MILA FIORENTINI CONVERSA CON ROBERTA CONIGLIARO
In
occasione della tappa lucchese della mostra-progetto: “Due sponde un solo mare”
Il viaggio a tappe della scultrice
siracusana naturalizzata romana prosegue e sarà dal 16 marzo all’8 aprile a
Lucca presso la galleria d’arte Olio su tavola di Filippo Bacci Di Capaci e
Corrado Bergamaschi. A Odissea
Roberta Conigliaro si racconta, dall’inizio occasionale per un pugno d’argilla,
l’allontamento e il recupero della terra d’origine, lo sguardo femminile sul
mondo del viaggio e sull’essere migrante come dimensione universale.
La nascita in Sicilia, epicentro del Mediterraneo, che
imprinting ti ha dato?
"L'essere nata e cresciuta in un'isola e nello specifico a Siracusa, ha sicuramente fatto sì che io sia la persona che sono oggi. L'essere cresciuta in una città di mare, guardando ogni giorno l'orizzonte, mi portava ad immaginare terre lontane, facendomi sognare di andar via per conoscere nuovi mondi. Allo stesso tempo però, negli anni, questo distacco, ha acuito l'attaccamento alla mia terra, creando in me un forte senso identitario, una condizione tipica degli isolani. Mi sembra che negli anni io stia recuperando o forse prendendo sempre più coscienza delle mie radici e della mia mediterraneità. Lo vedo anche nelle mie opere, nel mio modo di creare che risente molto di quest'influenza. Le mie sculture spesso portano le tracce delle immagini e dei luoghi che hanno accompagnato la mia vita e che mi porto dietro: il mare, il vento, la pietra, la luce ed i colori della mia terra”.
"L'essere nata e cresciuta in un'isola e nello specifico a Siracusa, ha sicuramente fatto sì che io sia la persona che sono oggi. L'essere cresciuta in una città di mare, guardando ogni giorno l'orizzonte, mi portava ad immaginare terre lontane, facendomi sognare di andar via per conoscere nuovi mondi. Allo stesso tempo però, negli anni, questo distacco, ha acuito l'attaccamento alla mia terra, creando in me un forte senso identitario, una condizione tipica degli isolani. Mi sembra che negli anni io stia recuperando o forse prendendo sempre più coscienza delle mie radici e della mia mediterraneità. Lo vedo anche nelle mie opere, nel mio modo di creare che risente molto di quest'influenza. Le mie sculture spesso portano le tracce delle immagini e dei luoghi che hanno accompagnato la mia vita e che mi porto dietro: il mare, il vento, la pietra, la luce ed i colori della mia terra”.
Terra di invasione prima, di emigrazione poi, ora la Sicilia è luogo di accoglienza. Nella tua arte è registrato questo passaggio? "Credo che la Sicilia in qualche modo sia sempre stata una terra di accoglienza forse anche per il fatto di conoscere bene cosa significa dover emigrare. Negli ultimi anni le sue coste sono state testimoni di continui sbarchi di popolazioni in fuga dalle proprie terre e nonostante la situazione sia complessa, i siciliani stanno dimostrando una grande capacità di accoglienza. Proprio da questo nasce l'idea del mio progetto "Due sponde un solo mare". Le mie opere di questi ultimi anni parlano del viaggio dei migranti, di sogni infranti, di speranza e di incontro con l’altro”.
Le lacrime del mare |
"Due sponde un solo mare" è un progetto non solo una mostra è prima di tutto un viaggio. Ci puoi illustrare il cuore dell'idea e il messaggio? "Il titolo "Due sponde un solo mare" si riferisce alle due coste quella siciliana e quella nord africana. Sono abitate da popoli diversi ma le cui terre sono bagnate dallo stesso mare. Partendo da quest'immagine volevo sottolineare il fatto che siamo popoli molto vicini e con una comune matrice mediterranea. Credo che bisognerebbe concentrarsi su questa comune identità per sviluppare il dialogo. Se studiassimo meglio la storia ci renderemmo conto di quanto la nostra cultura sia figlia dell'incontro, dello scambio tra queste culture che nei secoli si sono mescolate ed influenzate ed ancora oggi le tracce di tutto questo sono ben visibili nell'arte, nell'architettura, nell'artigianato, nella lingua e nella cucina. Certo sono consapevole che chi arriva sulle nostre coste non sempre è mediterraneo ma volevo sottolineare l'idea che anche tra popoli diversi si possono trovare elementi comuni che possono essere la base da cui partire per comprendere l'altro. Inoltre credo che l'incontro con culture diverse, a differenza di quello che vorrebbero farci credere, porti sempre un arricchimento culturale. Una società che vuole rimanere chiusa alla fine si impoverisce."
