CRIPTOFASCISMO
PLANETARIO
di Raniero La Valle
L’Occidente
che non è andato a Washington per l’inaugurazione di Trump ha passato lunedì,
20 gennaio, una giornata di sgomento e di incubo. Il discorso di insediamento
di Trump è andato oltre ogni peggiore aspettativa. Quello che si è profilato
davanti agli occhi è stato il fantasma di un cripto-fascismo planetario con cui
dovremo fare i conti nei prossimi anni. La democrazia, come sacro valore
dell’Occidente, è in crisi, e addirittura, come hanno detto i primi sconsolati
commenti seguiti alla festa di Capitol Hill, sarebbe finita. Non però per un
destino, bensì per responsabilità e scelta di coloro stessi che oggi la
rimpiangono. Quella che è finita è in realtà la democrazia ridotta a puro
esercizio elettorale, non a caso disertato dai più, senza tutto quello che ci
avevamo messo dentro noi nella nostra Costituzione, ciò per cui l’Italia
dovrebbe essere un modello, altro che Salvini.
L’America
paga il conto, e lo fa pagare a noi, delle scelte sbagliate che ha fatto dopo
la caduta del muro di Berlino e l’attacco alle due Torri di New York.
Inseguendo, come del resto fa da sempre, il mito dell’“America first”, - prima
l’America - ha creduto che la sua sicurezza e la sua fortuna stessero nel
dominio del mondo, nell’avere un’Armata quale non si era mai vista prima sulla
Terra, e perfino nel disporsi alla guerra preventiva, perché “la migliore
difesa è una buona offesa”. Questo era il diafano Biden, non a caso bersaglio
del rigetto elettorale. Dava per ormai finita la Russia, e per questo le ha
lanciato contro la povera Ucraina, e proclamava urbi et orbi (nei
documenti sulla strategia nazionale americana) la competizione strategica e la
sfida finale con la Cina, il solo avversario che avesse “sia l'intento di
rimodellare l'ordine internazionale, sia il potere economico, diplomatico,
militare e tecnologico per farlo". Sicché Casa Bianca e Pentagono
hanno messo nella spesa militare 800 miliardi di dollari all’anno, mentre la
Russia ce ne mette 80, togliendo centinaia di miliardi di dollari all’anno al
benessere del popolo americano.
Dobbiamo a questo, come ha detto Bernie Sanders, l’eterno candidato alla Presidenza della sinistra americana, se “non c'è una ragione razionale per cui abbiamo una disuguaglianza enorme e crescente di reddito e ricchezza, non c'è una ragione razionale per cui siamo l'unico grande Paese a non garantire l'assistenza sanitaria per tutti, non c'è una ragione razionale per cui 800.000 americani sono senza casa e milioni di altri spendono più della metà del loro reddito per mettere un tetto sopra la testa, non c'è una ragione razionale per cui il 25% degli anziani in America cerca di sopravvivere con 15.000 dollari all'anno o meno, per cui abbiamo il più alto tasso di povertà infantile di quasi tutte le nazioni ricche, per cui i giovani lasciano l'università profondamente indebitati o per cui l'assistenza all'infanzia è inaccessibile per milioni di famiglie”.
Ciò spiega
gli eventi di oggi, come si sia passati dall’Occidente “allargato” fino
all’Indo-Pacifico, al Giappone e all’Australia di Biden al cripto-fascismo
globale di Trump, con tanto di autarchia (i dazi), le sanzioni, gli ordini
esecutivi a pioggia, la confusione dei poteri, la giustizia di regime, la pena
di morte, l’immunità fiscale dei super-ricchi, e la pretesa di decidere quando
cominciare o finire queste “ridicole” ma sempre tragiche guerre.
Tuttavia, il
peggio che si è materializzato in America in questo lunedì nero del 20 gennaio,
potrebbe non essere tale da contagiare il mondo intero. Potrà fare
grandissimi danni, e fare scuola soprattutto nelle maggioranze silenziose, ma
potrebbe restare circoscritto a ciò che si è visto tra il Campidoglio e la
Capital One Arena, un bagno di folla osannante e soggiogata, chiuso però in una
bolla che è l’America e non è il mondo. Non c’è un solo globo terracqueo,
il mondo non è pronto per un fascismo planetario, ha altri pensieri, un’altra
vocazione. Certo, dipende da noi, ma ora è chiara l’alternativa: o la resa a
questa caduta della storia, o la resistenza e la costruzione di una vera
comunità internazionale di diritto con un’umanità indivisa.
Claudio Fantozzi
Guerrafondai
Del resto non
tutto quello che Trump ha annunciato e minacciato col suo sguardo torvo si
realizzerà veramente, sembra più un bluff da miles gloriosus che
un vero annuncio. Non ci sarà nessun approdo e insediamento su Marte entro la
fine di questo mandato presidenziale. La scienza è stata tassativa: a questo
punto dell’evoluzione della specie, l’umanità non è in grado, fisicamente e antropologicamente,
di affrontare un viaggio in quel pianeta lontano. Non foss’altro che per la
durata del viaggio, due anni per l’andata e il ritorno esposti alle radiazioni
cosmiche, soggetti all’indebolimento muscolare e scheletrico che il corpo umano
subirebbe in una lunga permanenza nello Spazio, con i connessi scompensi del
tono muscolare cardiaco. Occorrerebbe costruire enormi astronavi ruotanti, in
grado di generare al proprio interno una forza simile alla gravità terrestre,
ciò che si potrebbe fare solo direttamente nello Spazio, sfruttando ipotetiche
materie prime raccolte anch’esse lassù (da asteroidi o dalla Luna); per non
parlare della vita su Marte, fino a 126 gradi sottozero.
Ciò vuol dire
che il mito dell’accoppiata Trump-Musk è già caduto, e se l’obiettivo politico
più simbolico di tutte le promesse presidenziali si mostra come impossibile e
falso, vuol dire che anche il resto non è troppo sicuro, a cominciare dalla
deportazione, o espulsione, di milioni di migranti, dati per criminali
internazionali e invasori: si dovrebbe fare con l’esercito schierato sul
confine meridionale col Messico, lasciando “i nostri guerrieri liberi di
sconfiggere i nostri nemici”, come dice Trump; ma con questo finisce il mito
della fortezza americana, l’idea che mai nessuno potrà varcare in modo
offensivo la frontiera degli Stati Uniti; ecco che secondo Trump questo sarebbe
già avvenuto ad opera dei migranti, essendo mancata la difesa dei confini,
neanche l’America fosse Lampedusa come è nell’immaginazione ossessiva di
Salvini.
E per quanto
riguarda il ritorno incondizionato al petrolio, al carbone, così da irradiarlo
a suon di dollari in tutto il mondo, in che consiste l’”America first”?
Consiste nel fatto che l’America sarà la prima a risentirne, insieme alle isole
che saranno sommerse dal mare, e ne avrà cicloni e tornado sempre più
devastanti, e bruceranno le città, come ieri l’incendio di Chicago e oggi
quello di Los Angeles, dove perfino i ricchi “hanno perso le loro case”.
Guerrafondai