di Antonio Mazzeo
Una querelle sgradevolmente violenta e per certi versi sterile quella
scoppiata in questi giorni a Messina sull’area da destinare ad ospitare il
nuovo Palazzo di giustizia. Da una parte il sindaco Cateno De Luca che
rispolvera l’idea di localizzare l’opera nell’abortito parcheggio comunale di
via La Farina e si erge a paladino della battaglia contro “lobbies e certi
poteri forti”; dall’altra la vecchia amministrazione guidata da Renato
Accorinti (portavoce l’ex assessore all’Urbanistica Sergio De Cola) che difende
a spada tratta il protocollo d’intesa sottoscritto con il Governo nel 2017 per
insediare il nuovo Palagiustizia presso
l’ospedale militare di Viale Europa, unica ipotesi credibile e
sostenibile partorita negli ultimi 25 anni dopo le mobilitazioni popolari che
impedirono la distruzione dello storico complesso scolastico
“Cannizzaro-Galatti” per far posto a un brutto palazzaccio bis collegato con un
ponte al “vecchio” Tribunale di Messina. Comune denominatore tra i due
litiganti però lo stato di totale amnesia sugli interessi criminali e mafiosi
che qualche anno fa si sarebbero aggregati e sviluppati per perorare la
realizzazione del progetto del nuovo Palazzo di giustizia proprio in via La
Farina. Di quanto sopra ne ha parlato nel corso di alcune recenti udienze
processali il costruttore Biagio Grasso, neo-collaboratore di giustizia e
personaggio chiave della nota inchiesta antimafia “Beta” sugli interessi
economici e finanziari, legali e illegali, del clan peloritano dei Romeo,
parenti stretti e soci della più nota “famiglia” dei Santapaola-Ercolano da
Catania. “Io avevo un ruolo importante a tutti gli effetti ancor di più con i
clan Romeo e Santapaola, dovuto all’amicizia e al rapporto strettissimo di
investimenti che abbiamo fatto con Enzo Romeo”, ha dichiarato Biagio Grasso nel
corso dell’udienza “Beta” del 30 novembre 2018.
“Lui mi ha messo in contatto con personaggi di calibro appunto come
Vincenzo Ercolano, persona che comunque non incontrava nessuno se non era
assolutamente garantita da uno di sangue e di famiglia. Personaggi come Roberto
Vacante che è entrato in merito a tutta una serie di rapporti che si dovevano
creare con aziende del catanese per lavori importanti che c’erano, come Tecnis,
in Piemonte e altre attività che si dovevano sviluppare sul territorio
messinese e quindi la costruzione dei parcheggi e la proposta per fare il
Palazzo di giustizia a Messina in alcune aree vicino al La Farina…”.
Ancora
più dettagliata l’esposizione del collaboratore nel corso dell’udienza dell’8
gennaio scorso, ancora una volta al processo “Beta”. “Nelle more mettiamo a
conoscenza l’ingegnere Raffaele Cucinotta del Comune di Messina di altri
progetti importanti che volevamo portare avanti in città, tra cui
l’acquisizione del terreno che c’è di fronte a Sanfilippo in Via La Farina
perché si pensava insieme all’architetto La Spina di fare un progetto che
potesse prevedere dei parcheggi e una proposta per il Palazzo di giustizia”, ha
spiegato Grasso. “Vincenzo Romeo attraverso un suo familiare di Acireale ha messo
a disposizione un terreno che si trova in Via Salandra, dietro i depositi di
Messinambiente, nell’ex fabbrica del ghiaccio, dove Cucinotta ma anche
l’architetto La Spina che in quel momento collaborava con noi stavano studiando
un progetto per fare il trasferimento della cubatura addirittura presso l’area
in Via La Farina dove pensavamo di fare la proposta per la costruzione del
Palazzo di giustizia”.
