di Ilaria, Adamo, Vito
"Cometa" disegno di Adamo Calabrese |
Cara Ilaria,
per augurarti buon Natale ti racconto
dell’inverno di quando io ero un ragazzino e stavo in campagna per fuggire
dalla guerra. Abitavo nella casa dei nonni dove viveva mia cugina Angela, che
aveva la mia stessa età. Lei era la più bella del Paradiso terrestre, più bella
delle scimmie che volteggiavano sulla cima degli alberi, più bella dei pavoni
che facevano la ruota. Lei era mia parente di quarto o quinto grado perché i
suoi venivano da chissà dove. Invece i miei congiunti più stretti erano maestri
di scuola nei paesi circonvicini. Mia cugina era anche la più sapiente
spiegandomi che la nebbia era il fiato dell’inverno. Dalla nostra soffitta,
dove mettevamo in scena i “Paladini di Francia”, avendo come pubblico i gatti
di casa, stavamo incantati a guardare i campi e a darci di gomito appena
avvistavamo una bianca fumea che aleggiava nella lontananza. Di notte era
un’altra cosa: Stavamo seduti sul nostro lettone di foglie di granoturco senza
mai staccare lo sguardo dal finestrino, finché avvistavamo le comete che
andavano su e giù per il cielo come se avessero smarrito la meta. Dovevamo noi
gridare alle stelle mobili: “Dove vai? No di lì! Betlemme è da questa altra
parte.” Poi siamo diventati grandi. Prima mia cugina, poi io. Lei aveva smesso
il solito vestitino di cotone blu e andava in giro con sfarzose gonne a campana
che ad ogni suo passo si gonfiavano come vele di galeoni. Lei incedeva a testa
eretta, col pettine di osso di balena infilzato nella crocchia dei capelli e
con lo sguardo da fulmine inginocchiato ai suoi piedi. Nell’incontrarla, i
musicisti della banda comunale, che accompagnavano le esequie, lasciavano i
pifferi per battere le mani ed invocarla: “Plenilunio, solleone, tramontana,
burrasca di mare: rataplan, rataplan, rataplan…!” E gli spavaldi suonatori si
ficcavano nell’osteria del “Buon passo” per spegnere, con alati brindisi, il
fuoco che mia cugina aveva acceso nei loro cuori. Brindavano a vermuth! “Salve!
Salve a te! Chi è la più bella del mondo? Lei! Chi lei? Come chi? L’ho detto
prima io! No, prima io! Tu, Me!” Fino a notte quando le faine uscivano in
caccia dei poveri conigli selvatici che
rincasavano quando era già troppo buio. Poveraccio anche il defunto che
saltava fuori dalla bara e doveva andare al campo santo con le sue proprie
gambe.
Un caro saluto
Adamo