A ogni tappa ci sono opere nuove. Cambia in qualche modo anche il messaggio?
"Non credo che il messaggio cambi, credo che diventi più articolato e sfaccettato. Man mano che passa il tempo sviluppo ulteriormente le mie idee, cerco di esprimere tramite le sculture, i disegni e le poesie le mie emozioni ed i miei pensieri in maniera sempre più approfondita. Spero che per chi viene a visitare le mie mostre queste diverse tecniche possano rendere il racconto più completo, un modo per entrare meglio nello spirito, nell'emozione che accompagna tutto il mio progetto”.
L'arca |
Che significato ha per te parlare di Mediterraneo in una città come Lucca - dove dal 16 marzo all'8 aprile si terrà la tua personale presso la Galleria d'arte di Filippo Bacci-
terra
non di mare e uno dei luoghi del Rinascimento?
"Non bisogna essere una città di mare per essere mediterranei. L'Italia è la culla del Mediterraneo. Certo Lucca non ha un porto, non vive in prima persona il fenomeno degli sbarchi ma il tema della migrazione, tocca tutti, riguarda la nostra società, l'Italia in toto. Inoltre Lucca è una città colta, ricca di arte e di storia, quindi molto ricettiva per quel che riguarda le iniziative culturali."
Protagoniste
delle tue mostre e opere sono le donne e donne quasi senza volto. Che cosa
significa “Sin dalle prime sculture ho realizzato figure sia
maschili che femminili i cui tratti del viso non erano delineati. Non è stata
una vera e propria decisione, è stato qualcosa di naturale, di istintivo. Il
mio immaginario ha preso forma con questo tipo di figure. Inoltre non le sento
senza volto, non voglio esprimere una mancanza: per me il volto c'è. Comunque
negli ultimi anni ho cominciato a fare anche qualche volto nel senso più
realistico del termine, ma non sento che adesso c'è qualcosa di più,
semplicemente esprimo una mia emozione in maniera diversa. Il fatto poi che
realizzo più figure femminili che maschili credo sia dovuto ad una sorta di
identificazione con le mie opere ed il mio punto di vista è inevitabilmente
femminile."
C'è
una scelta della materia, segnatamente la terracotta. Come cambia se cambia il
messaggio a seconda della materia impiegata? Mc Luhan diceva che il messaggio si
trasforma a seconda del mezzo utilizzo.
"La terracotta e la pietra sono due
materiali molto diversi ma amo lavorare entrambi. L'argilla mi permette una
maggiore immediatezza e libertà, la pietra comporta un lavoro più lento e
riflessivo e più faticoso. A volte sento il bisogno di esprimere la mia idea
con uno piuttosto che con un altro materiale. Credo che prima ci fosse più
differenza nei miei lavori in base alla tecnica utilizzata, le mie sculture in
pietra erano più essenziali, come se esprimessi con tecniche diverse , emozioni
differenti. Ultimamente invece, affinando le tecniche credo che il risultato
sia simile, è più una mia scelta iniziale data da come immagino la mia opera
e da quale materiale mi permette meglio di esprimere la mia idea."
Ritratto |
In tal senso che significato assume il disegno che ha fatto la sua apparizione relativamente di recente nelle tue mostre e la parola, la poesia?
"In realtà sia il disegno che la
poesia mi accompagnano da prima che iniziassi a fare le sculture ma non ho mai
pensato di mostrarli. Questo progetto sulle migrazioni ha mosso in me una tale
varietà di pensieri ed emozioni che ho sentito l'esigenza di utilizzare mezzi
espressivi diversi, un racconto a più livelli. Per quel che riguarda nello
specifico la poesia, a volte mi è capitato che creando una scultura, nella mia
mente si cominciassero a formare delle frasi, come se avessi bisogno che
l'emozione che stava guidando in quel momento le mie mani, fosse accompagnata
anche dalla parola. Comunque in questo progetto, la poesia, il disegno e
le sculture, pur dialogando tra loro, hanno vita propria, e questo mi permette
di volta in volta di decidere cosa esporre ad ogni tappa del progetto.”
