PER UNA "CRITICA ALLE RAGIONI DEL VIVERE"
di
Franco Astengo
Agnes Heller |
Nella
sua radicalità l'opera di Agnes Heller si colloca sicuramente al di là della
stessa esperienza del marxismo e va considerata e proiettata in un orizzonte di
più ampi di temi e suggestioni già presenti nella riflessione di alcuni
pensatori centrali del '900.
La
Heller infatti ha rimesso in discussione il problema della funzione della
filosofia e del compito del filosofo nella modernità. È risultata fondamentale
l'idea che il bisogno insopprimibile di filosofia rappresentasse il solo punto
di connessione possibile con la
soddisfazione di ogni altro bisogno.
Riecheggiando
Bloch la Heller identificava lo spirito della filosofia con lo spirito
dell'utopia costruendo proprio quella che mi sono permesso di definire
"critica alle ragioni del vivere".
Una
critica che parte dall'analisi di Bloch e Luckas in relazione al rapporto tra
utopia e marxismo considerato come il punto più alto nella ricerca delle ragioni
umane per arrivare, attraverso Heller, al nodo centrale della dimensione
utopica del pensiero. Ci siamo trovati così davanti al nodo centrale per
descrivere una "utopia concreta e razionale".
A
fianco dell’attenzione alla dimensione della storicità umana, il pensiero etico
di Heller risuona di un ideale di filosofia il cui destinatario è l’«uomo che
cerca la verità» e «il filosofo la sua comunità».
Si
configurava così una ‘discussione filosofica’ nella quale ognuno apprezzava
nell’altro un rappresentante dell’umanità e diventava concreto il tentativo di
«dare delle norme al mondo» ma anche di «dare alla norma un mondo» perché
secondo Heller «esistono bisogni radicali oggi
non esplicitabili
senza filosofia" Tutto questo significava porsi in ascolto di un invito
che è rivolto a ogni essere umano: «Venite, vogliamo pensare insieme, vogliamo
cercare insieme la verità».
Il
tentativo è stato quello di tematizzare un’antropologia in grado di indagare
non l’ideale del genere, ma la natura
sociale dell’uomo per allestire una nuova antropologia da contrapporre a quella
di Hobbes.
La
‘comunità’ alla quale si rivolgeva Heller incarnava un ideale di discussione filosofica il cui modello non era quello del consenso totale
né quello che rendeva impossibile la contrapposizione tra valori veri. E là
dove ripete: «Non voglio che ci sia solo un’interpretazione di Amleto “vera”,
oppure che ci sia solo una forma di vita “buona”», appare come formulatrice dei
“valori guida” a cui richiamarsi: quelli della libertà, della comunità e della
personalità.
In
questo modo si è guidati verso i valori del ‘Vero’, del ‘Bene’ e del ‘Bello’ all'interno
di un percorso nel quale non basta la ricerca della «situazione linguistica
ideale» di Habermas.
La
ricerca del "Vero" occorre che si attui in una società già fondata su
rapporti simmetrici in quanto in società dove valgono rapporti di
subordinazione e di dominio la razionalità non viene mai pensata rispetto al
valore, ma rispetto al fine e in esse il sapere specialistico ha sempre il peso
decisivo.
Il
richiamo ai “valori guida” della prassi è ricondotto allo stesso Kant che ha
messo in guardia dal guardare «con occhi di talpa fissi nell’esperienza» nell'ambito
della morale: riducendo il ‘Vero’ ai giudizi di fatto,
spezzettando i linguaggi e i discorsi, considerando i fatti come indipendenti
dai valori - secondo la modalità di procedere delle scienze della natura - la
filosofia contemporanea si è trovata schiacciata da una ideologia che ci propone l’«utopia negativa» di un’umanità atomizzata e
estraniata, dominata dalla «quantificabilità» ed eterodiretta da «specialisti».
Nel
richiamo forte alla «verità dei valori» che la Heller ha compiuto si colloca la
distanza da quella filosofia che ha fatto della scienza un ‘mito’ e si apre un
percorso di ricerca per un ideale filosofico che riesca a farsi carico di una
"filosofia della vita": appunto per una "critica delle ragioni
del vivere".