuato più di recente dava il 29% della
popolazione americana contraria a ogni religione: gli atei e gli agnostici
risultano in forte aumento, soprattutto tra i giovani. Ora, se si
considera che i restanti due terzi degli Statunitensi, pur essendo in
maggioranza cristiani e protestanti, si dividono in una pluralità di credi
fideistici veramente impressionante, si deve dedurre che anche un
atto solenne come il giuramento del Presidente della Repubblica diretto a
garantire l’osservanza da parte sua e del suo governo della
Costituzione risponde al criterio di soddisfare solo la maggioranza dei
votanti; quelli che non credono alla promessa dell’eletto se non poggia la
mano sulla Bibbia. Sarebbe diverso in un Paese veramente laico, ma le
tradizioni dei credenti vogliono la loro parte. E allora così sia!
Qualche ritocco
alla cerimonia potrebbe farsi però per evitarne la “pacchianeria”, ma qui un
sondaggio d’opinioni, fatto Oltreoceano, darebbe ancora minori
soddisfazioni alle persone d’italico buon gusto. Difficile, quindi,
evitare che una first lady si presenti nell’aulico luogo dove
si festeggia una sorta di “incoronazione” di suo marito, vestita quasi a
lutto (con un abito blù notte, nero sugli schermi televisivi) e con un cappello
a larghe falde calato sugli occhi che la rende irriconoscibile anche ai suoi
familiari.
Comunque, ogni
giudizio estetico o pratico andrebbe bandito se l’eletto al seggio che, senza
la CIA delle spie e il Pentagono dei generali, farebbe di lui l’uomo più
potente del mondo, facesse da par suo un discorso rassicurante per l’intera
umanità. Per l’insediamento di ieri ciò è avvenuto a metà.
Un ragionamento
a fil di logica imponeva che dopo un serie di Presidenti americani del
Partito Democratico, legati saldamente alle manovre belliche permanenti di
Wall Street e dell’industria delle armi, della CIA e del Pentagono, oltre che
alle bombe atomiche, al Napalm, alle torture e ad altre nequizie criminali, un
Presidente Repubblicano parlasse di Pace. E Trump l’ha fatto e ne sono felice
anche se non esclusivamente per un atto di fiducia.
Se non l’avesse
fatto gli elettori, stanchi di dissanguarsi per Zelensky e Netanyahu a tutto
vantaggio di finanzieri e costruttori di missili e di bombe, gli avrebbero
chiesto perché volere sostituire al flebile grido di guerra del
debilitato Biden il suo roboante urlo di uomo in piene forze.
Al di là delle
promesse di una pace, garantita anche dalla dichiarata volontà
di arrestare le immigrazioni illegali (sperabilmente non solo le
“sue”), il discorso di Trump ha rappresentato per molti solo la
conferma del guazzabuglio confuso di idee che caratterizza la
cosiddetta cultura occidentale di cui la sua è solo una delle tante
drammatiche espressioni. Nel suo lungo intervento dinanzi ai predecessori
(allineati e rigidi, con lo sguardo fisso da museo delle cere), Trump ha
invocato l’aiuto di Dio, che gli avrebbe già salvato la vita per salvare
l’America (Gott mit uns, di hitleriana memoria); ha dimostrato certezza che su
Marte sarà issata la bandiera americana, prima di ogni altra; si è
cimentato nel proporre un fondamentale (a suo giudizio) cambio di denominazione
geografica: Golfo d’America e non del Messico (il Mare Nostrum di Mussolini?);
propositi maschilisti senza se e senza ma: riconoscere solo due generi, i
maschi e le femmine. Con lo ius pacis (del
nostro amico Antonio Pileggi) nel cuore e nella mente, ho ascoltato i
commenti nostrani nei talk-show organizzati sullo Stivale Mostri televisivi
italioti (di Murdoch e nostrani). Il rimedio si è rivelato peggiore del
male. Ho avuto la prova che nella scalata della collina della confusione siamo
più vicini alla vetta degli stessi Americani.
Nota
d’appendice: Avere sistemato in un angolino nascosto
della sala dell’incoronazione il Presidente argentino e la nostra Presidente
del Consiglio in una sorta di “riserva latina” (clerico-fascista) è
stato un atto di prudenza che la dice lunga sulla furbizia si Trump.