di
Franco Astengo
L’esito
delle elezioni britanniche del 12 dicembre è stato particolarmente chiaro e non
sussistono dubbi di interpretazione: non hanno vinto i conservatori ma hanno
perso i laburisti. L’incremento dei tories, infatti, sul piano complessivo (che
in Gran Bretagna non conta) è stato minimo: da 13.662.914 voti il partito di
Boris Johnson è passato a 13.945.200 guadagnando 282.286 suffragi.
Contemporaneamente
il Labour scendeva da 12.874.985 voti a 10.292.054 con un arretramento di
2.582.931 unità: un vero e proprio tracollo che ha portato alla perdita di 59
seggi.
La
maggior parte delle perdite laburiste sono confluite verso i Liberaldemocratici
con un guadagno di 1.303.577 suffragi: la particolarità del sistema elettorale
britannico basato sul plurality “secco” (sistema costruito in tempi di rigido
bipartitismo) ha fatto sì che per i liberaldemocratici quest’aumento di voti
abbia corrisposto alla perdita di un seggio da 12 a 11.
Ancora
una volta il dato più interessante delle elezioni britanniche è dato
dall’analisi dell’indice di distorsione che il sistema elettorale produce nel
merito della capacità della formula usata di produrre rappresentanza politica:
negli ultimi tempi la frammentazione aveva anche reso difficile la
governabilità mentre l’esito di questa tornata (considerato l’omogeneità sul
territorio fatta registrare dal Labour Party) ha prodotto una maggioranza
certa.
Esaminiamo
allora alcuni dati che evidenziano proprio questo indice di distorsione.
Andando
per ordine:
Nel
2017 i conservatori ebbero 13.632.914 per 317 seggi: servirono quindi 43.006
voti per ogni seggio (naturalmente nella realtà non è così data la diversa
popolazione per ogni collegio). Due anni dopo i voti sono stati 13.945.200 per
364 seggi: 38.310 suffragi a seggio. Attenzione a questo dato.
Due
anni fa i laburisti avevano ottenuto 12.874.985 voti per 262 seggi, 49.141 voti
per ogni deputato eletto. Nel 2019 i voti sono stati 10.292.054 per 203 eletti:
50.699 ciascheduno. In fondo una differenza minima per ogni collegio a fronte
di una perdita molto secca sul piano complessivo ma spalmata sul territorio in
modo da perdere 59 deputati.
La
distorsione prodotta dalla formula elettorale ha colpito particolarmente i
Liberaldemocratici principali eredi del voto in perdita dei laburisti. Il
partito di Jo Swinson ha ottenuto 3.675.342 voti incrementando di 1.303.570
unità (2017: 2.371.772) e perdendo un seggio da 12 a 11. Ogni deputato è quindi
“costato” in termini di voti 334.122 unità, quasi dieci volte tanto un deputato
conservatore.
Al
contrario il partito Unionista nordirlandese è salito da 8 a 10 deputati
ottenendo 292.316 voti: 29231 a seggio, mentre i Verdi hanno ottenuto il loro
unico collegio (Brighton Pavillon) pur avendo realizzato un totale di 864.743
voti con una crescita di 339.372 unità
Il
partito della Brexit che si è presentato soltanto in un certo numero di collegi
utilizzando il meccanismo della desistenza per favorire i conservatori ha
totalizzato 642.303 voti e rimane comunque escluso dalla Camera dei Comuni
Registriamo
anche un caso di calo abbastanza considerevole nell’ambito di piccoli numeri e
di tenuta nel numero dei seggi: il Sinn Fein, infatti, ha perso 57.332 voti (su
238.915) mantenendo i suoi 7 seggi che adesso valgono ciascuno 25.940 voti. Da
segnalare anche il risultato del partito Socialdemocratico e Laburista
nordirlandese che ha avuto 2 seggi con 118.737 voti mentre nel 2017 con 95.419
non aveva vinto in alcun collegio.
Infine,
per queste prime sommarie indicazioni, un riscontro circa la partecipazione al
voto rimasta pressoché inalterata: nel 2017 si ebbero complessivamente
32.196.918 voti validi, nel 2019 un minimo decremento che ha portato il totale
dei suffragi regolarmente espressi a fermarsi a 31.930.307 (su 649 collegi
scrutinati su 650).
L’indicazione
conclusiva riguarda l’attualità della formula elettorale britannica: in questo
caso il dato di governabilità è stato assicurato, ma per caso in quanto
l’indice di frammentazione nel rapporto voti /seggi appare assolutamente
squilibrato causando un vulnus nella capacità di rappresentanza del sistema. Un
dato che deve essere ben analizzato anche da chi, in Italia, si appresta
all’ennesima modifica del sistema elettorale e risulta pendente anche un
referendum attraverso il quale si pretenderebbe di imporre anche da noi il
maggioritario secco.
Da
far notare, in questo senso, che nel caso dell’UK i conservatori realizzano la
maggioranza assoluta con circa 13 milioni di voti e i loro oppositori, di
diversa estrazione e collocazione, ne mettono assieme 18 milioni: una
maggioranza assoluta attribuita a una minoranza relativa.