Quando
tutto è perduto, rimane la speranza.
di Paolo
M. Di Stefano (Testo
e foto)
La più brutta,
inconsistente, banale e violenta campagna elettorale degli ultimi decenni sta
per concludersi: poche ore ormai, e ne conosceremo i risultati. E dunque, come
tutti, solo tra qualche ora saprò se la speranza di essercela cavata si è
concretizzata. Che, se così sarà, lo dovremo a quello stellone d’Italia che
insiste a proteggerci nonostante tutti noi. Ma, come in tutte le cose, qualcosa
di positivo c’è stato. Intanto, la conferma dell’assoluto degrado di una
cultura, la nostra, che è stata ai vertici della storia dell’uomo ed ha
insegnato la democrazia e il rispetto e la tolleranza. Fatto positivo, il
livello del degrado, perché sarà comunque difficile che passi inosservato e
dunque è probabile che più di qualcuno, prendendone atto, decida che occorre
fare qualcosa. E si adoperi per farlo, quel misterioso qualcosa.
Pretendere
dai Politici una cultura superiore, ad esempio. Anzi una cultura tout
court, poiché al momento la sola certezza è che i Politici e la Politica almeno
da noi si ispirino alla più bieca delle improvvisazioni, alla teoria e pratica
delle pezze a colori, nella ricerca della soddisfazione di interessi personali
o al massimo dei pochi appartenenti al gruppo di riferimento, e di interessi
che non di rado sono conosciuti solo “per sentito dire” e dunque neppure
correttamente individuati. E non si tratterebbe di una pretesa inconsistente e
vana, potendosi concretare in una “scuola di Politica” al di sopra di quelle
(malamente) organizzate dai singoli Partiti, in grado di accompagnare tutta la
formazione dei cittadini anche istruendoli nell’analizzare quei valori
fondamentali di cui tutti ci riempiamo la bocca, ma la cui corretta definizione
– che è il minimo da pretendersi! - è
quanto di più nebuloso possa immaginarsi.
Libertà,
Eguaglianza, Democrazia sono valori “conosciuti perché suonano bene”, quasi un
fatto musicale che, come la musica, può essere interpretato da chiunque in modo
personale, anche perché non c‘è riscontro di verità. Così, proponiamo di dare
il voto a chi si auto-qualifica come propugnatore e difensore di una libertà e
di una eguaglianza non definite perché non identificate nei contenuti reali. E
non diversa è la sorte di Democrazia, lemma millenario come Libertà ed Eguaglianza
e come quella Giustizia cui pure si fa riferimento da parte di tutte le
formazioni politiche, ed a proposito della quale esiste da noi una critica
generalizzata, sintomo ulteriore del degrado della cultura. Soprattutto quando
a criticarla, la Giustizia, sono i Politici, probabilmente ignari che nel
nostro sistema i Giudici sono chiamati ad applicare le leggi che i Politici
producono e che, se queste leggi sono “prodotte male” obbligano i giudici ad
una amministrazione della Giustizia dagli effetti distorti, quindi dannosi,
quindi in netto contrasto sia con la Politica che con la Giustizia e l’Etica e
l’Equità, quanto meno.
Attivarsi
perché la Formazione e la Cultura, e dunque la Scuola, producano cittadini in
grado di comprendere e di comportarsi in modo “corretto”, nel rispetto delle
leggi e delle libertà e dei diritti di tutti e di ciascuno. Che a me pare
innanzitutto un problema di “organizzazione” scolastica e di consapevolezza
della “causa” della formazione. Del suo fine ultimo, la “causa” appunto. Che
non è l’insegnare a leggere ed a scrivere e magari anche a comprendere
linguaggi diversi ed a svolgere compiti specifici, quanto piuttosto formare
“cittadini” consapevoli di cosa voglia dire innanzitutto far parte del genere
umano, condividere un destino comune, avere un comune compito nei confronti di
tutto quanto ci circonda, (flora, fauna, cose inanimate) e dunque imparare ad
individuare comportamenti coerenti. Che sarebbe anche un modo per approfondire i
contenuti di valori quali la Libertà, l’Eguaglianza, la Giustizia, il Diritto.
E via dicendo.
La Scuola, in questo febbraio appena concluso,
da noi e non solo, ha denunziato più di una falla. Ragazzini più o meno educati
e intelligenti – più meno che più – e più o meno di buona famiglia si sono resi
responsabili di atti criminali che vanno dall’accoltellamento del compagno allo
sfregio della professoressa all’aggressione al Preside, fino – per fortuna (si
fa per dire) non da noi- alla strage organizzata e realizzata con armi da
guerra.
