di Angelo Gaccione
Max Hamlet Sauvage "Il pensatore errante" 2018 |
Pare che non vi sia nessuno in giro per il globo,
dove la rete Internet sia arrivata, che non abbia un “Sito web” o un “blog”
personale. Mi è stato chiesto perché non ne abbia uno personale anch’io. È
presto detto: mi piacciono le imprese collettive in cui le intelligenze di
uomini e donne cooperano, si fondono, si confrontano, stimolano altre idee,
altre soluzioni, altre possibilità. Se ci pensate, tutto il sapere e le
conoscenze umane sono nati dai continui apporti che nel corso della storia,
quelli che sono venuti dopo, hanno saputo aggiungere, e così avverrà sempre. Lo
spunto di una frase ne fa germinare altre cento; un pensiero ne genera altri,
un grappolo di note musicali può a sua volta produrre infinite varianze, e così
via. Noi ci nutriamo di intelligenze, più ce ne sono intorno a noi, più la
nostra si accende, più contribuisce a dilatarla. Il pensatore anarchico russo
Michail Bakunin, amava le cattedrali medievali perché in esse e nella loro
realizzazione, ritrovava l’incarnazione dello spirito comunitario degli uomini.
Il lavoro di migliaia di individui, solidale, corale, collettivo, per innalzare
un’opera perfetta, solida, duratura, in cui si fondevano sapienza tecnica,
armonia, visione, scienza, arte, ecc. Non c’è nulla di più entusiasmante della
creazione di un’opera musicale, di una messa in scena teatrale, della
costruzione di un palazzo (tutte attività collettive), della realizzazione di
un giornale o di una rivista in cui il lavoro collegiale traccia le linee e
definisce i contorni di ciò che il prodotto finito diventerà. Una fabbrica
contemporanea non potrà mai eguagliare il fascino di una bottega artigiana
medievale o quella di un maestro di pittura rinascimentale. L’individualismo
del lavoro ha prodotto l’individualismo sociale: un vero e proprio tumore.
Poter realizzare un libro assieme, controllandolo lungo tutte le sue varie
fasi, è ciò che mi fa ancora preferire i piccoli editori, ai grandi mostruosi
apparati dell’industria libraria dei nostri giorni. Non ho dunque voluto un
sito o un blog personale, ma ho aperto un giornale in Rete, perché migliaia di
riflessioni trovassero un luogo collettivo e pubblico per mettersi a confronto;
perché il dibattito fosse a più voci, corale, stimolante, acceso; perché la
critica a ciò che ci disumanizza potesse essere quanto più ampia possibile;
perché le ragioni collettive prevalessero sul mero narcisismo individuale. Sono
stato sempre convinto che gli uomini si salvano insieme o insieme periscono;
come le società. Ritrovare questa dimensione collettiva è per noi oggi
fondamentale: per definire l’ossatura di una civiltà solidale e non
competitiva, e per indicare la sostanza concreta di una diversa moralità.
Ovviamente non dimentico di essere anche un creatore di storie e, a mio modo,
un elaboratore di concetti: facoltà che implicano un lavoro personale fatto di
studio, concentrazione, silenzio, solitudine. Tutto vero. Ma non dimentico
neppure che immaginazione e pensiero non esisterebbero fuori da una dimensione
comune, collettiva, sociale;
che senza questa dimensione, quelle facoltà non ne sarebbero stimolate.
[Milano, 5 luglio 2015]