Libri
L’ultima notte
di Achille
di Mila Fiorentini
La copertina del libro |
Un modo diverso di
raccontare l’epica, rendendola lirica intima, mondo di uomini tormentati,
lacerati tra il destino e la ricerca della propria vocazione interiore senza dimenticare
i sentimenti. Un testo colto, una scrittura preziosa eppure divulgativa, anche
se estremamente densa che richiede una lettura ponderata che si sofferma sulle
parole, con un modo moderno di raccontare il mondo degli dei e degli eroi e attualizzarlo.
Sicuramente l’aspetto che più colpisce è il sentimento della paura, del timore
non tanto verso la morte quanto in rapporto alla perdita degli altri, come si
nota nel sentimento di Achille verso l’amico Patroclo, che racconta tra l’altro
molto bene la complicità al maschile nell’amicizia che ha una lunga tradizione
nel mondo greco, o della sposa sia di Achille si di Ettore, Andromaca; e della
tenerezza tra madre e figlio, nel caso fra Teti e il protagonista del libro,
che al di là dei loro status, resta un sentimento intimo ed esclusivo.
L’autrice,
Giuseppina Norcia, siracusana, classe 1973, è grecista e divulgatrice culturale
ed ha lavorato per oltre dieci anni per l’Inda, Istituto Nazionale del Dramma
Antico, con diversi contributi sul tema del mito. In questo caso il mito viene
storicizzato e per questo reso credibile: Achille è uomo quanto eroe, uomo
nell’animo; eroe nel ruolo. Il suo destino è scelto e combattuto ad un
tempo e a mio parere l’autrice fonde la categoria
del destino greco con quello del karma della filosofia buddista, rendendo la
complessità dell’animo umano, che è un ritagliarsi sullo sfondo di situazioni
non scelte ma in qualche modo volute anche inconsciamente. Achille è infatti l’uomo
che non riesce a fare a meno della gloria, l’immortalità umana, terrestre,
eppure non nasconde le proprie titubanze in quel rinviare la scelta, nella
sospensione dell’attesa.
Originale
il punto di vista, quello di Thanatos, che è falciatrice uguagliatrice tra gli
uomini, che dialoga con i personaggi e si racconta a sua volta quasi a
sottolineare come la morte sia intrecciata profondamente alla vita.
(L’ultima notte di Achille, Giuseppina
Norcia, Castelvecchi Edizioni, 2018) presenta nelle prime pagine i personaggi
del libro, tra cui Thanatos appunto, voce narrante, dai molti volti e nomi e lo
spirito con il quale la scrittrice legge il mito, quello dei sentimenti e
dell’intimità, attraverso gli occhi della morte. Infatti scrive, ma è Thanatos
che parla, “soffrono persino gli immortali, se vi stanno troppo vicini (a voi
umani, ndr); rischiano di ammalarsi dei vostri sentimenti, della nostalgia di
sopravvivervi, come tua madre. Teti non è poi così diversa dalle donne a cui ho
portato via i figli…”
Le
nozze di Teti e Peleo sembrano nozze umane, che suscitano invidie e gelosie, e
gli sposi proprio per il figlio che condividono si separeranno nell’unione,
sebbene il loro sia o comunque sia stato un grande amore, proprio come accade
nel mondo della quotidianità da sempre. È struggente e con qualche tratto
inquietante la figura di questa mater
dolorosa che la Norcia ci regala come una categoria universale e allo
stesso tempo una madre di tutti i giorni, che non riesce a salvare il figlio
malgrado l’amore e lo accompagna in qualche modo nel destino, pur avendo
cercato di proteggerlo in tutti i modi, ma l’incompletezza resta la condanna di
Achille. Nella condanna del destino Giuseppina Norcia ci rivela come in fondo
ogni uomo possa scegliere e anche Achille potrebbe rinunciare a compiere la
propria “missione” e tornarsene a casa, ma nessuno può sottrarsi alla propria
natura -“quel bisogno di esibire vittorie e trofei perennemente contraddetto
dalla tenerezza che esplodeva nella vita più segreta…”- dove la differenza è
fatta solo dalla consapevolezza. Come nel caso di Agamennone che sacrifica
Ifigenia perché non sempre si può salvare quello che più si ama.
La vicenda si concentra
sull’ultima notte a Troia ancora sotto assedio. Dall’accampamento greco voci
che si consumano nell’attesa della fine. Achille ascolta Thanatos che gli svela
il senso della sua vita accompagnandolo alla fine, rievocando la sua storia
dalle nozze di sua madre, alla simbiosi con lei, all’educazione e la cura da
parte di Chirone, centauro medico- che ci occupa dell’ustione della caviglia
dell’eroe procurata involontariamente dalla madre nel tentativo di trasformarlo
e renderlo immortale, metafora degli affetti e della complessità dell’amore-
per seguirlo nel travestimento in abiti femminili, quasi un paradosso per un
eroe finché il tempo di uscire allo scoperto non sia quello “giusto”, il kairòs. La conclusione di questa vicenda
epica sommessa e sussurrata è nell’eternità, la parola che chiude il libro e ci
invita a una riflessione. Nel momento in cui Thanatos si impossessa di Achille,
gli toglie la vita e gli regala appunto l’eternità