E poi dice che la Politica…
di Paolo Maria Di Stefano
Che fare? |
Che fare
il bene del Paese e perseguire etica e giustizia distributiva sia un pilastro
portante della Politica italiana è in genere messo in dubbio dai più, convinti
che, invece, i Politici abbiano il solo obbiettivo di realizzare interessi
propri e del proprio gruppo di riferimento, arricchirsi in moneta e potere e
difendere i privilegi acquisiti quanto più a lungo è possibile.
E in questo quadro tutto si muove,
praticamente da sempre.
Ma non è vero. Per lo meno, non del
tutto.
Le consultazioni politiche si sono
appena concluse e siamo nel pieno delle analisi, dei commenti e delle
previsioni. Queste ultime, per la verità, sembrano questa volta abbastanza più
complicate del solito: gli elettori si sono espressi in modo da non consentire
l’espressione di una forza in grado di formare un governo, neppure facendo
ricorso a più o meno probabili avvicinamenti di forze almeno in apparenza
assolutamente distanti e di “uomini della Provvidenza” consci soltanto di
disporre di tal dono in proprio e assolutamente da soli.
E dunque, bla bla contorti, formalmente
anche vestiti di cultura e dedicati ad esplorare e svolgere tutti i temi del
“bene comune”.
Che è bello e buono ed istruttivo, e
consente di sostenere tutto e il contrario di tutto.
Anche che un Governo comunque si farà,
dal momento che non è ipotizzabile che deputati e senatori in gran parte di
nuovo pelo accettino il rischio di nuove elezioni, che potrebbero anche escluderli
dal Parlamento e quindi dal potere.
L’importante è che un accordo quale che
sia si raggiunga. Per questo c’è anche chi suggerisce di sostituire tutti i
tavoli con la tavola rotonda inventata dall’architetto e designer Re Artù: è
più facile e naturale girarvi attorno e occupare nuove e diverse posizioni.
Con un primo effetto a mio parere
interessante: tutti coloro che al solo sentire nominare le larghe intese
venivano colti da convulsioni si rassegneranno a soffrire, pronti a sacrificare
i propri sogni in nome del bene della Patria che, ognun lo sa, coincide con la propria
presenza tra i legislatori. E le intese non saranno larghe, ma sufficienti nel
loro piccolo a consentire la permanenza alle Camere. Poiché la nozione di
sacrificio non giunge alla coscienza dei singoli, aleggiando in un empireo
troppo distante e ignoto ai più.
Eppure, negli ultimi anni e (forse) in
crescendo nei mesi di vera e propria campagna elettorale il valore del
sacrificio ha declinato le proprie componenti in modo assolutamente evidente,
con un protagonista di tutto rilievo.
Che il Partito Democratico abbia fatto
l’impossibile per consentire al Movimento 5 Stelle ed alla Lega di conquistare
il posto che meritano (e che hanno raggiunto) è un fatto. E’ arrivato persino,
il PD, a dividersi in tre o quattro improbabili formazioni sacrificando per
questo uomini come Massimo D’Alema, ombra silenziosa e sempre più leggera fino
alla scomparsa, e, seppure in misura diversa, un Bersani battutista di vaglia,
rimasto – sembra- senza parole e dunque anche condannato a non fare battute.
L’ultima, a me sembra quel “Liberi e Uguali” che anche per la non certezza
delle definizioni di libertà e di eguaglianza ha contribuito ad allontanare un
buon numero di elettori da una sinistra giustamente mantenuta indefinita
anch’essa. E bene ha fatto, il PD, a mettere in evidenza la propria capacità di
disaccordo interno, facendo così risaltare come granitica una unione a destra
piuttosto problematica, a cominciare dai rapporti tra l’Uomo della Provvidenza
e Provvidenza a un tempo, perseguitato e costretto a non candidarsi, e il neo
mistico di bell’aspetto, armato di Rosario e di Vangelo in piazza del Duomo a
Milano, a richiamare l’attenzione e il voto dei mistici, uniti anche da un
livello di cultura in reale caduta libera. Ma proprio per questo, rispondente
alla formazione del nuovo Parlamento, ovviamente specchio proprio dello stato
della cultura, costruita sempre più sulla prevalenza degli interessi personali,
di quell’ “hic et nunc” che suona bene, anche se non compreso, e della primazia
degli italiani su chiunque altro, sempre e dovunque.
Che spiega anche come mai il
Movimento5stelle abbia fatto il pieno più o meno da Roma in giù: il reddito di
cittadinanza (e quanto altro) è quasi una certezza e comunque meglio che
niente. Il PD, nello sforzo di dare una mano “ai nuovi” ha proposto un reddito
di inclusione. Che è la dimostrazione che un accordo è possibile: quando si è
buoni e caritatevoli, le opere di bene illuminano il cammino. E le opere di
bene si traducono anche in una difesa dalle idiozie. Come quella – appena
ventilata da ignoto– di riconoscere, invece, il lavoro delle casalinghe come
lavoro, appunto, e come tale retribuirlo adeguatamente. A condizione che sia il
solo lavoro svolto dai “casalinghi”. E’ possibile e comunque pensabile che così
facendo si liberino posti di lavoro da assegnarsi a chi casalingo non è. O no?
Sempre meno appagante e forse meno
sicuro del reddito di inclusione e di quello di cittadinanza, i quali hanno il
vantaggio di non implicare lavoro di sorta.
La riconoscenza, comunque, non è di
questo mondo, ma ciò non ostante io ho sentito voci che descrivono il progetto
di una scultura gigantesca con i profili dei Politici che, dal PD e confinanti,
hanno aiutato la destra e il Movimento 5stelle a raggiungere i risultati che
sono sotto gli occhi di tutti. Con in più il vantaggio di dimostrare agli Stati
Uniti che il nostro interesse all’imitazione è vivo e vitale, e che possono
contare sempre su di noi per difendere la propria economia. Infine: da qualcuno
si sostiene che l’Europa sia preoccupata un poco di più del solito. L’Italia a
loro parere si avvia ad una affermazione di sovranità e di politiche statuali
in contrasto con gli obbiettivi della Unione Europea e forse di una qualsiasi
forma di unione.
Di più: secondo alcuni sembra aprirsi
una autostrada al razzismo più esaltante, valore risorgente della nostra
cultura di oggi. E forse anche a qualche nuova forma di sfruttamento del lavoro
e dei lavoratori fino ad un ritorno alla schiavitù.
E’ proprio vero che alla lungimiranza
della Politica non c’è limite: il ritorno alla schiavitù è la sola garanzia di
ricostruzione di quella economia che ha concesso nei secoli di fabbricare
ricchezza e di concentrarla, oggi, nelle mani di una minoranza meritevole
proprio perché sempre più ricca.