Racconti
Yellow Tortellin
di Mara Munerati
Mara Munerati |
Si erano piaciuti fin da subito,
anche se Giulia era un’emiliana doc che amava la cucina tradizionale senza
sprechi, e Gianni un istruttore milanese di yoga che amava le verdure e il cibo
light. “È una questione di principio” aveva detto Giulia durante il loro primo
incontro “non esiste cibo migliore al mondo dei tortellini!” a sottolineare,
fin da subito, che Milano o ogni filosofia del light venivano dopo Bologna e
tutto il buon cibo made in Emilia Romagna.
E si erano
conosciuti proprio nel capoluogo emiliano durante uno di quei convegni dove è
il cibo a fare da padrone: Easy Eating – World Convention 2017.
Giulia stava
disquisendo con un collega sull’assurdo accanirsi di tutti gli chef a voler rivisitare
i grandi classici della cucina italiana. Il tutto mentre cercava di arrotolare
una tagliatella di riso allo zafferano, usando una forchetta in bambù. Gianni,
ovviamente, era quello che sosteneva tutto il contrario. Lei poi, all’enorme
buffet, si era sporcata la camicetta con quell’aborto di condimento, e lui
l’aveva prontamente aiutata a cercare di cancellare la terribile macchia,
consigliandole di usare una foglia di menta fresca.
“Non ci devo
mica fare un mojito, sai?!”
Giulia non
aveva mezze misure nel parlare. Bravissima ai fornelli, terribile nelle
conversazioni. Era una ragazza molto appariscente. Alta e formosa, coi capelli
lunghi sempre ordinati. Tacco alto, gonna stretta. Occhio truccato e sguardo
letale. Scriveva per “Sapori Emiliani” una rivista gastronomica online.
Gianni
invece era un tipico ragazzo sulla quarantina, belloccio ed educato.
Ricciolo corto sale e pepe, pelle abbronzata. Vestiti semplici tendenti all’hippie. Un misto di new age e salsa e merengue. Lei sbraitava per la macchia. Lui rideva nel vederla gesticolare impazzita. Poi, non si sa bene come, erano finiti a letto assieme nell’albergo situato a poche centinaia di metri, quello dove Giulia aveva prenotato una stanza per quell’intero week end di incontri e discussioni su farine, centrifugati e semi oleosi.
Ricciolo corto sale e pepe, pelle abbronzata. Vestiti semplici tendenti all’hippie. Un misto di new age e salsa e merengue. Lei sbraitava per la macchia. Lui rideva nel vederla gesticolare impazzita. Poi, non si sa bene come, erano finiti a letto assieme nell’albergo situato a poche centinaia di metri, quello dove Giulia aveva prenotato una stanza per quell’intero week end di incontri e discussioni su farine, centrifugati e semi oleosi.
“Ma davvero
tu sei uno di quelli che vive di yoga?” aveva chiesto Giulia curiosa.
Ma lui aveva
fatto il misterioso rispondendo con un semplice chissà.
Spallucce di
lei, doccia di lui. Fine dell’appuntamento.
Il giorno
seguente, alla convention, il tema era una particolare specie di zucca gialla
con la quale era davvero azzeccato realizzare prelibati stuzzichini alla
curcuma. Giulia era stata ben contenta di non ritrovarsi davanti all’ennesima
lasagna vegana, e si era appuntata con più interesse qualche nuova ricetta. Al
termine, un altro enorme buffet in compagnia di Gianni.
“Oggi spero
di non sporcarmi” aveva ritentato un approccio Giulia, che non sembrava essere interessata
solo alle tartine di sesamo. Eppure era riuscita a farlo di nuovo. Questa volta
una terribile macchia giallo ocra.
“La
maledizione della curcuma!” aveva risposto Gianni all’ennesima sbadataggine
della bella emiliana. E
poi due foglie di salvia, un peperoncino dell’Honduras e il copione aveva preso
la stessa piega del giorno precedente.
“Come mai
anche tu alla convention?” aveva chiesto Giulia.
“Ti sembrerà
assurdo, vista la mia filosofia sul cibo light” aveva risposto Gianni “ma in
realtà seguo la tua rivista da anni. Mi piace molto come scrivi.”
Giulia,
inebriata dal complimento, era diventata rossa, dopo di che si era fatta
spogliare ancora una volta. Sorriso di lei, bacio di lui. Fine del secondo
appuntamento.
