INQUINAMENTO: CHIUDERE
LE FINESTRE NON BASTA
di Fulvio Papi
La nostra
epoca, per quello che noi possiamo quotidianamente percepire nel nostro spazio,
è ormai in preda a un inconscio irrazionalismo che viene celato dai mezzi di
comunicazione di massa tramite la divulgazione di notizie che derivano sia
dalle possibilità del mezzo medesimo che da una logica puerile della identità.
Per esempio si afferma che vi è un aumento del consumo delle famiglie, come
sintomo positivo di un ciclo positivo della crescita economica. Tuttavia anche
un giovanetto inesperto, come escono troppo spesso i nostri ragazzi da
progettazioni educative sbagliate, potrebbero domandarsi: “quali famiglie?”. Consumi? Quali consumi? La
stessa osservazione mostra che un concetto astratto consente di tenere insieme
realtà molto diverse. Questo può accadere nelle retoriche più banali, e da
millenni l’uso della “diaresis” (separazione, distinzione, ecc.) ha insegnato
ad evitare questi errori che, involontariamente o no (la malizia non è sempre
una colpa) vengono diffusi come verità per chi vive in un mondo mediatico, cioè
nel mondo possibile. Del resto questa forma di comunicazione ha rafforzato
l’idea che senza una “credenza” l’essere umano non può vivere. Le astrazioni
filosofiche hanno sempre a che vedere con quello che accade. Tuttavia rimangono
casi clamorosi. In questo autunno asciutto l’inquinamento dell’aria è arrivato
a livelli pericolosi. Poiché siamo nell’epoca dell’eterno presente non è male
ricordare che questi rischi furono negati per lungo periodo da chi traeva
profitti da questa voluta ignoranza. Livelli pericolosi? Noi sappiamo che tutte
le specie animali hanno condizioni obiettive di vivibilità. Noi che vi
apparteniamo, abbiamo una “forbice” più ampia, anche perché, entro certi
limiti, possiamo provocare modificazioni con l’ambiente. Va sottolineato “entro
certi limiti” che appaiono piuttosto prossimi. Direi che ne è un sintomo
singolare, ma non falso, il fatto che la sindaca di Torino abbia invitato gli
abitanti della città a tenere chiuse le finestre. Non è trovata che abbia
bisogno di confutazioni, ma è chiaro che quando si scivola su banalità di
questo tipo vuol dire che non si sa più che cosa fare. Ovviamente non in
assoluto, ma nella posizione di amministratori di una città con tutti i
vincoli, detti e non detti, con i poteri economici, gli affari, i rischi
relativi al consenso politico in un sistema democratico che ha perduto il
proprio riconoscimento ideale.
Quando la scorsa estate vi è stata una dannosa siccità, l’informazione pubblica (non la controinformazione, confidenze segrete) rese noto che il 40% dell’acqua va perduta per le condutture inefficienti. Capisco che un intervento decisivo avrebbe colpito interessi di varia natura, ma dove va la priorità della spesa pubblica, oltre che al più che modesto tentativo di abbassare un po’ il debito pubblico; intorno al quale perché la tivù non organizza una trasmissione di “storia” con esperti senza timore, cifre, capitoli di spesa, nomi, ecc.? Altrimenti qualche tragico futurologo potrebbe pensare che anche le qualità dell’aria potrebbero diventare oggetto di vendita, naturalmente tramite una impresa privata (tanto care al bonario e “passato” Bersani). E a questo proposito il provvedimento di premiare finanziariamente coloro che dei loro balconi e terrazze fanno oggetto di minuscoli giardini, pare più che una misura seria e operativa , un sintomo di una disperazione di chi non è più in grado di fare un uso del territorio come bene collettivo. E allora perché non guardare con allarmata serenità allo stato complessivo delle grandi città (metropolitane), e prendere atto, drammaticamente, che l’indefinito allargamento delle città ha ampiamente superato il suo senso storico, e ha favorito l’avvio verso patologie di ogni tipo. Non credo ai miracoli, tanto che nella teologia contemporanea amo la “demitizzazione”, ma sapersi collocare nell’orizzonte corretto è segno di intelligenza e di onesta. Entrambe beni rari per un ceto dirigente che molte persone considerano in quella posizione per lo più per calcoli personali. Forse sono solo maligne, e l’incapacità ha la sua parte . In ogni caso è almeno strano il fatto che mentre i sindaci immagina provvedimenti adatti anti-smog (non privi di riguardo per il consumo) quasi il 50% della pubblicità televisiva è dedicata all’incentivazione dell’acquisto di automobili. Forse sarà questo l’aumento del consumo familiare? Non è che ignori, tutt’altro, il problema della disoccupazione nell’industria automobilistica. E allora la morale della favola, come in Esopo, mostra che viviamo in una civiltà che per mantenersi tale deve rischiare la catastrofe. Era solo una battuta di un attore brillante quella che diceva che “Dio e morto e pure Marx”, proprio ora che ci servono una forte moralità pubblica e una rigorosa capacità di analisi.
Milano pure |
Quando la scorsa estate vi è stata una dannosa siccità, l’informazione pubblica (non la controinformazione, confidenze segrete) rese noto che il 40% dell’acqua va perduta per le condutture inefficienti. Capisco che un intervento decisivo avrebbe colpito interessi di varia natura, ma dove va la priorità della spesa pubblica, oltre che al più che modesto tentativo di abbassare un po’ il debito pubblico; intorno al quale perché la tivù non organizza una trasmissione di “storia” con esperti senza timore, cifre, capitoli di spesa, nomi, ecc.? Altrimenti qualche tragico futurologo potrebbe pensare che anche le qualità dell’aria potrebbero diventare oggetto di vendita, naturalmente tramite una impresa privata (tanto care al bonario e “passato” Bersani). E a questo proposito il provvedimento di premiare finanziariamente coloro che dei loro balconi e terrazze fanno oggetto di minuscoli giardini, pare più che una misura seria e operativa , un sintomo di una disperazione di chi non è più in grado di fare un uso del territorio come bene collettivo. E allora perché non guardare con allarmata serenità allo stato complessivo delle grandi città (metropolitane), e prendere atto, drammaticamente, che l’indefinito allargamento delle città ha ampiamente superato il suo senso storico, e ha favorito l’avvio verso patologie di ogni tipo. Non credo ai miracoli, tanto che nella teologia contemporanea amo la “demitizzazione”, ma sapersi collocare nell’orizzonte corretto è segno di intelligenza e di onesta. Entrambe beni rari per un ceto dirigente che molte persone considerano in quella posizione per lo più per calcoli personali. Forse sono solo maligne, e l’incapacità ha la sua parte . In ogni caso è almeno strano il fatto che mentre i sindaci immagina provvedimenti adatti anti-smog (non privi di riguardo per il consumo) quasi il 50% della pubblicità televisiva è dedicata all’incentivazione dell’acquisto di automobili. Forse sarà questo l’aumento del consumo familiare? Non è che ignori, tutt’altro, il problema della disoccupazione nell’industria automobilistica. E allora la morale della favola, come in Esopo, mostra che viviamo in una civiltà che per mantenersi tale deve rischiare la catastrofe. Era solo una battuta di un attore brillante quella che diceva che “Dio e morto e pure Marx”, proprio ora che ci servono una forte moralità pubblica e una rigorosa capacità di analisi.