CONSIDERAZIONI INTORNO
ALLE CIFRE ASSOLUTE
di Franco Astengo
La miglior comprensione dell’esito
del voto determinatosi in occasione delle elezioni legislative generali
svoltesi il 4 marzo 2018 può essere agevolata analizzando i dati attraverso la
lettura delle cifre assolute, anziché delle percentuali che spesso sviano
(clamoroso il caso del PD in occasione delle elezioni Europee 2014)
l’orientamento dei commentatori.
È necessario
immediatamente chiarire che l’esito di questa tornata può consentire di
definire le elezioni 2018 come “elezioni critiche” (come accadde nel 1948 o nel
1976 o ancora nel 1994) tali da provocare un complessivo riallineamento dei
soggetti presenti nel nostro sistema politico. È stata usata per la prima volta
una formula elettorale “mista” tra proporzionale (2/3) e uninominale
maggioritario (1/3) sia alla Camera sia al Senato, con listino bloccato e
impossibilità di voto disgiunto (i candidati di uninominale e proporzionale
sono stati proposti all’interno della stessa scheda): formula che sarà
sicuramente oggetto di giudizio da parte della Corte Costituzionale nei
prossimi mesi.
Vale ancora
la pena di ricordare che l’elettorato si è trovato di fronte la terza formula
elettorale cambiata nel giro di un ventennio e che una quarta formula (il
cosiddetto Italikum) era stato bocciato dall’Alta Corte prima ancora che si
fosse presentata l’opportunità di provarla sul campo. Queste elezioni hanno
suffragato, se ce ne fosse ancora stato bisogno, la fine del possibile bipolarismo
centrodestra versus centrosinistra che aveva caratterizzato il primo decennio
del XXI secolo: poi era subentrato un precario “tripolarismo”. Adesso sembra
prendere consistenza la possibilità di un inedito bipolarismo con protagonisti
ancora il centrodestra e il M5S che, nato come movimento antisistema, pare
volersi misurare con l’ardua prova del governo: confortato per la verità da una
crescita esponenziale nella raccolta del consenso. Altro elemento che
contribuisce alla definizione di “elezioni critiche” riguarda la
dislocazione geografica del voto: in
questo caso il Movimento 5 stelle appare assolutamente egemone al Sud e il
centro destra, con un significativo primato della Lega al Nord. In mezzo, però
e questo è l’elemento di novità, il Centro tradizionale insediamento del PD e
del centrosinistra. In quest’occasione però il primato incontrastato del PD è
comunque incrinato dalla messe di consensi attenuto dalla Lega che in molti
collegi tra Toscana, Marche ed Emilia – Romagna ha ottenuto percentuali
oscillanti tra il 18 e il 20%.
Andando per
ordine è necessario però appuntare la nostra attenzione sul tema
dell’astensione. Fenomeno che era temuto in crescita assoluta.
In verità
nessuna delle forze politiche che si era ripromessa di intercettare la
disaffezione al voto può vantare di essere riuscita nell’intento.
Prendendo
come riferimento di questa comparazione l’esito delle elezioni del 2013
(obbedendo al dettame che vuole i confronti rigorosamente eseguiti su eventi
elettorali omogenei e quindi confrontando l’esito della tornata del 2013 alla
Camera dei Deputati con quella del 2018 per analogo ramo del Parlamento) deve
essere subito fatto notare come nel 2013 alla fine si fossero avuto 34.005.755
voti validi (Italia, esclusa la Valle d’Aosta dove si vota con una formula
elettorale diversa), nel 2018 i voti validi sono stati 32.819.888 (riferimento
candidati all’uninominale. In sostanza i voti non validi sono aumentati tra il
2013 e il 2018 di 1.185.867 unità (dato in miglioramento comunque rispetto a
quanto era avvenuto nelle Europee 2014 e nelle successive tornate
amministrative). Iscritte/i nelle liste elettorali al 2018 risultavano
46.505.499 cittadine/i; di conseguenze le espressioni di non voto o di voto
nullo (non presenza ai seggi, voto bianco e voto nullo) sono state 13.685.611,nettamente la maggioranza
relativa. Esaminiamo allora il comportamento delle coalizioni e delle singole
forze politiche.
Nel 2013 la
coalizione di centro destra formata da PDL, Lega Nord,Fratelli d’Italia e da
altre numerose formazioni (la principale delle quali risultò “La Destra” con
666.765 voti) assommò 9.923.600 voti. Nel 2018 quest’area politica ha toccato i
12.145.669 voti (dato sempre riferito ai candidati nei collegi uninominali),
con un incremento di 2.222.069 suffragi.
