SAGGEZZA
di
Gabriele Scaramuzza
Eugenio Borgna |
In
questo saggio Eugenio Borgna ci offre di nuovo, e con quella scrittura
coinvolgente, snella e piana che abbiamo sempre ammirato in lui, una
meditazione su una delle idee-chiave della nostra tradizione culturale, oggi
purtroppo caduta in discredito. Caso vuole che la lettura di Saggezza
cada in giorni in cui sto insieme leggendo il tuttora coinvolgente Corpo
celeste (opportunamente riproposto da Adelphi), di cui mi ha fatto dono una
sensibile amica. Le pagine di Anna Maria Ortese conservano tuttora un grande
fascino: non voglio omettere di ricordare qui il respiro della libertà che le
anima (“cosa vuole dire nazismo – il disprezzo totale del Respiro dell’altro –
lo abbiamo dimenticato”), il tema di una ragione che si oppone a quanto
l’autrice chiama intelligenza (ma qui avrei usato il termine intelletto,
intellettualismo), la valorizzazione della scrittura, la perdita di rilievo di
“la solitudine, il silenzio, l’ombra”, sono tra i temi che più mi hanno
catturato.
Tornando
a Borgna, la sua scrittura ancora una volta ha esercitato una virtù terapeutica
su di noi che leggiamo, ci aiuta ad orientarci meglio, a non restar vittima del
mainstream di opinioni, di comportamenti, di scelte pregiudiziali di valori,
che tutto travolge senza lasciar sbocchi. Tanto più che, coerentemente con l’intero
suo pensiero, anzi con l’intera sua vita dedicata alla “cura delle anime” -
Borgna è psichiatra per vocazione e per professione, si sa - la sua riflessione
non si limita a far tesoro della sua pur lunga e meritoria esperienza di medico
e di scienziato, ma ricorre alla filosofia (presenti sono i nomi di Platone,
Aristotele, Paolo di Tarso, Agostino di Ippona, Erasmo da Rotterdam, Michel de Montaigne,
Arthur Schopenhauer, Søren Kierkegaard, Friedrich Nietzsche, Romano Guardini,
Elias Canetti, Teresa di Calcutta, Cristina Campo, Etty Hilesum, Simone Weil,
Max Scheler, Emmanuel Lévinas, Winfried G. Sebald, George Steiner). Soprattutto
Borgna attinge abbondantemente, come gli è connaturato, a quella forma di
pensiero che della grande letteratura e della poesia: si incontrano nelle sue
pagine Eschilo, Sofocle, Giacomo Leopardi, Friedrich Hölderlin, Fëdor
Dostoevskij, Marina Cvetaeva, Rainer Maria Rilke, Marcel Proust, André Gide,
Franz Kafka, Robert Musil, Dietrich Bonhoeffer, Thomas Mann, Eugenio Montale,
Vladimir Nabokov Tra i musicisti troviamo Robert Schuman, tra i pittori Edvard
Munch.
Tanto
più appassionante per noi è che le considerazioni di Borgna si nutrono di temi
nodali della nostra esperienza quotidiana. Esperienza in cui il termine
saggezza “può essere considerato antiquato e astratto, stravolto dal dilagare
di forme di vita sempre più contrassegnate dall’esteriorità, dalla tecnica”,
tanto che “tendono a far a meno dell’interiorità, della meditazione e della
riflessione”. Non di rado si impongono modi di fare aggressivi, sgarbati,
offensivi, umilianti al fondo; ci si rifiuta di capirli (Ortese: “io li
rifiutavo semplicemente tacendoli”), nella speranza di non averli intesi
bene, ci si chiede cosa dia il diritto di assumere simili atteggiamenti verso
altre persone, nel tempo stesso in cui reclamano verso di sé un rispetto che
negano ad altri.