Rileggendo
le tue opere c'è sicuramente un'attenzione per situazioni o personalità ai
margini, basti pensare al lavoro fatto su Antonia Pozzi. Quest'inclinazione
nasce da una scelta consapevole o semplicemente è arrivata?
"Ho sempre avuto interesse per le storie delle persone, per le vite degli altri, ed anche una tendenza all'introspezione e questo mi ha portato a studiare psicologia e poi a lavorare nel campo psichiatrico. Anche se non lavoro più in quell'ambito, il mio modo di vedere il mondo, il mio sentire non cambia e questo si riflette inevitabilmente nella mia creatività. Le opere, al di là del soggetto di cui parlano, ci dicono sempre qualcosa dell'artista che le ha create. Quando lavoro su un tema è perché quell'argomento mi tocca profondamente, non è mai una scelta razionale. Se un argomento non mi colpisce o non lo sento, difficilmente riesco a creare qualcosa."
Andando
a ritroso nel tempo, quando e come è nata la tua vocazione artistica?
"L'incontro con la scultura è stato tardivo e casuale. Non ho una formazione di tipo artistico. Ho fatto il liceo classico ed in seguito mi sono laureata in psicologia, come ho accennato. Non credevo di aver un talento artistico né alcuna manualità. È stato dunque qualcosa che è arrivato nella mia vita in maniera apparentemente improvvisa ed inconsapevole. Dopo la laurea mi è stata regalata dell'argilla, materiale che non avevo mai sperimentato e di cui non conoscevo la tecnica se non per sentito dire. Appena ho cominciato a manipolarla ho subito realizzato una prima figura e l'ho guardata con stupore, come se non l'avessi creata io. Da lì si è aperto un canale creativo di cui non avevo consapevolezza. Per alcuni anni ho creato sculture senza pensare di esporle o far diventare questo un lavoro. Era qualcosa di personale. Nel frattempo lavoravo nel campo psichiatrico. Poi la scultura ha richiesto sempre più attenzione ed energie, e ho capito che avrei dovuto fare una scelta. Così, dopo vari anni ho abbandonato il mio lavoro e ho scelto di fare la scultrice. Nonostante le difficoltà di questo lavoro non me ne sono mai pentita.”
"L'incontro con la scultura è stato tardivo e casuale. Non ho una formazione di tipo artistico. Ho fatto il liceo classico ed in seguito mi sono laureata in psicologia, come ho accennato. Non credevo di aver un talento artistico né alcuna manualità. È stato dunque qualcosa che è arrivato nella mia vita in maniera apparentemente improvvisa ed inconsapevole. Dopo la laurea mi è stata regalata dell'argilla, materiale che non avevo mai sperimentato e di cui non conoscevo la tecnica se non per sentito dire. Appena ho cominciato a manipolarla ho subito realizzato una prima figura e l'ho guardata con stupore, come se non l'avessi creata io. Da lì si è aperto un canale creativo di cui non avevo consapevolezza. Per alcuni anni ho creato sculture senza pensare di esporle o far diventare questo un lavoro. Era qualcosa di personale. Nel frattempo lavoravo nel campo psichiatrico. Poi la scultura ha richiesto sempre più attenzione ed energie, e ho capito che avrei dovuto fare una scelta. Così, dopo vari anni ho abbandonato il mio lavoro e ho scelto di fare la scultrice. Nonostante le difficoltà di questo lavoro non me ne sono mai pentita.”
Anima |
Guardando invece avanti, hai già nuovi progetti e nuove tappe?
"Mi chiedo sempre se e quando terminerò questo progetto, se quella in programma sarà la mia ultima tappa. Ma ogni volta che realizzo nuove opere che parlano ancora di questo tema capisco che non è ancora arrivato il momento. Quindi spero che ci possa essere ancora qualche altra tappa. Staremo a vedere. Nel frattempo comincio a pensare a realizzare delle nuove sculture che facciano parte di un nuovo filone. Magari le due cose potrebbero coesistere per un po'. Saranno le mie mani a deciderlo."