Una crescita
dovuta all’incremento davvero ragguardevole dovuto alla Lega (che nel frattempo
aveva abbandonato l’appendice “Nord” mutando anche strategia politica) salita
da 1.390.534 voti a 5.679.528 (più 4.288.994: un incremento che indica come la
contraddizione riguardante l’Europa e quella relativa ai migranti abbiano avuto
un peso assolutamente decisivo nell’orientamento dell’opinione pubblica, così
come ha avuto un grande peso la proposta di abolizione della Legge “Fornero”
sulle pensioni).Anche Fratelli d’Italia ha realizzato un incremento
significativo salendo da 666.765 voti a 1.422.321. Forza Italia ha ereditato
dal PDL (7.332.134 voti nel 2013, già subita la scissione di FLI) 4.581.736
voti con una flessione di 2.750.398 suffragi (il PDL comprendeva anche il
segmento che poi avrebbe formato NCD passando a sostenere i governi Letta,
Renzi, Gentiloni).
La
maggioranza relativa, sotto l’aspetto del singolo partito, è toccata com’è noto
al Movimento 5 Stelle: passato attraverso un risultato di apparente
ridimensionamento con le elezioni europee 2014 e avendo ottenuto esiti
significativi alle elezioni amministrative successive, il Movimento è salito da
8.691.406 voti a 10.725.703 ( più 2.034.297) monopolizzando la protesta del Sud
in maniera assolutamente egemonica (scriviamo senza disporre dell’assegnazione
dei seggi al quale si sta lavorando utilizzando un meccanismo molto complicato
di doppia “spalmatura” e di riversamento di voti da una lista all’altra nelle
coalizioni, che non interessa comunque il M5S. Da parte degli osservatori al
proposito del voto al Sud era stato completamente sottovalutato l’esito del
referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 (espressi in quell’occasione
32.852.112 voti validi, dato assolutamente in linea con quello del 2018) quando
l’elettorato delle regioni meridionali aveva espresso un massiccio rifiuto
della proposta avanzata dal governo Renzi in materia costituzionale.
È
praticamente sparita, invece, quell’area di “centro” che nel 2013 si era
raccolta attorno all’esperienza del governo Monti raccogliendo all’epoca
3.591.541. I residui di quell’operazione sono rimasti ben al di sotto della
soglia di sbarramento: la lista “Noi per l’Italia” schieratasi con il centro
destra ha raccolto soltanto 429.243 voti, mentre è risultata assolutamente
clamorosa la débacle della lista Civica
Popolare intestata alla ministra Lorenzin presentatasi in appoggio al PD ha ottenuto 177.013 voti
restando al di sotto addirittura dell’1%. Sempre a fianco del PD non ha
superato la soglia la lista più Europa patrocinata da Emma Bonino, ma i suoi
833.472 voti potranno essere utilizzati dalla “casa madre” democratica in occasione dell’assegnazione dei seggi
parlamentari. Insignificante il richiamo “ulivista” di “Insieme” (con
socialisti e verdi) con 195.966 voti.
A sinistra
non ha evidentemente funzionato la proposta di “Nuovo Centrosinistra” (tentando
di rappresentarne l’ala sinistra) avanzata da Liberi e Uguali (debole per
questa formazione è risultata anche l’espressione di leadership): Liberi Uguali
ha raccolto 1.113.758 voti (sempre in riferimento ai suffragi espressi verso i
candidati nell’uninominale) , esattamente gli stessi voti ottenuti nel 2013 da
SeL presentatasi allora in coalizione con il PD (1.089.231). L’apporto dei
leader degli ex – DS usciti nel frattempo dal PD può essere in questo senso
giudicato quasi ininfluente.
Ancora a
sinistra da segnalare i 371.921 voti ottenuti dalla Lista di Potere al Popolo
.La lista Rivoluzione Civile, pur in allora comprendente Rifondazione Comunista
aveva ottenuto 765.189 voti: si potrebbe quindi parlare, per via di affinità,
di una flessione ragguardevole.
Pur tuttavia
Potere al Popolo ha presentato un’impostazione affatto diversa rispetto ai
cartelli di sinistra già presenti nel passato (ricordiamo l’Arcobaleno nel
2008) e quindi può essere considerata come una formazione del tutto esordiente,
espressione del mancato coagulo a sinistra che era stato avanzato qualche mese
fa dalle cosiddette “Assemblee del Brancaccio”.
Infine, una
curiosità riguardante la lista neo-fascista di Casa sterlina che è stata
oggetto, nel corso della campagna elettorale, di svariate attenzioni: Casa
sterlina c’era già nel 2013 con 47.911 voti (una lista Fiamma Tricolore ne
aveva realizzato 44.408 e Forza Nuova
90.047). Nel 2018 Casa Pound sembra aver polarizzato l’insieme di queste
formazioni di estrema destra raccogliendo 312.100 voti sfiorando l’obiettivo
dell’1% (0,95%). Un segnale comunque da raccogliere. Fin qui una prima analisi
del voto basata sulle cifre assolute, sarà il caso di ritornare sull’argomento
quando avremo la definitiva assegnazione dei seggi anche per valutare l’effetto
distorsivo nel rapporto voti / seggi che avrà avuto questa complicata formula
elettorale.