di Franco Astengo
La Commissione Affari
Costituzionali della Camera sta lavorando attorno alla proposta di Referendum
propositivo avanzata dal M5S e, a latere, si stanno susseguendo chiose
commenti, prese di posizione ispirati sicuramente da un notevole livello di
conoscenza e di capacità culturale.
Si
discute di democrazia diretta. In realtà il punto in discussione non può essere
quello della democrazia diretta ma quello della partecipazione popolare
all’iter legislativo, così come questo fu affrontato nell’Assemblea
Costituente. L’Assemblea Costituente determinò attraverso l’articolo 75 le
condizioni di svolgimento per il referendum abrogativo e attraverso il secondo
comma dell’articolo 71 la possibilità di iniziativa di legge popolare. Si era
così affermato un sistema misto tra Parlamento e capacità di proposta popolare
affermando il ruolo centrale del Parlamento nella potestà legislativa
(sottoponibile appunto soltanto per un certo numero di materie a processo di abrogazione
attraverso referendum).
Fuori
dalla discussione tecnica è necessario però far rilevare come ci troviamo in
una fase nella quale il Parlamento è stato ed è sottoposto a un duplice
attacco: da parte dei Governi (ormai da lungo tempo) attraverso l’uso smodato
della decretazione d’urgenza che ha svilito fortemente la funzione legislativa
lasciando alle Camere soltanto quella ratificatrice; e da parte delle forze
politiche che spostato il loro asse di riferimento al tema della governabilità
sopravanzante quello della rappresentanza politica, hanno varato leggi
elettorali tutte tendenti alla formazione di “minoranze” governanti fuori
controllo e alla nomina dei parlamentari senza possibilità di intervento nella
scelta soggettiva da parte di elettrici ed elettori.
Leggi
elettorali che, è sempre bene ricordarlo, sono state smontate del tutto o
parzialmente, dalla Corte Costituzionale. All’interno di questo quadro si
verifica, quindi, il tentativo di passaggio a quella che è stata definita “democrazia
diretta” e che altro non è che il prolungamento fino al voto, da parte del
corpo elettorale, della possibilità di avanzare proposte di legge di iniziativa
popolare.
Il
tema del ruolo del Parlamento salta fuori con grande evidenza proprio nella
discussione riguardante la possibilità che il referendum propositivo si svolga
egualmente anche in presenza di modifiche da parte delle Camere del testo
presentato dalla proposta popolare.
Se,
verificate le modifiche apportate dalla Camere il referendum propositivo si
tenesse egualmente risalterebbe il “vulnus” inferto al lavoro parlamentare e si
proporrebbe l’apertura di un canale legislativo alternativo e autonomo
stravolgendo l’impianto costituzionale “misto” cui si è già accennato e
inferendo un duro colpo al Parlamento stesso. La domanda di fondo che ci si
deve porre allora riguarda dunque ruolo e funzioni del Parlamento. Domanda che
si colloca ben oltre, in prospettiva, la discussione in corso e riguarda
l’intero assetto della funzione legislativa e di governo. Ruolo e funzioni del
Parlamento che sono state tra l’altro confermate dal referendum del dicembre
2016. È bene non dimenticare
quel risultato: l’esito del referendum del 2016 ha confermato l’articolazione
bicamerale e la responsabilità di entrambe le Camera del voto di fiducia e
indicando ancora di conseguenza le Camere come luogo deputato alla produzione
legislativa nell’ambito di quell’intreccio con l’iniziativa popolare come
disegnato dalla stessa Costituzione Repubblicana di cui si è già accennato
anche in questo testo. A questo punto non rimane che rilevare come, anche
attraverso la proposta di referendum propositivo, si stia procedendo spediti
sulla strada della “partitocrazia qualunquista”.
L’obiettivo
comune delle forze che sostengono questo governo è quello del ridimensionamento
e in prospettiva dell’eliminazione del Parlamento considerato come di un
ingombro tra il dialogo diretto tra il “Potere” con la P maiuscola (e il M5S ha
dimostrato di esserne affamato, dalla RAI, al Consiglio Superiore di Sanità,
solo per fare degli esempi) e il Popolo.
Dialogo
diretto che i 5 stelle pensano doversi realizzarsi preferibilmente attraverso
il web, con elezioni e referendum improntati alla logica plebiscitaria mentre
per la Lega, probabilmente, appare più adatta l’elaborazione di un’impronta
autoritaria modellata sul classico stilema del “Führerprinzip”.
Al
di là delle osservazioni, giustamente dotte, dei costituzionalisti e del
dibattito in corso nella commissione affari costituzionali della Camera, la
questione del referendum propositivo deve essere vista in questo quadro di
pericoloso superamento complessivo delle garanzie costituzionali fornite da una
forma di governo parlamentare. Emergono tutte le ragioni per lanciare, ancora
una volta, l’allarme democratico come già capitato in tante altre occasioni
nelle quali una mancata o una blanda reazione ha portato a questo progressivo
immiserimento della vita politica e al restringimento effettivo dei margini
possibili di pratica democratica.