PALESTINA.
CARRIARMATI E CECCHINI
di Patrizia Cecconi
La marcia per la terra |
Il quarto esercito più
potente del mondo, quello alle dipendenze del criminale ed osceno governo dello
stato di Israele, senza un minino di pudore spara nel mucchio su bambini e
ragazzini armati di pietre. La protervia di questa nazione è divenuta
disgustosa agli occhi dei democratici di tutto il mondo. La solidarietà e la
fraternità che abbiamo, e continuiamo ad avere, nei confronti del popolo ebraico
sterminato nei campi di sterminio, non
deve farci dimenticare che questo stato oggi vigente e i suoi dirigenti
governativi, non hanno nulla a che vedere con quelle vite. Questi di oggi ne
hanno infangato il ricordo ed il sacrificio, perché si comportano con i
palestinesi come i nazifascisti si sono comportati con i loro antenati.
Ovviamente distinguiamo fra l’apparato statale governativo e i cittadini di Israele,
ostaggi anch’essi di una politica di chiusura e di sangue e verso cui spesso si
sono ribellati.
Macellai israeliani in divisa |
Gaza. Oggi, 30
marzo, come ogni anno dal 1976, in Palestina si celebra la giornata della
terra. Una celebrazione che commemora una delle tante stragi israeliane e al
tempo stesso rivendica il diritto dei palestinesi alla propria terra
ingiustamente e illegalmente confiscata. Vale a dire che rivendica il “diritto
al ritorno” sancito, oltre che da un imperativo morale che lascia Israele totalmente
indifferente, dalla Risoluzione Onu 194 che lascia Israele ugualmente
indifferente. Che Israele sia indifferente alle numerose Risoluzioni Onu che lo
riguardano senza che ciò comporti sanzioni utili a farlo entrare nell’alveo
della legalità internazionale è fatto risaputo e addirittura rivendicato da
questo Stato al di sopra delle leggi, e ciò permette ai suoi governanti di
rilasciare dichiarazioni di natura criminale senza tema di sanzioni di alcun
tipo. Quando alle dichiarazioni seguono i crimini la situazione non cambia, per
una sorta di incantesimo giocato su interessi molteplici e parole magiche quali
olocausto o sicurezza o antisemitismo, a Israele è tutto consentito o, nella
migliore delle ipotesi, perdonato. Così come consentita è la sua minaccia di
strage contro i manifestanti che oggi inizieranno la grande marcia pacifica che
rivendica l’applicazione della Risoluzione 194, e così come l’eventuale
annunciata strage sarà perdonata. I palestinesi conoscono a memoria e sulla
pelle del loro martoriato popolo questo ignobile copione, e i giovani di Gaza
che mentre scriviamo stanno iniziando la marcia pacifica e simbolica verso i
confini dell’assedio sanno benissimo che molti di loro rischiano di non tornare
a casa, ma ugualmente vanno. Non c’è davanti a loro Hamas, scelto da Israele
come scusa evergreen per ogni attacco a Gaza, no, Hamas come le altre forze
politiche, dai Fronti a Fatah, è semmai a lato e invita a partecipare, ma non è
davanti o dietro questo movimento generalizzato di palestinesi, soprattutto
giovani gazawi che non ce la fanno più a vivere, chiusi illegalmente e
illegittimamente, in quella Striscia che potrebbe essere un paradiso e che
Israele ha trasformato in una prigione dalla quale ormai sognano tutti di poter
uscire. Uscire per assaggiare il diritto alla libertà e non per abbandonare la
propria terra, questo è loro impedito dall’assediante che il diritto
internazionale inutilmente e solo ritualmente condanna. La marcia sarà
pacifica, o perlomeno nasce come tale e prevede anche momenti di folklore
gioioso quali canti tradizionali e performance di dabqa e andrà avanti per sei
settimane fino al giorno della Naqba, cioè la catastrofe che vide Israele
autoproclamarsi Stato e uccidere o cacciare dalle proprie case centinaia di
migliaia di Palestinesi non ebrei.
I prodi guerrieri armati di tutto punto si preparano alla caccia |
Ma pacifica o meno, sappiamo che Israele
alcuni giorni fa ha lanciato volantini dai suoi elicotteri minacciando i gazawi
e intimando loro di non avvicinarsi a meno di 300 metri dal confine perché
l’esercito avrebbe sparato. I 300 metri si sono poi trasformati in 1500 in una
striscia di terra che in alcuni punti è larga solo 2 chilometri lanciando in tal
modo un messaggio preciso: vi uccideremo comunque. Ieri Israele ha chiarito
meglio le sue intenzioni rendendo pubblica la decisione di aver posizionato un
centinaio di tiratori scelti lungo il confine. È facile intuire che queste
provocazioni porteranno molti giovani esasperati a sfidare l’illegittima
imposizione israeliana, ed è altrettanto facile intuire ciò che i media
mainstream, solitamente ipnotizzati dalla narrazione israeliana, racconteranno
al mondo nel caso in cui la strage annunciata si verifichi: parleranno di
diritto di Israele a difendersi, fingendo di ignorare che l’unica difesa
possibile è il rispetto del Diritto internazionale che Israele non ha mai
rispettato. Carriarmati e cecchini uccideranno a piacere e senza processo,
probabilmente Israele oggi “inaugurerà” i nuovi droni-lanciatori dall’alto di
gas provocando altre vittime, ma non per questo Israele perderà il suo
appellativo di Paese democratico e rispettoso dei diritti umani. I palestinesi
seguiteranno a marciare e a morire indicando al mondo quel che il mondo ancora
non è disposto a capire, ma loro seguiteranno con la tenacia di chi non ha da
perdere che le proprie catene.
Domani sabato 31 marzo a
Milano tutti in Piazza Cordusio per una protesta pubblica
ore 15,30