Il terzo e
ultimo giorno, ai due già non importava più né di consigliare rimedi sciamanici per smacchiare
camicette, né tanto meno di imparare a memoria le proprietà nutritive di una
rarissima radice peruviana che, se mescolata a erba cipollina e alloro, poteva
sprigionare una fragranza di impareggiabile meraviglia. Così entrambi erano
riusciti a sgattaiolare via dalla convention poco prima del consueto buffet.
Giulia aveva proposto a Gianni di pranzare assieme in centro, e lui aveva
accettato entusiasta.
“Conosco
un’osteria che fa i migliori tortellini della zona!” e via si era lanciata in un’ode spassionata
all’amato ombelico di venere. Gianni l’aveva ascoltata curioso, anche se aveva
l’aria di farlo solo per gentilezza più che per vero interesse, avendo lui
tutt’altra opinione a riguardo. Avevano poi iniziato a guardare il menu e
scambiarsi qualche parere sulle pietanze.
“Qui i
tortellini in brodo sono sublimi!”
Ma lui
sembrava ancora indeciso.
“So che
fuori fa caldo” aveva tentato di convincerlo Giulia “ma ne varrà la pena!”
Gianni però
non si era ancora convinto.
Aveva invece
iniziato a guardare i secondi piatti: spezzatini, grigliate miste e tagliate
con rucola e grana. Ma nulla ancora sembrava soddisfarlo. Giulia non
voleva sembrare insistente, ma ci teneva proprio tanto a far assaggiare a
Gianni il suo piatto preferito. In fondo, a lui che veniva da Milano, quando
poteva ricapitare un’occasione tanto ghiotta?
“Vuoi che
facciamo a metà?” aveva fatto un ultimo tentativo Giulia.
“Credo che
prenderò un’insalata.”
Il cuore
della ragazza aveva avuto un sussulto.
“Come
sarebbe a dire che prendi un’insalata?” aveva chiesto un po’ scocciata “Con
tutto il ben di Dio che fanno qui!”
Si era
fermata per non sembrare troppo scortese. Magari era intollerante al glutine o
vittima di una terribile allergia ai latticini. Ma proprio non riusciva a
capire perché non voleva ordinare quei favolosi tortellini.
“Te l’ho
detto che mi piacciono le verdure.”
“Sì, ho
capito, ma se è per la linea” Giulia non si voleva dare per vinta “con un paio
di saluti al sole sei di nuovo in forma.”
“È una
questione cromatica.” aveva risposto un po’ criptico Gianni.
A quelle
parole, Giulia aveva reagito uscendo di fretta dal ristorante. Di stupidaggini
ne aveva già sentite abbastanza, tanto valeva non proseguire oltre.
“Non mangio
cibi gialli!” aveva poi urlato lui seguendola fuori dal locale, “lascia almeno
che ti spieghi.”
Giulia si
era fermata più per disperazione che per altro.
“Che
significa che non mangi cibi gialli?”
“Il giallo è
un colore di allerta, non lo sapevi?”
Giulia non
poteva credere alle proprie orecchie.
Lui poi si
era fatto serio e l’aveva invitata a seguirlo passeggiando.
“Il giallo,
in natura, indica pericolo.” aveva iniziato a spiegare, “è usato da molti
animali per avvertire
gli altri della tossicità, ad esempio, del proprio pungiglione.”
Giulia ora
era certa di aver incontrato l’ennesimo pazzo fissato con complotti e cibo bio.
“Se ci
pensi, anche il giallo del semaforo...”
O forse era
pazzo e basta.
“Quindi
vorresti dirmi che, ad esempio, il tortellino che volevo mangiarmi poco fa,
voleva in realtà mettermi in guardia?”
“Così come
la curcuma e lo zafferano dei giorni scorsi.”
“Ma fammi il
piacere!”
Ma Gianni
non scherzava affatto.
“E quindi il
fatto di esserci incontrati a causa di due innocenti macchie gialle sulla mia
camicia,
doveva farmi
capire subito che sarebbe andata a finire male?”
“Il giallo
avvisa sempre del pericolo.”
Giulia si
era ormai rassegnata.
“Forse hai
ragione” aveva concluso anche un po’ dispiaciuta, “non avrebbe mai potuto funzionare con un salutista come te…”
“Con un
salutista forse no” si era avvicinato a lei sorridente, “con un assassino,
chissà.”
Colpo di
lui, sangue di lei. Fine del terzo appuntamento.