di
Franco Astengo
Cosa
resta della NATO nel momento in cui i Capi di Stato e di Governo degli stati
membri si riuniscono a Londra per festeggiare il settantesimo anniversario
dell’organizzazione?
Una
risposta difficile a una domanda difficile: per intanto con questo intervento
molto schematico ci si limita a riassumere le vicende che portarono, nella fase
d’avvio della “guerra fredda” alla stipula del trattato.
L'Organizzazione
del Trattato dell'Atlantico del Nord (in inglese North Atlantic Treaty Organization,
in sigla NATO, in francese: Organisation du Traité de
l'Atlantique Nord, in sigla OTAN) è un'organizzazione
internazionale per la collaborazione nel settore della difesa.
Il
trattato istitutivo della NATO, il Patto Atlantico, fu firmato a Washington il 4 aprile 1949,
ovvero nell'immediato secondo dopoguerra, ed
entrò in vigore il 24 agosto dello stesso anno. Attualmente, fanno parte della
NATO 29 paesi. Ha sede a Bruxelles. Il mondo nel
frattempo è profondamente cambiato e l’organizzazione appare per la prima volta
dentro a una vera e propria crisi d’identità immersa com’è in un disordine
globale che alla fine potrebbe anche decretare la fine del “ciclo occidentale”.
Vale
la pena allora tornare alla ricostruzione di ciò che avvenne al momento della
formazione dell’Alleanza per cercare di riconoscerne, attraverso la memoria, i
tratti distintivi.
Allora,
andando per ordine.
Tra
la metà del 1947 e la metà del 1948 la divisione dell’Europa era compiuta.
La
“cortina di ferro” evocata da Churchill nel marzo 1946 era diventata un’effettiva
realtà: le due parti del continente erano separate da una completa diversità di
forme di governo e di sistemi politici.
L’Unione
Sovietica cercava di consolidare la propria egemonia sull’Europa orientale;
l’ERP e la formazione di governi politicamente omogenei in tutti i paesi
dell’Europa Occidentale avviavano un processo di ricostruzione e integrazione,
del quale la creazione della Repubblica federale di Germania era il momento più
risonante.
Si
era avviato anche uno sforzo, propugnato dagli Americani ma fatto proprio anche
da un certo numero di statisti europei, di consolidare la rinascita dell’Europa
occidentale, mediante un processo di integrazione graduale, che molti considerarono
il primo avvio verso l’unificazione europea.
La
politica degli Stati Uniti verso l’Europa e nei confronti dell’Unione Sovietica
era stata costruita sui due presupposti della supremazia militare e di quella
economica.
Secondo
la tradizione della loro politica gli Americani avevano ancora mostrato di
prediligere le formule dell’impegno non politico e non diretto.
Tra
la fine del 1947 e i primissimi mesi del 1948 la misura di questo impegno
apparve rapidamente insufficiente: in Europa si sta diffondendo il timore che i
benefici del piano Marshall fossero potenzialmente messi in pericolo
dall’estendersi dell’influenza sovietica e persino dall’esistenza di una
minaccia militare sovietica.
Questa
“paura” aveva però le sue radici più nella psicologia di massa che nella realtà
delle situazioni.
Il
fallimento della riunione del Consiglio dei Ministri degli Esteri tenuta a
Londra nel novembre – dicembre 1947 spinse i governi a prendere atto
dell’intersecarsi delle crisi interne con i problemi internazionali.
Inoltre
in Italia e in Francia si avviò una stagione di turbolenze sociali con scioperi
economici e politici appoggiati dai partiti comunisti e socialista cui
corrispose una feroce repressione poliziesca.
In
Italia nelle elezioni del 1948 le sinistre si presentarono unite sotto il
simbolo del Fronte Popolare e furono sconfitte dalla Democrazia Cristiana,
qualche mese dopo in seguito all’attentato a Togliatti si vissero momenti di
timore per una fase apertamente pre -insurrezionale.
Il
colpo di stato di Praga aveva già aggiunto altri elementi a questo quadro di
definizione di quella che poi sarebbe stata denominata “guerra fredda”.
Un
primo passo verso la costituzione di un fronte occidentale europeo. nel quale
la Francia superasse i suoi timori rispetto alla rinascita della Germania e
all’appoggio di cui tale processo godeva negli Stati Uniti e la Gran Bretagna e
cercasse di mantenere una sorta di legame/controllo rispetto agli equilibri
della nuova Europa era già stato fatto con la firma, avvenuta il 4 marzo 1947,
del trattato anglo-francese di Dunkerque.
Quel
trattato anglo-francese presupponeva un’alleanza diretta contro la rinascita
militare tedesca ma anche politicamente espressiva dell’intenzione dei due
paesi di collegarsi per bilanciare la supremazia americana e sovietica.
In
questo clima e sulla base del principio che l’iniziativa europea sarebbe stata
seguita da una risposta americana, ebbe inizio la preparazione di un trattato
fra alcune potenze dell’Europa Occidentale. La
prima indicazione pubblica di questo passo si ebbe con un discorso del ministro
degli Esteri inglese Bevin svolto alla Camera dei Comuni il 22 gennaio 1948.