Tendenze
dominanti sono “la fretta, l’accelerazione”. Moritz Geiger, allievo di Husserl
di cui mi sono occupato anni fa, resta per me un esempio di “uomo saggio”, non
a caso travolto dalla tempesta che si addensò sull’Europa negli anni Trenta. Di
lui testimonia un allievo, e poi filosofo in proprio, Hermann Zeltner: “non era
mai indaffarato, sembrava sempre aver tempo a disposizione”. Di quanti oggi ci
si potrebbe ricordare in questi termini? Ai giorni nostri, per le strade e sui
mezzi pubblici troppe persone sono chiuse sui loro cellulari, inavvicinabili; si
soffocano progressivamente gli spazi per il dialogo, persino per la mera
chiacchiera – noiosa, banale, si sa, ma strada aperta a una comunicazione
possibile. Sono messi da parte ambiti legati a quella che un tempo si diceva interiorità;
sviliti - quando non relegati nell’ambito di quel pernicioso “buonismo” che ha
ormai surrogato, e con ciò esautorato, ogni autentica bontà - risultano valori
quali la gentilezza, la fragilità, la generosità, la diversità, la solitudine, l’empatia
come immedesimazione negli altri: “le fondazioni etiche della vita e
dell’agire”, come Borgna riassume in poche parole. Nel mondo delle mie attuali
letture gli fa eco a suo modo, ripeto, Anna Maria Ortese allorché, nel suo tuttora
coinvolgente Corpo celeste, denuncia il “grande buio morale” di tempi -
lontani è vero, ma non così estinti - e aggiunge: “nella parola ‘morale’
comprendo una quantità. di cose. Ne dirò una sola: il vivere con pietà e amore
in mezzo agli altri”.
Il
testo di Borgna si articola in capitoli da cui emerge la rete di connessioni concettuali
e vissute in cui la saggezza vive. Nella costellazione di termini di cui
s’intesse rientrano gentilezza, attenzione, ascolto, silenzio, senso dei
limiti, rinuncia, tempo, emozioni e la conoscenza che in essa si dà corpo
(“sono forme di conoscenza”, sottolinea Borgna a ragione), gli occhi e il loro
linguaggio; colpiscono le pagine dedicate alla saggezza nella vecchiaia e alla
follia al femminile, infine prendono non poco le pagine verso la fine dedicate
ad Antigone. Non poco riprende temi a lui cari, e ritornanti nei suoi lavori. Non staremo a inseguirli. Quel che qui ci
importa è l’attualità del tema che affronta, il suo mordere nelle situazioni
della nostra vita. Il non trovar mai tempo per lo più: il non saper ascoltare,
il liquidare con fastidio qualsivoglia tentativo di parlare con altri, di farsi
ascoltare, l’essere sbrigativi, la cattiva solitudine in cui tutto questo
getta, l’incremento di ansia, di depressione, di scontento che comporta. Ancora
una volta ha più che mai ragione Anna Maria Ortese quando, in Corpo celeste,
osserva poco più avanti osserva poco più avanti annota: “Chi vuol dire
qualcosa, non spera più di esser capito”. “Un ben strano destino”, annota poco
più avanti, incombe: “Di credersi il peggiore e trovarsi, alla fine, dopo mille
convulsioni di speranza e di dolore, d’accordo con quanti lo spinsero via e
persuasero di essere un sognatore, con nulla o quasi da dire. E forse il
castigo, forse non castigo - reale sanzione del nulla a coloro che onorarono la
maestà del vivere e patire terreno -, fu l’indurli a credere che non vi era una
maestà del vivere e del patire”.
Voglio
concludere con le parole di Borgna alla pagina 126 del testo: “Non basta
volerlo per essere, o divenire, saggi. Il cammino verso la saggezza è un camino
frastagliato e faticoso che ha come premessa tante cose: conoscersi, conoscere
le emozioni che sono in noi, essere inclini ad ascoltare, prestando loro
attenzione, le persone che il destino ci fa incontrare, essere fedeli agli
ideali di giustizia, voler esser saggi. Cose che talora non bastano a farci
agire saggiamente, perché la saggezza è conoscenza razionale delle cose, ma
nelle sue scelte ultime è intuizione e immaginazione, amore del prossimo: a
questo ci di educa, ci si può educare, certo, ma con grande impegno e talora
grande fatica”.
La copertina del libro |
Eugenio
Borgna
Saggezza
Il
Mulino, 2019
Pagg.
133, € 12, 00