Graduation 2019.
Venerdì sera, una sera di giugno in Oregon. Dopo
la pioggia, fa fresco e tira vento. Siamo invitati alla cerimonia organizzata
da Stayton High School (SHS) per la consegna del diploma “2019” agli allievi
dell’ultimo anno. Ci siamo messi l’unico vestito buono che abbiamo portato in
valigia. Nonna Maria ha scartato la veste scollata a fiori bianchi su tessuto
nero per ripiegare su un coordinato pantaloni e camicetta. Ci affrettiamo verso
la hall dell’Auditorium di Salem, la capitale dell’Oregon. L’enorme sala è
quasi piena di parenti e amici degli oltre 160 diplomandi. Gente di provincia,
fattori, coltivatori, personaggi dai ventri prominenti con le guance rosse e le
teste pelate, accompagnate da signore con grandi occhi e labbra carnose che
trascinano bimbetti chiassosi. “My gosh, quanta gente!”
A sinistra del
palco, dove siedono le autorità di SHS col Principal, c’è la banda degli
studenti, formata soprattutto da strumenti a fiato, che prova marcette. Nella
hall gli studenti a coppie formano una lunga serpentina. Tutti indossano la
toga e il tocco blu, predisposto dalla scuola, ma sotto s’intravedono t-shirts
e blue jeans e alcuni calzano delle crocs colorate. Un contrasto che esalta la
differenza tra la richiesta di formalità della scuola e l’atteggiamento
dissacrante o forse solamente disinvolto dei giovani cow-boy.
Alle 7:00 pm la
banda intona una marcetta, che si ripete come un carillon, gli studenti
attraversano la platea per raggiungere e riempire i posti a loro riservati: avanzano
una coppia dopo l’altra, intervallate quel tanto che basta a farli riconoscere
dai propri fans. Ora è il turno di Ilaria e della sua compagna Iben che
oltrepassano la porta laterale e sfilano mentre noi, su in galleria, urliamo
“Ila, Ila” applaudendo. Gli studenti formano un grande rettangolo blu disegnato
sotto il palco, i professori si alzano in piedi e la banda intona, solenne
anche se non perfetta, l’inno americano “The Star-Spangled Banner”.
Nella sala
affollata tutti si alzano portando la mano al cuore, gli occhi fissi alla
bandiera che sventola grande sul palco, muovendo le labbra in sincrono con la
musica. Sono attimi intensi, si percepisce la commozione dai visi lucidi e
attenti. Impensabile da noi.
Chiusa la
parentesi patriottica, inizia la cerimonia dei diplomi: i ragazzi vengono
chiamati e salgono sul palco, mentre su uno schermo si proiettano il nome e due
foto del candidato, una attuale e un’altra che lo raffigura bambino. La platea
reagisce sussultando dai vari angoli della sala dove i parenti esternano con
gli applausi e l’incitamento delle voci la loro soddisfazione.
Tocca finalmente a
lei, il suo nome scandito “Ilaria Picco” ci autorizza ad alzarci in piedi e a
vociare il nostro augurio entusiasta. L’emozione delle nostre famiglie, di papà
Andrea e della famiglia Alley è viva e palpitante. La voce squillante di Francesca,
la sorella minore, sopravanza le nostre ed esplode come un fuoco d’artificio
mentre il fratello Alberto osserva attonito. Ilaria gira leggermente la testa verso
la sala e prosegue il suo cammino, prendendo il diploma e passando tra gli
abbracci e le strette di mano dei prof.
È il suo momento,
il suggello pubblico a questa importante e bella esperienza americana. “You got
it: done!” Ce l’ha fatta!
Guardo mamma Laura
e nonna Maria, hanno gli occhi luccicanti e un sorriso indefinito.
Il Principal
ringrazia tutti e chiude la cerimonia dando il via al lancio in aria dei
berretti.
Sembra di star
dentro la scena di un film americano.
Nella hall una
sarabanda di ragazzi e splendide signorine, alte sui tacchi, solcano sorridenti
la folla con le toghe slacciate, gli occhi scintillanti e il diploma in mano,
predisponendo gli appuntamenti dei party che si protrarranno fino a mattina.
Congratulazioni
Iaria!
Vito Calabrese