di Angelo Gaccione
Magritte con la sua inseparabile bombetta |
Tra i creatori di immagini pittoriche e grafiche
che sono diventate delle icone del nostro tempo, Magritte, al pari di Leonardo
e di Picasso, ha un posto di rilievo. Se vi capita di vedere l’immagine di un
uomo in bombetta con una pipa, una colomba, o una mela sulla faccia,
immediatamente riconoscete il suo autore. E così accadrà se vi trovate davanti
a due figure il cui volto è nascosto da un velo mentre si baciano, o ad una “pioggia”
di omini rigorosamente in soprabito e bombetta, sospesi su un cielo azzurro e
sui tetti e le facciate di un edificio. Sono talmente tante queste immagini, e
così diffuse, che hanno finito per esserci familiari. Ora, immaginatevi queste,
ed altre ancora, che compongono la sua pittura: le lune del dipinto I misteri dell’orizzonte, le nuvole e la
roccia de Il castello dei Pirenei, le
sfere de La voce dei venti, la piuma che
sorregge la Torre di Pisa di Souvenir de
voyage, le fiamme che avvolgono i tromboni di The discovery of fire, ecc, scomposte, isolate, e poi mescolate a
caso, fuse insieme, e proiettate in movimento sia in orizzontale che in
verticale sulle pareti gigantesche di un enorme salone, allargarsi sull’intera
superficie del pavimento, sul soffitto, sui corpi dei visitatori in piedi o
seduti, sulle loro stesse facce dove si frantumano in schegge, mentre la musica
che guida il tutto dà ritmo al fluire delle immagini. Il computer non solo ha
scomposto e ingigantito oltre misura i singoli elementi presenti nei lavori di
Magritte, ma è in grado di farli muovere, di conferir loro un’effimera vita
concreta. E così le fiamme che avvolgono la poltrona o il trombone, scoppiettano
e vibrano realmente; gli ombrelli e le pipe si moltiplicano e volano nel cielo;
le nuvole, i cappelli, le mele, camminano; i gabbiani planano; la porta che era
lì statica sulla tela si apre davvero; la palla del sole sorge e sale; la
Primavera botticelliana de Il bouquet
si stacca dalla figura dell’uomo in bombetta alle cui spalle era stata fissata
dall’artista, e si incammina per il mondo...
E. Magritte "Golconda" |
Ci troviamo di fronte ad una
sorta di pittura di animazione, (dalla staticità del quadro al movimento
cinetico), in cui ogni elemento, ogni oggetto, prende vita, si stacca dal suo
contesto immobile dentro cui era stato fissato per altre possibili avventure.
Se nella pittura dell’artista
belga la mescolanza di elementi apparentemente dissonanti, ibridi, produce allo
spettatore un senso di spaesamento, di stupore vagamente surreale e metafisico,
in questa performance tecnologica multimediale allestita alla Fabbrica del Vapore,
l’effetto è quello di essere stato in un sogno fiabesco, un sogno poetico
vissuto però ad occhi aperti. Sono sicuro che questo allestimento così inedito,
sarebbe piaciuto a Magritte. Vedere i soggetti dei suoi quadri, le sue
fascinose atmosfere, acquisire un nuovo incantesimo, lo avrebbe deliziato. Proprio
come aveva scritto egli stesso della sua pittura: “Per me l’arte consiste nel dipingere l’incantesimo e il piacere”.
Si è tanto parlato della pittura
di René Magritte, senza tener conto fino in fondo di questi due postulati: l’incantesimo e il piacere. Sappiamo, com’è fin troppo ovvio, che molti altri
elementi si sedimentano, a volte in maniera inconscia, nelle opere di un
artista, e rimangono oscuri. Figuriamoci per un percorso come quello di Magritte.
Tuttavia, senza scomodare Freud, la psicanalisi e l’esplorazione dell’inconscio,
ci andrei molto cauto con un’ermeneutica sbrigliata e troppo “creativa”, e mi
atterrei a ciò che l’artista ha detto o scritto nelle più varie occasioni; sono
sicuro che le sue brevi, semplici, disincantate annotazioni, ci dicano della
sua avventura artistica e del suo lavoro, più di quanto le nostre lambiccate
analisi possano rivelarci. Riportiamone alcune. “Nella mia pittura non vi è mistero da spiegare”. “Ai miei occhi i miei quadri sono validi se gli oggetti che
rappresentano resistono a interpretazioni
per simboli o ad altre spiegazioni”. “Il mio modo di dipingere è assolutamente banale, accademico. Ciò che è
importante, nella mia pittura, è ciò che mostra”. “Un’immagine dipinta non rappresenta idee o sentimenti, ma idee o
sentimenti possono rappresentare un’immagine dipinta”. “Tutto tende a far pensare che vi sia una
piccola relazione tra un oggetto e ciò che lo rappresenta”. “Solo un quadro capace di resistere a
qualsiasi spiegazione è un quadro riuscito”.
R. Magritte "Il bouquet pronto" |
Dopo queste frasi forse opere
enigmatiche come La vacanza di Hegel
col bicchiere in bilico sulla sommità di un ombrello aperto che sfida la legge
di gravità e l’esperienza fisica, concreta, di ciascuno di noi; Il maestro di scuola di spalle nella
notte con la falce di luna posta perpendicolare sulla bombetta, altro non sono che
gli elementi concreti di quell’incantesimo
e di quel piacere, mescolati perché l’artista
stesso ne provi gioia e stupore insieme. “Era opportuno che la scelta degli oggetti introdotti per disorientare
fosse portata su oggetti molto familiari allo scopo di dare allo spaesamento il
suo massimo d’efficacia”, scrive Magritte. Ed è proprio la collocazione di
questi oggetti così comuni inseriti in un contesto improprio, a generare la
sorpresa, ad incantarci, prima e al di qua di qualunque analisi intellettuale,
di qualsiasi interpretazione razionale che avrebbero solo l’effetto di rompere
quell’incanto, quel godimento magico cui l’artista ci invita.
Ora davvero l’iscrizione che Magritte
ha voluto apporre sotto la sua famosa celeberrima pipa dipinta nel 1929: “Ceci
n’est pas une pipe” (Il tradimento delle
immagini), diventa rivelatrice, e il quadro ci si presenta per quello che
realmente è: un gioco, un ludico gioioso scherzo dada-surrealista. Ma
lapalissiano nella sua implacabile logica: non può essere una pipa perché non
ha nulla di reale, di concreto, ed infatti non si può prendere fra le mani e
tanto meno accenderla e fumare. È una semplice idea, un’astrazione, ma come
tutte le idee, spesso si fanno più corporee dei corpi stessi.
In Side Magritte è il
titolo della mostra, (chissà poi perché in inglese, Dentro Magritte, sarebbe stato altrettanto efficace), e si è aperta
il 9 ottobre scorso. Sarà possibile visitarla fino al 10 febbraio 2019 presso
quel magnifico contenitore che è ora divenuto la Fabbrica del Vapore, in via
Giulio Cesare Procaccini n. 4 a Milano
Curatrice scientifica Julie
Waseige
Promossa dal Comune di Milano
Ideata da Crossmedia Group –
Hepco
Assieme a 24Ore Cultura
Regia: The Fake Factory
Info e Prenotazioni: 02-54913
www.ticket24ore.it