di Petronilla Pacetti
Sulle tracce di Santa Petronilla
Roma. È una mattinata fredda,
illuminata dal pallido sole di un autunno che lentamente, ma inesorabilmente diventa
inverno nella città eterna in cui sono cresciuta e in cui vivo ormai da tutta
la vita; esco di casa, imbocco una strada laterale e percorrendola mi trovo di
fronte la cupola di S. Pietro (Il Cupolone, come diciamo qui) incorniciata
dentro il cerchio che sovrasta un vecchio cancello, un'immagine, punteggiata da
stormi di uccelli in volo, che mi emoziona sempre. Mi muovo nella sua direzione
finché, per la vicinanza non scompare; allora costeggio le Mura Vaticane
passando davanti alla porta originale, monumentale, assediata da turisti di
tutto il mondo, dei Musei Vaticani, e raggiungo quella moderna, aggiunta negli
ultimi decenni, che miracolosamente è perfettamente inserita nelle Mura, come
se fossero nate insieme. La supero, giro l'angolo e raggiungo il colonnato, ora
reso un po' meno perfetto, non dal tempo, ma dai varchi inseriti per necessità
di sicurezza. Attraverso la piazza di lato, velocemente per paura della fila,
che, però, è meno folta del solito, per il freddo e perché oggi non è uno dei
giorni di maggior richiamo. Ci contavo, in effetti. Dopo una breve attesa,
quindi, sono dentro la basilica e mi dirigo a destra dove si trova l'opera per
me più straordinaria (come dice anche il Vasari) che sia mai stata compiuta: la
Pietà di Michelangelo; che, per un misterioso insondabile legame, fu
inizialmente destinata alla cappella di S. Petronilla, di proprietà dei Re di
Francia, che considerano la santa del I secolo (figlia, forse adottiva, di
Pietro) loro Patrona. E, in effetti, il lavoro venne commissionato dal
cardinale Jean Bilhères, ambasciatore e governatore
di Roma per il re francese Carlo VIII, che morì il giorno fissato per
l'installazione. Nel 1517, venne poi collocata in San Pietro la statua, di cui
si potrebbe dire, come scrisse il critico Belinskij per Povera gente di
Dostoevskij, che «un simile capolavoro può essere scritto, a
venticinque anni, solo da un genio». Rimango
qualche emozionante minuto di fronte all'opera che più amo, poi dopo un ultimo
sguardo allo splendore (il marmo fu trattato in un modo particolare) che emana
questa meraviglia, inebriandomene, mi sposto, in fondo, sempre sulla destra,
verso l'altare di S. Petronilla, dove, sopra le sue spoglie, campeggia enorme,
grandiosa, la copia musiva del quadro Sepoltura
e gloria di santa Petronilla del Guercino, a volte chiamato anche
“il pittore di Santa Petronilla”. L'originale di questo lavoro, concluso nel
1623, che Goethe definì “stupendo”, è collocato dentro la sede storica dei
Musei Capitolini, il Palazzo dei Conservatori, nella sala di Santa Petronilla.
Dopo qualche istante mi volto per uscire sfiorando appena con gli occhi il Baldacchino
del Bernini, un ciborio troppo barocco, troppo scenografico, troppo scuro,
inserito, a mio parere, per sottrarre luce e fama alla perfezione della cupola
che lo sovrasta.
Guercino "Sepoltura e gloria di S. Petronilla (particolare) |
Esco sul piazzale e imbocco via della Conciliazione per ammirare
voltandomi, come faccio sempre, la basilica nel suo insieme cercando di non
vedere la facciata con cui Carlo Maderno ha coperto, trasformandolo, il disegno
di Michelangelo, le statue barocche in alto e soprattutto gli orologi del
Valadier. Comunque, per quanto incredibile possa essere, tutti questi tentativi
di soppressione del progetto del grande fiorentino (peraltro ripreso
sostanzialmente da quello di Bramante che possiamo ammirare, in effetti, sulla
parte interna della costruzione, dentro il Vaticano) non sono riusciti a
distruggerne l'armonia e la bellezza, che Michelangelo, ormai vecchio, andava
ogni giorno, a cavallo, ad ammirare e a controllare, consapevole della sua
grandezza, fino alla morte, nel 1564. Mi avvio velocemente alla fermata dell'autobus per
raggiungere il primo sepolcro di Santa Petronilla, nelle Catacombe di Domitilla, sulla via Ardeatina, il più grande ed il più
antico cimitero sotterraneo di Roma (120 d.C.). Qui si trova l’unica Basilica semi sotterranea esistente a
Roma dedicata, oltre alla santa, ai martiri Nereo e Achilleo; accanto esiste da
alcuni anni un piccolo museo dove possiamo conoscere l'arte delle catacombe dal II al IV secolo d.C. Inoltre
gli affreschi restaurati raccontano visivamente la fede dei primi cristiani. Su
questi muri Petronilla viene indicata come Martire.
Buonarroti "La Pietà" (Il volto dolente della Madre) |
È
tardi. Il sole di un tardo autunno è quasi tramontato sulla città eterna. Salgo
velocemente i gradini della scalinata passando, quasi ad ogni passo, dall'ombra
al cerchio luminoso dei lampioni accesi che accompagnano la salita. In quella luce
soffusa scorgo appena le parti più alte dei grandi, magnifici edifici che
delimitano lo spazio che Michelangelo volle creare come se fosse una piccola
parte di Firenze a Roma; e dove, nel Palazzo dei Conservatori, è conservato il
quadro originale del Guercino su S. Petronilla. Ecco, sono in cima, vedo il
meraviglioso disegno della piazza del Campidoglio, un gioiello rinascimentale fra
la Roma antica e quella barocca, tanto più prezioso perché così raro e inaspettato
proprio qui dove regna l'imponenza dell'eternità e, vicinissimo, lo splendore
quotidiano del Medioevo. L'attraverso, quasi di corsa mi affaccio sul Foro
Romano e guardo il cielo sopra di me: lo stesso orizzonte che gli antichi
abitanti di questa città hanno ammirato per secoli, secoli prima di me. E le
stelle brillano di nuovo e ancora della stessa magia di allora. Eppure di una
luce sempre diversa, mutevole ed eterna.