Per
quanto vago il progetto di Bevin fu sufficiente a mettere in moto un negoziato. Un
negoziato complesso, poiché esso non era ancora svincolato dall’eredità dei
problemi della guerra o dalle ambizioni delle due grandi potenze europee
(Francia e Gran Bretagna) di creare un sistema capace di esprimere in primo
luogo le esigenze di una di esse: alle trattative parteciparono oltre agli
anglo-francesi soltanto i 3 paesi del Benelux.
Il
17 marzo 1948 venne firmato a Bruxelles il trattato istitutivo dell’alleanza a
cinque, poi chiamata Unione occidentale.
Si
trattava di un’alleanza cinquantennale diretta contro la rinascita di un
pericolo tedesco mediante la reciproca garanzia di un aiuto militare e politico
e mediante l’impegno a concertarsi sulle misure da adottare “in caso di ripresa
aggressiva da parte della Germania” o su qualsiasi situazione che potesse
rappresentare una minaccia contro la pace, dovunque essa si fosse presentata.
Era
prevista anche la costituzione di un Consiglio consultivo e di una Commissione
permanente, dalla quale sarebbero poi potute scaturire altre strutture
organizzative.
L’occasione
fu colta da quanti, assicurato l’appoggio americano, pensarono di far affiorare
anche sul piano politico un’ondata di europeismo: dalla nascita dell’Unione
Occidentale si cercava di intravedere un embrione di federalismo, ed è questo
un punto che oggi dovrebbe essere sottoposto a un vaglio di riflessione storica
nel mentre si esaminano i successivi passaggi che portarono alla costituzione
dell’Unione Europea.
La
trasformazione del patto di Bruxelles in un’alleanza più vasta era desiderata
dagli Inglesi, che consideravano questa ipotesi come lo sviluppo del loro
compito di mediazione fra gli Stati Uniti e l’Europa; dai francesi essa venne
considerata come un modo per confermare il loro primato continentale e per fare
di questo il punto di riferimento sia della stessa Europa Continentale sia
della nuova Germania che contemporaneamente stava per essere ricostituita.
Gli
USA, dal canto loro, sfruttarono questa situazione per concludere che soltanto
l’estensione dell’Unione occidentale avrebbe potuto acquistare l’efficacia
necessaria a rendere credibile un trattato “difensivo” rispetto alla minaccia
sovietica.
L’11
giugno 1948 la commissione esteri del Congresso approvò la cosiddetta
“risoluzione Vandenberg” considerata come una svolta storica nella politica
estera americana; vi si sosteneva, infatti, l’obiettivo dell’associazione degli
Stati Uniti, mediante procedimento costituzionale, a quegli accordi regionali o
a quegli accordi collettivi che fossero basati sul continuo ed effettivo
impegno di autodifesa e sul reciproco aiuto, e che concernessero la sicurezza
nazionale degli stessi Stati Uniti.
La
risoluzione pose le premesse istituzionali perché fosse possibile a Truman
autorizzare l’inizio a Washington di colloqui esplorativi che ebbero inizio il
6 luglio 1948 e terminarono nel marzo 1949, quando tutti i problemi relativi
alla stesura del trattato dell’Atlantico del Nord o Patto Atlantico furono
risolti.
La
questione della delimitazione geografica dell’alleanza pose interrogativi di
varia natura e non venne risolta se non alla vigilia della conclusione del
negoziato.
Il
concetto di area atlantica poteva essere inteso in senso restrittivo o in senso
estensivo ma il problema vero era chiarire subito se tutti gli Stati importanti
per un progetto di sicurezza dell’Europa Occidentale dovevano essere ammessi su
di un piede di parità nell’alleanza.
Il
20 marzo 1949 il nuovo segretario di Stato americano, Dean Acherson che aveva
da poco sostituito il generale Marshall diede l’annuncio dell’imminente firma
del trattato.
La
cerimonia ebbe luogo il 4 aprile 1949 a Washington con la partecipazione dei
rappresentanti di 12 paesi: USA, Canada, Gran Bretagna, Francia, Belgio,
Olanda, Lussemburgo, Portogallo, Italia, Norvegia, Islanda e Danimarca.
Il
punto nodale del trattato era rappresentato dall’articolo 5 che così recitava:
"Le parti concordano che un attacco armato contro una o
più di esse, in Europa
o in America settentrionale, deve essere
considerato come un attacco contro tutte e di conseguenza concordano che, se
tale attacco armato avviene, ognuna di esse, in esercizio del diritto di
autodifesa individuale o collettiva, riconosciuto dall'articolo 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la
parte o le parti attaccate prendendo immediatamente, individualmente o in
concerto con le altre parti, tutte le azioni che ritiene necessarie, incluso
l'uso della forza armata, per ripristinare e mantenere la sicurezza dell'area
Nord Atlantica."
Questa misura era concepita in modo tale che se l'Unione
Sovietica avesse lanciato un attacco
contro uno qualsiasi dei paesi membri, questo sarebbe stato trattato da ciascun
paese membro come un attacco diretto, ed era rivolta soprattutto a una temuta
invasione sovietica dell'Europa occidentale.