Grasso
ha ricostruito quanto accaduto nella primavera-estate 2014, quando per conto
del gruppo criminale dei Romeo avrebbe avviato una trattativa pro-Palagiustizia
con il noto imprenditore etneo Concetto Bosco, contitolare della grande società
di costruzione Tecnis e con l’architetto messinese Pasquale La Spina, già
progettista di complessi residenziali, centri commerciali, porti e porticcioli,
ecc. “Faccio un altro esempio: noi abbiamo fatto un incontro a Catania con
Bosco dove gli abbiamo proposto di entrare in società attraverso l’architetto
La Spina per l’operazione del Palazzo di giustizia e di un parcheggio
multipiano sempre in quell’area vicino Via La Farina, garantendogli che al
Comune di Messina avevamo noi la chiave per non darci nessun tipo di problema”,
ha spiegato Biagio Grasso. “E questa chiave consisteva principalmente nel
dirigente dell’Urbanistica che è quello che alla fine in questa tipologia di
programmi costruttivi ha un peso di incipit fondamentale”.
Per
i disattenti amministratori comunali, vecchi e odierni, va segnalato che
l’interesse di Grasso e dei Romeo per il nuovo Palazzo di giustizia era già
stato analizzato e stigmatizzato dagli inquirenti della Direzione Distrettuale
Antimafia nell’ordinanza di custodia cautelare “Beta” emessa nell’estate di due
anni e mezzo fa nei confronti dei presunti affiliati al gruppo criminale e dei
professionisti fiancheggiatori. “Il 25
giugno 2014, il costruttore Grasso si rendeva disponibile ad accompagnare il La
Spina in visita a Catania alla sede della società di costruzioni Tecnis Spa del
gruppo Costanzo-Bosco, successivamente sottoposta a procedimento di sequestro
dei beni e del capitale azionario perché sospettata di essere stata oggetto
d’infiltrazione da parte del clan Santapaola”, riportano i giudici. Il giorno
successivo Biagio Grasso s’incontrava con Vincenzo Romeo presso l’ufficio di
Viale Boccetta e riferiva a quest’ultimo in tono adirato che il motivo del
viaggio a Catania insieme al La Spina, indicato nell’occasione col nome
soprannome di Boccone, era da ricondurre all’interesse dello stesso architetto
di far entrare la Tecnis in “un’altra speculazione edilizia che anche gli
indagati stavano cercando di realizzare”, afferente alla realizzazione di un
centro commerciale in Via La Farina. “Vi era la sensazione da parte degli
interlocutori, quindi, che lo stesso soggetto stesse cercando di estrometterli
e di approfittare del loro rapporto privilegiato con il Comune di Messina anche
in ragione della riferita attenzione degli organi inquirenti nei loro
confronti”, scrive la Procura. “Arrivo là ieri, mi sono permesso di portare il
mio amico - racconta Grasso a Romeo - che era quello che doveva portare la
cubatura, cioè io parlo con l’Assessore per fare l’accordo con noi … giusto che
ci dice presenta la pratica perché mi dice, mi piace il progetto e sto pezzo di
fango già aveva fatto tutta l’operazione di nuovo… Bosco si è messo a
disposizione (…) gli ho detto guardi che il rapporto con l’Amministrazione è
nostro perché con questa cosa ci lavoriamo sei mesi poi la cubatura si è deciso
di non portarla più là perché si è trovata un’altra soluzione…”. Questi
inquietanti passaggi dell’Ordinanza “Beta” erano stati riportati integralmente
in un lungo articolo pubblicato su Stampalibera.it il 14 luglio 2017.
Che
Grasso & soci “occulti” manifestassero un particolare interesse per la
trasformazione urbana di una parte di via La Farina, lo ha rilevato agli
inquirenti lo stesso ex assessore Sergio De Cola. “Non conosco Biagio Grasso;
ricordo di aver incontrato una persona nel periodo in cui ero assessore con
delega al risanamento che si accompagnava a Raffaele Cucinotta, in occasione
della pubblicazione di un bando per l’acquisto alloggi da destinare ad edilizia
sociale”, ha verbalizzato De Cola in qualità di persona informata sui fatti il
28 maggio 2018. “Ricordo che forse incontrai nuovamente questo soggetto, sempre
per il tramite di Raffaele Cucinotta, poiché era interessato a presentare una
proposta di finanza di progetto del parcheggio di via La Farina”.
Oggi
tutti a scambiarsi accuse e insulti ma mai nessuno a ricordare che l’ultima
“invenzione” per la localizzazione di un’opera che si attende da quasi quattro
decadi, oltre che urbanisticamente ed economicamente insostenibile forse
potrebbe essere anche pericolosamente criminogena.