di Fulvio Papi
Consigli al presidente del Consiglio.
Il presidente Conte |
Il signor presidente del consiglio nel primo
periodo della sua carica, mi faceva venire in mente il “cavaliere inesistente”
di Calvino. Nel non esistere c’è dell’innocenza. In seguito, con le sue prime
comparse televisive, mi ricordava un personaggio dello splendido Gadda, il
professore ordinario di diritto civile coltivatore di melanzane a Barlassina.
C’era una certa prassi. Ora il presidente parla di più, ed è quindi costretto a
un “io”. La grammatica è potente non è menzogna. Infatti basta un poco di
sapere psicanalitico post-freudiano per sapere che in ogni “io” è presente in
realtà un “egli”. Il soggetto diventa un luogo comune. Se poi fosse necessaria
una spiegazione più semplice farei ricorso alla storia della filosofia, e a
Nietzsche in particolare, per il quale ogni soggetto è una maschera cui si deve
una certa coerenza. E qui possono cominciare i guai. Per quanto posso conoscere
- televisivamente - il presidente, mi pare che farà fatica a mantenere la
stessa maschera e questo fatto gli creerà delle difficolta da mantenere
invisibili. Non parliamo dell’ “io” e dell’ “egli”, perché qui il suo destino
non è diverso da quello di tutti gli altri. Ma la maschera richiede una fedeltà
alla propria identità che presenta due soluzioni opposte. O l’ “io” ha suoi
processi di sublimazione, e allora farà qualcosa di buono. O precipita nella
chiacchiera e diventa un tanghero nonostante si adorni di “orthotes” (che in
greco attico vuol dire “dirittura”, “verità di fatto”). Se pure da lontano, mi
pare che il presidente debba interrogarsi su queste alternative, che però sono
molto difficili per un avvocato. Del resto porsi domande è sempre pericoloso,
come sapeva Thomas Mann. Ma per un politico sarebbe una gloria che, sebbene un
po’ sfiduciato, vorrei augurargli.