PER L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA
Il Trio |
Napoli. Da molti mesi Matteo Salvini è in difficoltà,
nonostante abbia al suo attivo un lavoro meticoloso di fagocitazione delle
baronie del voto organizzato ed anche l’ostilità di gran parte dell’opinione
pubblica ad un governo come quello attuale, in preda al feticismo fiscale.
Tutto ciò può procurargli ancora risultati elettorali; d’altro canto il suo
mito personale si è molto appannato, sia per come ha malamente provocato e
gestito la crisi del precedente governo, sia per le sue retromarce sull’euro.
In questo momento perciò un movimento come le “Sardine” rappresenta per lui una
boccata di ossigeno. In nome di un antirazzismo generico, le “Sardine” e la
loro grancassa mediatica fanno risalire Salvini per qualche momento sul
piedistallo del presunto “Uomo Forte”, del molto presunto campione del
populismo che minaccerebbe la democrazia. (1)
Lunedì scorso, durante il dibattito al
Senato sul Meccanismo Europeo di Stabilità, Giuseppe Conte lo ha preso ancora
una volta per i fondelli e in un certo senso lo ha sfidato, sapendo che, sulla
questione MES, Salvini ha la coda di paglia. Se Conte non avesse voluto
strafare, lasciandosi andare all’incauta dichiarazione secondo la quale
l’accordo sulla riforma del MES sarebbe ancora emendabile, l’evidenza sarebbe
stata del tutto contraria a Salvini. Se davvero fosse stato il MES la vera
questione in campo, perché la crisi non è stata fatta scoppiare a giugno,
quando i giochi si stavano compiendo? E perché, allorché ha provocato la crisi
ad agosto, Salvini non ha fatto alcun cenno al MES?
La risposta l’ha data indirettamente
qualche giorno fa il governatore leghista del Veneto, Luca Zaia, quando in
un'altra incauta dichiarazione pubblica, ha affermato che l’ostacolo alla
realizzazione dell’autonomia differenziata (la cosiddetta “secessione dei
ricchi”) era rappresentato dai 5 Stelle. Sebbene formalmente all’opposizione,
la Lega ha potuto negoziare con il PD un accordo per l’autonomia differenziata,
promosso dal ministro per gli affari regionali Francesco Boccia. (2)
Rimane aperta la questione della
regionalizzazione della Scuola, ma Zaia ha fatto capire che è solo questione di
tempo, per cui il “trasferimento di competenze alle Regioni” consentirà un
assalto in grande stile alla spesa pubblica. Per Boccia non è stato neppure
difficile convincere i governatori meridionali, poiché la “secessione dei
ricchi” non comporterà affatto la fine di trasferimenti finanziari al Sud, che
in realtà non ci sono mai stati. In questa circostanza ha operato quel
partito unico trasversale dell’autonomia differenziata, che in questi anni è
stato il protagonista oscuro della politica italiana.
A proposito di oscurità, grazie all’aiuto
dei media la Lega è riuscita a nascondere il proprio europeismo in chiave
secessionistica interna. La realtà è che la questione della riforma del MES (il
tentativo di istituire un Fondo Monetario Europeo) non preoccupava il vero
gruppo dirigente della Lega (Zaia, Maroni, Giorgetti), che aveva utilizzato la
riforma del MES come merce di scambio con l’UE per poter accedere al paradiso
della Macroregione Alpina, sotto la tutela coloniale della Baviera: una
Macroregione concepita come una specie di svizzerona riservata ai popoli ricchi
del Centro-Europa. (3)
Oggi i 5 Stelle sono costretti a
considerare l’attuale governo come la loro ancora di sopravvivenza, perciò
tacciono sull’autonomia differenziata e puntano su temi demagogici come la
riduzione del numero dei parlamentari o su temi forcaioli come l’abolizione
della prescrizione, che rappresenta una minaccia solo per i poveri disgraziati,
dato che ai potenti i giudici potranno sempre offrire altre vie di salvezza,
magari inventandosi qualche altro alibi per recitare la parte dei probi e prodi
magistrati vittime degli intrighi della politica.
Non che il casino sul MES sia un diversivo
per nascondere l’autonomia differenziata; anzi, il MES è un pericolo
altrettanto grave. Sinora il MES si è limitato a succhiarci decine di miliardi
ma, nella nuova versione, esso non si limita a formalizzare i rapporti di forza
esistenti, bensì addirittura li esaspera, creando una sorta di tribunale dei
Paesi forti contro i Paesi deboli. Si è recriminato molto sul modo in cui Conte
e Tria hanno condotto il negoziato ma, in effetti, qualcosa era stato ottenuto
e, semmai, il vero errore è stato di aver accettato di sedersi ad un tavolo in
cui si prendeva in considerazione un’ipotesi assurda come la ristrutturazione
del debito italiano. Più di due terzi del debito pubblico italiano sono infatti
collocati all’interno del Paese, quindi anche lo spread è in gran parte un
affare interno italiano, un regalo che i governi fanno alle banche, consentendo
loro di lucrare su interessi più alti. La Germania è perfettamente a conoscenza
della manfrina italiana ma la strumentalizza in chiave emergenziale, paventando
un nuovo caso Grecia per imporre all’Italia politiche deflazionistiche che
azzerino la concorrenza industriale italiana e mettano in difficoltà le banche
nostrane in modo da poterle cannibalizzare. Una classe politica come la nostra,
che ha mentito per anni agli Italiani sul debito e sullo spread, non è in grado
di reagire al falso e pretestuoso allarmismo tedesco.
Ma se il caso MES è finalmente scoppiato,
non è stato per volontà di Salvini che non ne aveva nessuna voglia, ma perché
questi si è fatto scavalcare e condizionare dalla sua minoranza antieuropeista
interna, creata strumentalmente da Salvini stesso in funzione meramente
elettoralistica. In questi giorni Salvini si trova anche incalzato da Giorgia
Meloni, che sta cavalcando il pericolo MES in chiave nazionalistica, quindi è
costretto anche lui ad alzare la voce su un tema che lo mette in difficoltà nel
perseguimento del suo vero obbiettivo, cioè l’autonomia differenziata.
Qualche settimana fa Salvini aveva pensato
di liberarsi di Claudio Borghi e Alberto Bagnai, così come aveva già fatto
venticinque anni fa Umberto Bossi con il professor Gianfranco Miglio. Salvini
forse credeva che la sua intervista al “Foglio” sulla irreversibilità
dell’euro, mettesse in imbarazzo la minoranza europeista e la costringesse al
silenzio o all’uscita dal partito. Borghi e Bagnai invece hanno fatto finta di
nulla recitando la parte dei leghisti fedeli alla linea e al capo, aspettando
il momento buono per far esplodere la questione. Il fatto di essere stati
estromessi dalle cariche di governo e di essersi “accontentati” della
presidenza di commissioni parlamentari, ha fatto persino gioco ai due
antieuropeisti, consentendogli di agire da battitori liberi e di convocare il
ministro dell’Economia Gualtieri per l’audizione che ha fatto esplodere il caso
MES. (4)
Vediamo quindi un politico
“professionista” come Salvini, il “nuovo Hitler”, messo regolarmente alle corde
da politici dilettanti come Conte da una parte e Borghi e Bagnai dall’altra.
Meno male che ci sono le “Sardine” a dare una verniciatina all’immagine di
Salvini.
[Comidad Napoli]
Note