di
Donatella Bisutti
Donatella Bisutti |
Un
racconto su Natività ed Epifania che potrà suonare blasfemo in questi giorni,
ma le empietà socio-economiche del nostro secolo e le catastrofi ambientali che
abbiamo sotto gli occhi, danno a questo apologo tutto il senso della sua
spietata verità.
Presepe con fori di granate |
I
tre Magi l’avevano saputo. La notizia era volata lontana, sotto un cielo
ardente di stelle.
Ed
erano partiti. A piedi, perché erano poveri.
Ma
non potevano perdere quell’occasione.
Era
nato il Bambino. Il futuro Re del Mondo.
Lo
Scettro d’Oro, protetto da una teca di cristallo, aspettava di essere impugnato
da lui dalla notte dei tempi, da quando i grandi dinosauri dai lunghi colli
ondulanti che bilanciavano le tozze code avevano smesso di pascolare nelle
radure delle foreste.
E
ora il Bambino finalmente era nato. Il Futuro del Mondo era pronto. Bisognava
solo arrivare in tempo.
I
tre Magi non potevano mancare all’appuntamento.
I
Magi camminavano, anche se erano incredibilmente stanchi per il lunghissimo
viaggio che ciascuno di loro aveva compiuto.
Il
primo di loro, il più vecchio, si chiamava Atsu e veniva dalle foreste
dell’Africa. Aveva la pelle scura come il legno di un albero della foresta
pluviale, l’ebano, nero con riflessi bluastri. Solo i palmi delle mani, i
polpastrelli e le piante dei piedi erano d’un tenero rosa. Aveva occhi rotondi,
grandi, la cui iride annegava nel bianco. Benché fosse il più anziano dei tre,
era velocissimo nella corsa, e gareggiava con i ghepardi quando attraversava la
savana e nuotava nei fiumi in mezzo ai coccodrilli senza paura perché sapeva
frantumare loro le mascelle con la forza delle sue mani nude.
Portava
con sé una zucca a forma di fiasco chiamata calabash,
ripiena di un liquido anch’esso scuro che si chiamava petrolio e spargeva per l’aria uno strano, repulsivo odore, benché
fosse considerato un liquido prezioso.
Il
secondo dei Magi, che portava sandali di paglia intrecciata, aveva invece un
viso giallastro e dello stesso colore anche la pelle del corpo e lucidi capelli
nerissimi che crescevano diritti ed erano raccolti in una piccola coda. Portava
una lunga veste di seta ricamata. Per arrivare fin lì, dove i tre si erano dati
appuntamento comunicando attraverso le stelle per poi giungere insieme al
cospetto del Bambino, aveva fatto un viaggio forse ancora più lungo: veniva da
una regione dell’Asia percorsa da un lunghissimo fiume che anch’esso era di
colore giallo. Giallo, colore della cattiva salute, delle malattie che scavano
le guance e rendono flaccida la pelle. Ma il secondo dei Magi godeva ottima
salute ed era uno spericolato acrobata, specialista nel triplo salto mortale
all’indietro e capace di galoppare in piedi sulla groppa del suo cavallo. Si
chiamava Hu e anch’egli portava qualcosa per il Bambino: una coppa di ceramica
colore di giada ricolma di prezioso carbone.
Il
terzo dei Magi aveva la pelle lucida e rossastra, o meglio color del cuoio,
zigomi sporgenti, occhi allungati e nessun segno di barba, e si chiamava
Yanu. Era abile nel tiro con l’arco e
sapeva colpire una preda a più di cinquanta metri di distanza. Portava con sé
per il Bambino un collare d’oro ravvolto in un tessuto a strisce geometriche dai
colori vivaci. Il suo viaggio era stato il più lungo e il più pericoloso di
tutti perché veniva da un continente al di là dell’oceano, che si chiamava
America e aveva dovuto attraversare l’oceano in una canoa con la quale sapeva
risalire e ridiscendere anche le onde più alte con incredibile abilità. Era seminudo
e sulla sua pelle spiccavano disegni geometrici come quelli del tessuto, mentre
fra i capelli aveva intrecciati i fiori bianchi di una foresta impenetrabile.
“Eccoci,
fratelli” disse il nero Atsu, che era arrivato per primo, abbracciando gli
altri due. “Siete pronti? Il grande momento è giunto”. Tutti e tre rimasero per qualche istante
avvinti in un lungo abbraccio. Le loro fronti si toccarono. Poi si guardarono
negli occhi. “È giunto” ripeterono tutti insieme. Atsu tese il suo braccio destro
con la mano nera rivolta verso la terra.
Hu allungò il suo braccio e pose la sua mano gialla sopra quella di lui.
Infine Yanu posò la sua mano color cuoio sopra le altre due per sigillare il
loro patto comune.
E
si avviarono verso il Palazzo dove era il Bambino.
Le
guardie non volevano farli entrare, ma essi mostrarono i loro doni: petrolio,
carbone e oro e allora li lasciarono passare.
Quale
fu il loro sgomento quando videro il Bambino.
