INTORNO A DIOCREME IN CIANCE
Conversazione tra Cesare Vergati e Giulio Giorello
C. Vergati |
Vergati: L’arte e la scienza viaggiano
insieme: sono compagni di medesima strada, compagnons
de route. Come nell’arte, come nella vita, così anche nella scienza l’uomo
ha da fare i conti con la pratica ferocemente voluta dal modo d’essere di Diòcreme
(anagramma di mediocre); il culto, l’idolatria sua per l’umidità, scrive
Virginia Woolf: “...damp, which is the most insidious of all enemies,..damp
is..ubiquitous” Orlando p. 157, Penguin Books, (“l’umidità, nemico oltremodo
insidioso.. sembra avere il dono dell’ubiquità”) p. 784 I Meridiani Mondadori,
Milano, 1998.
G. Giorello |
Giorello: Certamente, anche nell’ambito del pensiero scientifico si ha a
che fare con questo diffuso fenomeno. In tale senso appare chiara la modernità
di John Milton. Nel Paradise Lost Milton scrive: “What pleasure I from such obedience paid, When will
and reason (reason also is choice) Useless and vain, of freedom both despoiled,
Made passive both, had served necessity, Not me. (“E che piacere, io, da un simile tributo d’obbedienza, quando
la volontà e la ragione e la ragione è essa stessa una scelta si fossero
ridotte a cose inutili e vane, spogliate entrambe della libertà, rese entrambe
passive, utili ormai a servire non me ma unicamente la necessità?”): Mondadori, Milano 1984, a cura di Roberto Sanesi, libro
III vr. 107-111. Milton pone l’accento
sulla forza della ragione, quale supremo strumento di libertà. La questione
scientifica è stata sempre un metodo d’indagine volto a rivendicare piena
facoltà di scelta. Il problema della scelta si imponeva già nella contrapposizione
tra il sistema tolemaico e quello copernicano; nell’esigenza di dare rilevanza al
pensiero di Giordano Bruno; per non dire del dibattito novecentesco sulla
materia, del contributo di Einstein (teoria della relatività) e quello di Planck
(teoria dei quanti ). In ultima analisi la scienza ha dovuto scegliere di
andare in una direzione o nell’altra. La ragione, in quanto facoltà del pensare,
deve fare le sue scelte.
V: Nel poema il nostro singolare
personaggio invece rimane fermo, immobile, a mezza strada; in un perenne incontrovertibile,
stagnante, immutabile, insormontabile stato delle cose, perso letteralmente in
mezzo alle cose, intimamente compreso di una immancabile bislacca volontà, che
serve dunque unicamente la necessità, orfana di pensiero: sebbene sentimentalmente
- quale suo cupo cavernoso malessere in questa contraddizione - sia legato
(inevitabilmente) alla sua straziante penosa affannosa condizione. Riguardo
alla ragione chissà potremmo suggerire che La raison a ses raisons que le coeur ne connaît point (La Ragione ha le sue ragioni che il cuore non conosce punto),
per semplice aggiunta al ben noto adagio filosofico di Pascal, in qualità “d’omesso”
elemento dialettico. Il concetto di scelta - il modo del discernimento - abbiamo
naturale coerenza di porlo accanto a quello di responsabilità.
G: Responsabilità politica, anzitutto. Nell’agorà greca la persona che interviene nello spazio pubblico della polis, consacrato alla riunione dei cittadini per
valutare più idee, più opinioni, fornisce i suoi motivi, compiendo un atto d’assunzione
di responsabilità. Opera una scelta, modalità questa che va oltre quella consueta
del mito. Si ritrova questo modo d’essere già nei presocratici, e poi in
Protagora, in Gorgia, e anche in Platone. Gli uomini greci usano creare una
fondamentale cosmologia, grandiosa architettura politica sulla base di scelte
ben precise e ricche di suggestioni filosofiche tali da lasciare ai posteri
elementi decisivi per un pensiero che si fondi, in senso lato, anche sulla ragione.
