AMERICA
di
Ilaria, Vito, Adamo
Mi
manca l'aria e tra un colpo di tosse e l'altro mi alzo. Quest'anno
l'influenza mi ha giocato un brutto scherzo. Sono solo le sei di
mattina e la pioggia non smette di battere insistentemente sulla mia
finestra. Mi soffio il naso e mi provo la febbre: 38.3 ... ancora?!
Non ci avrei sperato troppo, ma in un giorno come questo sarei
proprio voluta andare a scuola. Mi riaddormento.
Riconosco
la vibrazione del telefono. Me lo porto vicino agli occhi e sobbalzo:
"Hey!" Dall'altra parte del telefono esce una voce super
eccitata. Provo a rispondere ma la mia voce non collabora, tiro
un colpo di tosse e finalmente emetto un suono grave. Terribile la
mia voce quando sono malata. "Come
mai tutto buio?"; "Mi sono appena alzata, aspetta che tiro
su le tende".
La mia faccia dice tutto, non riesco quasi a tenere gli occhi aperti,
anche se sono troppo contenta di rivederlo. Mi chiede come sto, anche
se non ci vuole troppo per capirlo. Gli rispondo tra uno starnuto e
un colpo di tosse. Parliamo
ancora per due minuti poi dice che richiamerà più tardi.
Nulla
da fare, ormai il sonno mi è completamente passato. Leggo i messaggi
sul telefono e videochiamo, in fretta, la Rebba (in Italia):
"Hei,
malata. Non ci posso credere. Riusciamo ad ammalarci insieme anche
con un oceano di distanza".
"Sarà
una giornata cadaverica, qui diluvia, sono sola in casa, con un paio
di film e qualche compito da fare per stare sul pezzo con la scuola".
Dopo
un'oretta che parliamo, salgo in cucina e trovo una busta rossa con
dei cioccolatini e delle caramelle. Con foga mi lancio ad aprire la
busta. Trovo un biglietto bianco sul retro: "I found that
outside… have a good day! Dad"
(ho trovato questo fuori … una buona giornata, dad).
Continuo a scartarla e trovo un bellissimo bigliettino: "La vita
è fatta di tante cose belle, e tu per me, sei una di queste".
Nessuna firma. Giro il bigliettino e in un angolo trovo una lettera
-R-. Sorrido e richiudo la busta.
Riapro
la chiamata con la Rebe mangiando una delle caramelline senza
zucchero che Ry aveva scelto accuratamente. Apro anche la busta che
mom ha lasciato sul tavolo della cucina; mi augura un buon e dolce
San Valentino. Non avrei mai immaginato… questa giornata è
iniziata con due bellissime sorprese.
Continuiamo
a parlare e a raccontarci un sacco di cose per le tre ore
successive... il tempo sembra volare e parlare regolarmente con gli
amici, un po' mi manca.
Spesso
penso a tutto ciò che ho lasciato e messo in pausa per quest’anno.
Non si lasciano soltanto mamma, papà e famiglia, ma anche gli amici,
le persone a cui vogliamo bene, le abitudini, la scuola (anche se
ammetto che questa non è proprio una cosa negativa), il
divertimento, la cultura...Casa...
La
nostalgia nel pronunciare questa parola un po' torna sempre… ma
allo stesso tempo ci sono mille emozioni che combattono dentro di me.
La voglia di riabbracciare le persone che ami ma anche di perdere
tutto quello che hai costruito qui, le persone che ti hanno accolto e
voluto bene sin dalla prima volta.
Questo
viaggio fuori dalla mia “comfort zone” mi ha insegnato e fatto
crescere tanto, non solo per la conoscenza della lingua, ma anche per
essere riuscita a costruirmi, da sola, in un paese lontano miglia e
miglia da casa mia, una seconda vita. Ho ancora tanto da imparare, e
probabilmente non imparerò mai abbastanza, ma sicuramente questo
grande passo sarà una delle basi del mio futuro.
Un
attimo di silenzio rimbomba nella mia testa… ora che non parlo con
lei sembra tutto così vuoto. Non riesco a finire questo pensiero che
subito Richard (dall’Olanda
dove studia)
mi salva dal buio dei miei pensieri. "Eccoti!
Buon san Valentino a te che sei la mia Valentina tutti i giorni!".
Non
smetto più di ridere, ci raccontiamo un sacco di cose, non solo
quelle più belle e stravaganti, ma anche le nostre paure e
debolezze. Ci facciamo forza a vicenda, d'altronde non è così che
funziona fra i migliori amici?!
Ci
starei le ore a parlare e a ricordare le nostre avventure, anche lui
mi manca tanto, è una delle persone che mi manca di più. La nostra
forza più grande è l'intesa; ci capiamo al volo e parliamo anche
solo con uno sguardo.
Ah!
Quanto è bello avere degli amici che ti supportano e sopportano, e
che ci sono sempre. Si dice anche che "gli amici sono la
famiglia che ti scegli" e io credo di essermeli scelti davvero
bene! ❤️
***
VISTO PER USA
Disegno di Adamo Calabrese |
Milano
splende sotto il sole caldo. Il cielo è terso. L’immagine del
palazzone grigio, è mossa dalla bandiera a stelle e strisce, che
sventola al suo fianco: Consulate General of the United States of
America.
Ilaria
entra. Appoggiato al bancone della reception, un ragazzone nero,
lucido nella sua divisa da marine, svetta in mezzo alla folla. Non ci
sono emergenze ma il tipo è lì per dissuasione, eppure emana un
alone di simpatia.
-
Hallo baby, cosa stai cercando?
Sta
parlando proprio a me. Incredibile, tra tutta questa gente, proprio
me. Ehm, mi sono distratta: “oh, ah, really … I want …”
-
Yes, baby?
Se
continua a guardarmi così non sarò capace di dire una parola, ci
provo con enorme sforzo: “oh, sì, mi serve ... un pass.”
-
Un pass, sei sicura? Forse vorresti un visto?
Certo,
sono qui per questo ma non mi veniva la parola. Che scema. “Sì,
sì. Ho bisogno di un visto per studenti“
-
Bene, stai pensando di andare negli Stati Uniti per …
-
“Certo, andrò a studiare per un anno.” - Non l’ho lasciato
finire e mi sono buttata d’impeto. Spero di non aver fatto errori
nel mio inglese scolastico, comunque va bene così.
-
Oh, buona idea. Sei già stata negli USA?
-
“Ah, ah. Sono stata a New York il mese scorso.”
-
Allora hai un visto.
-“No,
no. Viaggiavo con la mia famiglia per turismo. Ora, ho bisogno di un
visto per un anno.”
Lui
ride scopertamente e mi fa segno che ha capito. Che simpaticone.
Potrebbe anche darmi una mano e indicarmi dove andare per le
formalità.
Infatti,
allunga un braccio, indicando gli ascensori nel corridoio:
-
Vai dritto, trovi l’ascensore sulla destra, fermati al secondo
piano, la terza porta è l’ufficio Visti. Ok?
-
“Ok, thank you.“ Mi giro frettolosamente e inciampo nel primo
scalino. Lui sorride e mi fa segno “lift”. Io vado, abbacinata ma
decisa, ripetendo: Visa application, student. Lui continua a
sorridere.
Welcome
to the USA!
Vito