di Patrizia
Cecconi
Quel cemento di troppo che vuole
uccidere
Parco Bassini
Una
brutta storia, una brutta pagina, una brutta giornata, tutto compreso nel “giallo”
che si sta svolgendo in questi giorni al Politecnico di Milano, una delle
glorie della città da oltre un secolo e mezzo. Ma il giallo, con annesso
scandalo ambientale, non riguarda solo il Politecnico, né solo Milano. Intanto ricordiamo
che è uno strappo all’art.9 della Costituzione, oltre ad essere una violazione
al “Nuovo Regolamento edilizio Comune di Milano” emanato nel 2014 e infine
è un crimine “verde” e come tale ci
riguarda tutti, perché ovunque in Italia
si distrugga un parco, anche piccolo, per far posto al cemento, là si dà forza
a devastatori, palazzinari e loro supporter che come unico valore hanno il
profitto.
Ricapitoliamo i fatti di questi giorni
senza mai perdere di vista il movimento spontaneo che sta battendosi per
salvare il bene comune.
Dunque, il Rettore, all’insaputa del
Municipio 3 di cui fa parte la Città studi, e all’insaputa dei docenti e degli
studenti, ha approvato una delibera in
seguito alla quale autorizzava l’abbattimento degli alberi del campus Bassini
per far posto a un’ennesima colata di
cemento di cui - secondo i docenti che si oppongono alla distruzione del parco
- non ci sarebbe assolutamente bisogno data l’esistenza di altri spazi
utilizzabili per lo stesso scopo, che potrebbero essere destinati al riuso e
che invece saranno condannati all’abbandono a tutto vantaggio di nuovo consumo
di suolo.
Né docenti né studenti si oppongono alla
realizzazione del nuovo spazio da dedicare al dipartimento di Chimica, oggetto
ufficiale del contendere, ma chiedono soltanto che questo si realizzi senza aggiungere
cemento, visto che ciò è possibile, salvando il verde pubblico.
L’esecuzione
del nuovo edificio era già stata progettata nel 2013 e poi rivista e variata
nel 2014, quindi il “giallo” lo si ritrova solo nell’evoluzione della faccenda.
Secondo il Rettore, prof. Resta, è stata esperita ogni giusta procedura e
quindi l’autorizzazione a procedere nell’abbattimento degli alberi per far
posto alla nuova palazzina è regolare.
Secondo
alcuni rappresentanti del Municipio di competenza la scelta è stata deliberata
senza darne la dovuta comunicazione, quindi commettendo una scorrettezza sul
piano istituzionale e tenendo all’oscuro i residenti che verrebbero privati di
questo piccolo polmone di verde.
Secondo
i docenti che hanno chiesto il blocco dei lavori e lanciato una petizione (ancora
sottoscrivibile a questo link http://chng.it/CZZRKyQM) l’avvio dei lavori è stato deliberato sulla base di
piani di costruzione redatti nel 2013 e 2014 e comunque riferiti ad una diversa
area e senza il rispetto dei regolamenti vigenti, col silenzio difficilmente
commentabile del Sindaco Sala e dell’Assessore all’Urbanistica Maran.
Mentre
si cerca di capire, si scopre che all’interno del giallo c’è anche lo scandalo.
Anzi, gli scandali perché, stando alla denuncia del gruppo “Milano in Comune”
gli scandali sarebbero due: uno verde
e uno atomico. Sì, perché rientra in questo piano anche la
demolizione di una palazzina contenente un
reattore nucleare sperimentale
sulla cui area, dopo la messa in sicurezza, verrebbe creato un piccolo giardino
pubblico come compensazione della distruzione del campus universitario. Ma il
decommisioning del reattore nucleare, cioè la messa in sicurezza, prevede un
tempo ipotizzato tra i dieci e i venti anni e, secondo alcuni degli oppositori
al progetto, creare un giardino in zona già radioattiva non fornirebbe le
giuste rassicurazioni neanche dopo la bonifica della stessa, oltre al fatto che
quei bambini che potranno eventualmente usufruirne non sono ancora nati e
quelli oggi deprivati del loro giardino non saranno più bambini quando l’area
sarà disponibile.
