di Gabriele Scaramuzza
Andrea
Baboni (www.andreababoni.it) - con cui condivido da decenni il soggiorno estivo
a Bonassola, nonché interessi culturali anche per me (che pur mi muovo in ambiti
diversi) ricchi di suggestioni - mi ha fatto gentilmente omaggio del suo ultimo
lavoro nell’ambito di cui è riconosciuto specialista: la pittura italiana
dell’Ottocento. Per inquadrarne meglio la figura, ricordo quanto meno le sue
ampie ricerche (sfociate in impegnative pubblicazioni) dedicate ai Macchiaioli
e segnatamente a Fattori, ma anche a Fragiacomo; sul libro dedicato a
quest’ultimo è apparsa una mia recensione (sempre su “Odissea”, nel 2016).
Non
è tanto, né solo, doveroso per me segnalare questo suo ultimo lavoro; è
soprattutto stimolante e - perché no? - piacevole. Il libro è una sorta di
catalogo ragionato di una “collezione lombarda” non meglio identificata, e
tuttavia di tutto rispetto, degna di esser conosciuta per chiunque ami la
pittura tout-court, oltre alla pittura italiana dell’Ottocento. Vi troviamo splendide
riproduzioni a colori, in grande formato: emblema e vertice ne è I marmi a Carrara Marina di Vincenzo
Cabianca (capolavoro “macchiaiolo” datato 1861), non a caso presente anche in
copertina; ma altri dipinti non sono da meno. Alle pagine dedicate alle
“Tavole” segue poi il “Catalogo delle Opere” (l’ordine è dato dalla data di
nascita dei loro autori), accompagnato da puntuali schede tecniche. Completano
il testo i profili dei pittori (succinti, ma a loro modo esaurienti, oltre che
vivi): le “Biografie degli artisti”, poste nell’ordine delle loro date di
nascita. Infine non manca un’accurata e pertinente “Bibliografia”, che
completa, in modo esauriente, i testi citati sinteticamente nelle schede dal
1867 e 2017. Conclude il tutto l’“Indice degli Artisti”.
S’impone
a questo punto uno sguardo all’introduzione del curatore, Andrea Baboni: una
presentazione compiuta, che prende per mano e guida nell’itinerario il lettore
attraverso il testo; e su cui ovviamente cade per prima cosa l’occhio del
fruitore (tanto più se dilettante, come nel mio caso). A pag. 8 sono indicati i
criteri della composizione del libro.
Il
titolo già di per sé è significativo, enigmatico quel tanto che basta a conferire
una deliziosa pennellata di giallo al libro, che non può che stimolare il
lettore, indurlo a scorrere le pagine verso una soluzione finale che, con
rammarico, non troverà.
Il
titolo dell’introduzione dunque: La
pregevole raccolta di un collezionista illuminato; più consono al contesto
sarebbe stato però dire: innominato. In
tutto il libro si evita accuratamente di fare il nome del collezionista; che è
lombardo si evince già dal titolo di copertina, che abita a est di Milano l’ho
carpito da qualche cauto cenno di Andrea Baboni. Spingersi oltre nelle
precisazioni non è concesso. Il caso è raro, e invita a ulteriori indagini….
L’introduzione
dunque: compiuta nel suo genere. Un invito alla lettura, a soffermarsi sulle
immagini, certo; ma soprattutto ahimè alla visione in prima persona delle opere:
“ahimè”, dato che proprio questo è inibito: col nome, anche il luogo della
collezione resta segreto. La presentazione dei singoli artisti è già
un’interpretazione e, insieme ad essa, lo è l’ordine in cui vengono presi in
considerazione (in riferimento, ovvio, alle loro opere riprodotte nel testo): già
da solo è indice dei gusti, della visione della pittura italiana ottocentesca
che anima l’autore. Il quale peraltro (da autentico esperto) è stato di stimolo
e non poco aiuto al collezionista, mettendogli a disposizione le proprie
competenze nella scelta delle opere da acquistare. Possiamo anzi dire che il
nostro giallo è - sia pure solo in modo desolatamente parziale - risolto: la
collezione così com’è, e dovunque sia, è frutto del contributo dell’ignoto
collezionista, ma anche dei consigli, determinanti, del noto autore del nostro
libro.
Tra
i pittori considerati nell’introduzione, dunque, Fattori (oggetto, ça va sans dire, di gran parte degli
studi di Baboni) non a caso viene primo; seguono Lega, Signorini, Banti,
Cabianca, Tedesco, Borrani, Abbati, Sernesi, Gelati, Cecconi, Panerai, Gioli,
Simi, Tommasi, Ricci, Lessi, Morbelli, De Nittis, Boldini, Zandomeneghi, Nono,
Barbison, Canella, Migliara, Bossoli, Beccaria, Gigante, Palizzi. L’ordine non
è certo gerarchico: si mescolano poche righe dedicate a minori e spazi più ampi
dedicati a grandi nomi. Credo (ma è solo una mia ipotesi personale) che
l’ordine della citazione sia piuttosto dettato dalla logica del susseguirsi
delle opere nel catalogo, e dall’itinerario suggerito da Andrea Baboni nella
visione di esse; oltre che dalla logica interna del suo discorso.
D’altronde
questo stesso discorso esplicita momenti chiave di una visione della pittura e,
in essa, se è lecito dirlo, di un’intera visione del mondo. Di questo è già
indice il ricorrere di taluni termini, tra cui particolarmente “il vero” mi
sembra sintomatico.
Concludo
facendo mie le parole finali dell’introduzione di Andrea Baboni: “Questa
collezione deve la sua importanza nel documentare momenti tra i più
rappresentativi della pittura italiana del XIX secolo con opere di assoluto
rilievo. Ci si augura quindi che non vada dispersa visto l’alto valore che
ricopre, non solo storico e commerciale, ma anche affettivo”.
Andrea Baboni
L’Ottocento
italiano
in una
importante collezione lombarda
con
la collaborazione di Francesca Baboni,
Daniela
Prati, Matteo Ziveri,
Edizioni
Tip.Le.Co, 2018,
Pagg.
127; e.f.c.