Giaceva
in una culla intarsiata di oro e di perle avvolto in finissimi panni di lucida
seta nella grande Sala delle Udienze del Palazzo, lungo le pareti della quale
erano schierati soldati d’onore scelti per la loro alta statura, con alabarde e
giganteschi berretti fregiati anch’essi d’oro. Quindici balie stavano pronte accanto alla culla, scelte fra quelle
il cui latte era stato testato il più puro e insieme il più nutriente. Quattro
suonatori di viole e violini suonavano musiche celestiali appena il Bambino
mostrava un segno di stanchezza, perché potesse addormentarsi serenamente. Se questo
non fosse bastato si sarebbe alternato a loro un meraviglioso coro di voci
bianche. Sonagli e palle colorate allietavano la culla solo che il Bambino
volesse tendere la mano verso di loro. I genitori del Bambino erano stati fatti
ritirare in un’apposita stanza dove venivano sorvegliati a vista perché ormai,
con la procreazione, avevano esaurito il loro compito e non avrebbero mai
dovuto avanzare alcuna pretesa che potesse in qualche modo mettere in ombra il futuro
potere del Bambino.
Lo
scettro stava racchiuso in una teca di cristallo ai piedi della culla in attesa
del giorno in cui il Bambino avrebbe potuto impugnarlo.
Perché
quel Bambino era destinato a divenire il Re del Mondo.
E
per questo erano venuti così da lontano a visitarlo i tre Magi.
“È
lui” si sussurrarono i Magi uno all’altro mentre si inchinavano entrando
nell’immensità della Sala. Avanzando verso di lui lo poterono scorgere nei particolari.
Quello che lo contraddistingueva a prima vista era il candore della pelle. Era
indiscutibilmente bianca, candida. Di un candore assoluto, senza alcuna traccia
di altri colori come il nero il giallo e il rosso. Le guance morbide e paffute
sul quel bianco avevano ricevuto lo spruzzo di un tenero rosa, segno di ottima salute
e frutto del buon latte con cui veniva nutrito a turno dalle quindici balie. I
capelli morbidi e ricci erano anch’essi color dell’oro, in tutto diversi dai
capelli neri lucidi e diritti dei tre Magi. E in mezzo a quel suo viso gentile
e appena un po’ imbronciato, per la meraviglia al vedere i tre Magi si spalancarono
due occhi di un magnifico azzurro, che niente avevano da spartire con gli occhi
così scuri dei Magi. Com’era diverso da loro il Bambino! Lui era il Modello
Perfetto. Era il Canone. Lui, e solo lui, doveva essere il Re del Mondo.
E
mentre i Magi si inchinavano davanti alla culla del Bambino, in un attimo il
Futuro fu proiettato come su uno schermo davanti ai loro occhi. Perché i tre Magi
conoscevano il Futuro. Non per niente erano Magi, cioè Maghi. Essi vedevano con
chiarezza ora, in quel preciso momento, quello che il Bambino avrebbe fatto
quando fosse divenuto Re del Mondo. Videro le loro terre, Africa, Asia, America
depredate delle loro ricchezze, videro cumuli di cadaveri massacrati, videro mitragliare
uomini inermi, mettere schiavi in catene, stuprare donne, sventrare bambini con
le baionette, videro portare via ricchezze immani, videro culture distrutte,
villaggi incendiati, popolazioni innocenti e pacifiche sterminate, figli separati
dai genitori, mariti dalle mogli, uomini costretti a lavorare venti ore al
giorno retribuiti solo con poco cibo, corruzione, commercio di armi e di droga,
videro la Natura devastata, le foreste distrutte, le pianure coperte da
cemento, specie animali e vegetali scomparse, città disumane dove i poveri
cercavano cibo nella spazzatura, tradizioni culturali antichissime cancellate, terre
rigogliose trasformate in deserti, ghiacciai che si scioglievano, montagne che
franavano, campi allagati dalle alluvioni, villaggi trascinati via dai cicloni.
Tutto questo avrebbe fatto il Bambino quando fosse divenuto Re del Mondo. E per
prima cosa avrebbe sottomesso e sfruttato coloro che non avevano come lui quella
bella pelle bianca, ma l’avevano nera rossa o gialla. Perché era proprio il
colore della pelle del Bambino a fare la differenza.
“Siamo
pronti con i nostri doni?” chiese agli altri il primo dei Magi, Atsu. “Siamo
pronti” rispose Hu. “Siamo pronti” rispose Yanu.
Non
potevano aspettare più a lungo. Non potevano sbagliare.
E
prima che i soldati della Guardia d’Onore, esterrefatti, potessero intervenire,
Atsu rovesciò dalla sua fiasca il petrolio sul bianco viso del Bambino, che di
colpo divenne nero, Hu gli cacciò in gola un pezzo di carbone e Yanu gli
strinse intorno al collo il collare d’oro che lo soffocò.
Avevano
liberato il mondo dal Bambino! Il mondo era salvo!
I
soldati, riavutisi, si buttarono a dar la caccia ai Magi. Ma i Magi non c’erano
più. Spariti, volatilizzati, ora che avevano salvato il mondo. Non per niente
erano Maghi. E ora camminavano fra le stelle.