Ricordando che buona parte dei delinquenti per
imbecillità congenita è composta da non imputabili per età e ricordando anche
che esistono leggi in merito, ho più volte proposto di rivedere la legislazione
vigente in modo tale da costringere le famiglie ad occuparsi a fondo della
educazione dei giovani, rendendole pienamente responsabili dei comportamenti
degli “inimputabili” e dunque dei danni provocati, sia in sede civile che in
sede penale. Senza sconti. Magari stabilendo una praesumptio juris ed de jure,
ed estendendo questa responsabilità oggettiva a chiunque abbia il compito di
educare i giovani prima ed a fianco della scuola.
Quanto alla scuola, cosa vieta di predisporre a
fianco della organizzazione “normale” un piano di controllo preventivo
all’ingresso ai locali, prevedendo tutto quanto necessario per l’individuazione
di armi proprie e improprie, alla loro confisca immediata, alla immediata
punizione del responsabile, famiglia compresa?
Trump è riuscito a far ridere tutto il mondo
civile quando, dopo l’ennesima strage nelle scuole statunitensi, ha proposto di
armare i docenti. Se non proprio tutti, alcuni dei ritenuti meglio in grado di
rispondere al fuoco degli aggressori.
Opera di Giuseppe Denti |
E’ accaduto a metà Febbraio, in coincidenza con
la fine del carnevale, e dunque manifestazione di grande coerenza con il “sentire” del popolo.
Magari solo con quelli che “bevono” i carnevali e le mascherate, ma tant’è! Il
Presidentissimo è stato coerente, aldilà di ogni possibile critica. Coerente
soprattutto con la sua natura di imprenditore, per il quale per fare profitto e
massimizzarlo ogni mezzo è buono (che è il principio fondamentale del sistema
economico che ci avvolge tutti quanti) e poi con il sé Politico, per il
successo del quale l’Economia è strumento irrinunciabile. Non solo: è anche
“causa” (fine ultimo) della Politica.
In fondo, Trump ha confermato il principio che
non la Politica guida l’Economia, ma è questa a condizionare e quindi a guidare
quella. Che è bello ed istruttivo.
Con un corollario che da noi e durante la
campagna elettorale ha assunto un rilievo particolare:
Comico è probabilmente vincente. Tanto è vero
che da più parti si preconizza la vittoria del movimento fondato dal comico
urlante, mentre da altrettante parti parrebbe inevitabile il trionfo del gruppo
di semianalfabeti che promette, per bocca dell’Ignorante Supremo, una volta al
potere, provvedimenti improponibili per impossibilità strutturale, oltre che
culturale. Razzismo, egoismo, improvvisazione alla base delle proposte. Ed a
livelli tali da divenire, proprio per questo, elementi fondamentali di una
comicità tragica.
Tutti abbiamo sentito parlare di quattrocento
leggi da abolire: lodevole obbiettivo, se non fosse che queste altro non sono
che il frutto dell’attività di legislatori appartenenti ad una cultura, per
quanto carente, migliore di quella cui appartiene la maggior parte dei candidati
proposti. E in questo sta il ridicolo: chiamiamo a modificare le leggi ed a
produrne di nuove Politici più ignoranti di quanto non lo siano stati i
precedenti: hai visto mai…
Poi – ma non in ultimo- c’è il problema degli
immigrati: ributtiamoli in mare sembra la proposta vincente, con varianti del
tipo rimandiamoli indietro se proprio non siamo riusciti a lasciarli affogare
nel Mediterraneo.
Che è prova concreta della creatività della
Politica e dei nostri Politici i quali, di fronte alle difficoltà di gestione
dei flussi migratori, dalla identificazione delle persone alla loro
sistemazione allo sviluppo della loro vita in Europa alla sottrazione loro e
dei familiari al commercio delle mafie (…) tutto ciò che propongono è, in buona
sostanza, ucciderli.
E di farlo in nome di un malinteso nazionalismo
che, proprio in questa accezione sbagliata, invoca la tutela degli interessi
nazionali a fronte di quella degli interessi europei, di una Europa della quale
non sappiamo essere parte costruttiva e che quindi va abolita. Tutti i partiti, i movimenti e i tanto-per-dire
hanno declinato fino allo spasimo le argomentazioni di vendita secondo ciascuno
più appropriate, incuranti della circostanza dell’essere, queste, in buona
sostanza tutte eguali. Al massimo differenziandosi per la posizione occupata
nelle scale delle priorità. Una ce ne è stata. Forse più silenziosa e
strisciante, ma sostenuta anche da persone di una certa levatura e di una certa
cultura: voto per i 5Stelle perché gli danno tutti addosso. Il massimo del
battutismo, ma anche della pericolosità.
E se archiviassimo questo capitolo con il
celeberrimo versetto biblico (noto anche perché comune tra gli altri al Corano,
alla Torah, al Vedo induista, al Canone Taoista e al Sam-bu-han-sho dello
scintoismo) che recita “Signurì, facitem’o ppiacere!”?