La
docente del dipartimento di ingegneria ambientale che ha lanciato la petizione,
la prof. Arianna Azzellino, dichiara che “Ritenendo il consumo di suolo
l’impatto più importante di questo intervento si era chiesto al Senato Accademico di poter avviare
una riflessione e un approfondimento sul progetto attraverso il coinvolgimento
delle tante competenze presenti in ateneo, ma il Senato non ha accolto la richiesta di
avviare una riflessione e un approfondimento istruttorio sull’opera e il
Politecnico ha perso l’opportunità di mettere a sistema le proprie competenze
per rendere questo progetto molto più sostenibile”
La bella facciata del Politecnico di Milano |
Mentre al
Politecnico si lotta per salvare questo piccolo ma importante spazio verde, da
varie parti d’Italia arrivano notizie di centinaia di alberi ad alto fusto
abbattuti sebbene in buona salute, con il placet delle varie amministrazioni
comunali che poi, ove possibile, si mostrano nella veste di difensori
dell’ambiente facendo foto di propaganda con zappette in mano e invitando i
giovani a proteggere l’ambiente.
“Tutto questo ci sembra un tradimento nei
nostri confronti” ha detto un ragazzo molto giovane in una delle tante
iniziative che si stanno avvicendando per salvare il campus, mentre un docente
di Fisica del Politecnico ricorda “che l’Obiettivo
del Nuovo Regolamento d’Uso e Tutela del Verde Pubblico e Privato del Comune di
Milano sarebbe la difesa del verde cittadino, considerato bene comune per questo risulta incredibile che
proprio un’istituzione pubblica e votata alla scienza possa farsi promotrice di
tale scempio e che il Comune di Milano
si faccia supporter dello stesso.”
Alla
petizione firmata da circa 7000 persone, alle richieste di sospensione dei
lavori fatte da alcuni rappresentanti del Terzo Municipio, agli articoli su
giornali locali e nazionali, alle interviste radio, ai presidi pubblici, alle
richieste di revisione in base a dati scientifici dimostrati e dimostrabili,
alle proposte di confronto, alle lettere inviate sia al Rettore che al Senato
accademico e al Sindaco Sala, l’unica
amara risposta che si è avuta, la si è avuta stamattina, 4 dicembre, ed è stato
il ronzio delle motoseghe che hanno iniziato a uccidere gli alberi.
Il
Rettore, dando prova di disprezzo e di arroganza verso studenti, docenti,
cittadini e consiglieri comunali, forse supportato dal Sindaco o forse no, non
ha tenuto conto di alcuna richiesta e stamattina è iniziata “la danza macabra”
che pare abbia, tra l’altro, un costo
di 44 mila euro. Denaro speso per distruggere, quindi tolto ai cittadini
nello stesso tempo in cui si toglie loro bene pubblico e comune.
Dov’è in tutto questo il Sindaco Sala? Anche questo fa parte
del giallo. In forma diversa abbiamo sentito ripetere la stessa domanda da
chiunque. Già, dov’è il Sindaco Sala? Oggi dovrebbe essergli pervenuta una
nuova lettera, indirizzata oltre che a lui all’Assessore Maran e ancora al
Rettore chiedendo ragione del perché si è derogato a ogni regolamento vigente
per poter realizzare questa nuova costruzione a danno del parco Bassini.
Il Rettore, nonostante le molteplici richieste e l’intervento
del consigliere comunale Minguzzi che ha chiesto la momentanea sospensione dei
lavori si è dichiarato irremovibile e domani le motoseghe saranno nuovamente in
azione. A questo il comitato spontaneo che si è formato sotto il nome di “Salviamo gli alberi del campus Bassini”
ha risposto tramite social chiamando tutte e tutti a difendere il Parco
presidiando il cantiere.
Sembra una lotta impari: da una parte il potere e
l’arroganza a servizio della devastazione ambientale e, dall’altra, la
resistenza al potere e all’arroganza per salvare dalla devastazione questo micro spicchio di pianeta. Non
sembra, è, una lotta impari, ma
questo non significa che la si debba perdere.
Intanto una
vittoria straordinaria questo comitato spontaneo l’ha già avuta: ha visto nascere accanto alla
determinazione di una persona che ha preso di petto il problema con coraggio,
la professoressa Azzellino, un movimento
intergenerazionale autentico e autenticamente a difesa di un bene comune
oltre che pubblico. Se questo movimento
riuscirà a fermare le motoseghe, la vittoria andrà ben oltre il parco Bassini e
avrà la forza positiva dell’esempio. Se invece non ce la farà, avrà comunque
fatto crescere consapevolezza: quel bene che una volta acquisito non si perde
più.