di
Franco Astengo
Per
un lungo periodo, nella fase di ricostruzione dalla guerra e di scoperta del
boom economico con relativa trasformazione in senso consumistico dell’identità
sociale, il sistema politico italiano è rimasto incentrato sui grandi partiti
di massa sfuggendo (prima di tutto per ragioni di carattere internazionale)
alla logica “occidentale” dell’alternanza ed evidenziando una ridottissima
volatilità elettorale.
A
cavallo del nuovo secolo diversi fattori hanno contribuito a un cambiamento di
scenario: nel vuoto lasciato dai grandi partiti di massa si sono infilate forme
politiche già orientate verso una destra personalistica e populista
costringendo il centrosinistra a muoversi in un senso di sostanziale
omologazione. Nei tempi successivi sono emersi movimenti derivanti dalla
cosiddetta “anti politica” capaci di raccogliere rapidamente consensi poi
lasciati altrettanto repentinamente per strada nel momento in cui dalle parole
si sarebbe dovuto passare ai fatti.
L’eredità
dei populisti-anti politica è stata così provvisoriamente raccolta da movimenti
capaci di mostrare una versione semplificata dell’agire politico in modo da
corrispondere alla radicalità negativa reclamata da folle formate da
individualisti immersi nel reclamare il “particulare”.
Oggi,
nuovamente alla velocità della luce, verifichiamo l’evidenziarsi di un
movimento in apparenza totalmente alternativo a quello – in apparenza ancora
maggioritario- fondato sull’individualismo competitivo con relative pulsioni
corporative ed escludenti.
La
nuova contraddizione insomma, dopo destra /sinistra e nuovo /vecchio sarebbe
quella odiatori /buonisti, a piazze e tastiere contrapposte.
Il
movimento delle cosiddette “sardine”, del quale restano ignote scaturigini,
forme di azione politica soprattutto al livello della catena di comando, fonti
di finanziamento, progettualità complessiva rappresenta un ulteriore punto di
escalation rispetto all’itinerario fin qui schematicamente descritto:
esprimono, infatti, un’inedita forma di populismo “buonista” che punta a
colmare il vuoto di rappresentanza politica lasciato dalla formazione del
governo PD-M5S.
Un
fenomeno completamente italiano diverso dalle altre insorgenze sociali in corso
nel mondo: da Hong Kong a Parigi, da Malta a Barcellona. Tutte piazze che
agiscono ciascheduna per finalità immediate e contingenti.
Un
tentativo di colmatura di vuoto, quello dei movimenti di modo nell’attimo, di
cui seguiremo gli sviluppi e gli indirizzi facendo notare che, salvo l’espressione
di esigenzialismi esclusivamente sovrastrutturali il movimento delle cosiddette
“sardine” si limita a puntare a un’ulteriore sovrapposizione di ceto dirigente:
quella sovrapposizione non riuscita a suo tempo ai radicali, poi al “popolo
viola” e ai girotondi; mentre l’operazione era momentaneamente andata in porto
ai “vaffa” di origine grillina (resistibile ascesa avvenuta nella
sottovalutazione del peso delle contraddizioni in una logica di governo) e poi
all’egoismo isolazionista di stampo leghista.
In
realtà ci si trova di fronte ad un’evoluzione del sistema politico
efficacemente riassunto con questa frase;
“La
democrazia post moderna è divenuta un’inquietante apologia del facile, essa è
in sé stessa l’invito per esercitare il salto della mediazione”:
Non
ci si fida più di nessuna autorità tradizionale (politica, culturale,
scientifica, giornalistica) perché la pratica e la mitologia del web fanno
sentire ognuno nella condizione di “fare da solo”, scavalcando ciò che, a
ragione o a torto, è considerato “casta”, “privilegio”, “imbroglio”.
Soggettivismo
incondizionato, esaltazione acritica della prima persona e sua conseguente
svalutazione, relativismo, nichilismo inteso in senso ampio: così la democrazia
post-moderna è diventata - appunto - un’apologia del facile.
In
Italia, in maggior misura che non altrove, la difficoltà del sistema politico
nel senso fin qui indicato ha assunto i tratti di un vero e proprio crollo.
Verificheremo
quanto questi movimenti apparentemente di nuovo conio potranno mettersi di
traverso a questo meccanismo di apparentemente inarrestabile declino.
Per
intanto, almeno dal punto di vista di alcuni soggetti sicuramente limitati sul
piano del rapporto di massa, sarà bene continuare a lavorare su di un piano di
ricostruzione muovendoci ancora nel filone di riferimento del patrimonio
storico tramandato dalle grandi organizzazioni della sinistra cercando di
innovare senza smarrire però la capacità di lettura del fondamento delle
contraddizioni che tra ’900 e 2000 continuano comunque a sviluppare un’incidenza
di fondo sulle condizioni materiali di vita del popolo perpetuando l’esistenza
delle classi sfruttate e subalterne.