Si pensi per esempio alla vivace
e dinamica contrapposizione di immagini, concetti, argomenti nel contrasto tra
i fautori degli atomi e vuoto (Democrito) e gli avversari, come Platone e
Aristotele.
V: Diòcreme l’uomo umido,
sulla nubecola, prigioniero come in angusta e sinistra segreta mortifera cella
- remoto al mondo - per mente abita (paradossalmente) in ambiente oscuro,
sotterraneo; rifugge dalla consapevolezza del suo stato effigiato a meschina esistenza,
il simile di un cadavere istoriato su muffido arazzo, poiché una eventuale
presa di coscienza politica, in senso greco, avrebbe l’effetto di un cataclisma,
lo stesso cataclisma che questa maschera di livore e violenza vorrebbe portare
a termine contro i non mediocri; l’atto della sola volontà, sua vera necessità,
deliberatamente orbo della preziosa ragione: nell’esempio di una anatomia priva
di fisiologia, fissa in una condizione, sempre l’eguale, di un ristagno insano
del sangue. Nel suo generale modo di procedere la vita applica il metodo della
scienza: per prove ed errori e dunque nell’essenziale si fa prova delle cose, costantemente,
nella scelta. L’umido uomo si pone in una dimensione di fato ineluttabile,
motivo nondimeno utile all’intento di compiacersi massimamente nel suo fermo
guasto stato delle cose, nella curiosa soddisfazione di una istintiva
incosciente sventata risolutezza. Diòcreme, così stando le cose, ha
l’impellente bisogno, ha la volontà - in uso di tutte le forze, in sprezzo di
tutta ragione - il tirannico proposito di dover far assurgere il suo stato a
perfetta convenzione per l’universo intero: la convenzione della stasi.
G: Lo stato delle cose che
Galileo, padre della scienza moderna, fisico, astronomo, matematico e letterato,
per l’appunto mette in discussione. Insomma mette in discussione lo stato
immoto delle cose poiché non si accontenta della superficie delle apparenze, e
ammette che gli avversari mordaci e malevoli in realtà rendono “più viva e più
bella la mia ragione, e desser chiaro argomento che non vulgari fussero i miei
componimenti, allegandomi una commune sentenza, che la vulgarità e la
mediocrità, come poco o non punto considerate, son lasciate da banda, e
solamente colà si rivolgono gli umani intelletti ove si scopre la meraviglia e
l’eccesso, il quale poi nelle menti mal temperate fa nascere tosto l’invidia, e
appresso, con essa, la maldicenza”: Il Saggiatore, a cura di Libero
Sosio, Feltrinelli, Milano, 2015, p.
13; e pertanto considera falsa la “ferma credenza,
che nel filosofare sia necessario appoggiarsi all’opinioni di qualche celebre
autore, sì che la mente nostra, quando non si maritasse col discorso d’un
altro, ne dovesse in tutto rimanere sterile ed infeconda… La filosofia è
scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a
gli occhi (io dico l’universo), ma non si può intendere se prima non si impara
a intender la lingua, e conoscere i caratteri, ne’ quali è scritto. Egli è
scritto in lingua matematica”, p. 38, concetto peraltro presente già in
Leonardo. Galileo si situa nella responsabilità della scelta: per uso del
saggiatore (la bilancia della precisione), per riferimento alle osservazioni
empiriche, e ribadisce coerentemente l’esigenza di combattere per la libertà; in
lotta, pur aspra, contro l’atteggiamento di prevenuta ostilità nei confronti
della ragione e dell’esame scientifico. Lo scienziato rappresenta una propria
visione del mondo, un proprio punto di vista allo scopo di promuovere un
dibattito aperto: sul grande libro, sul vasto mondo; dibattito che ha l’intento di porre il metodo dell’antica agorà al centro del pensiero scientifico. A questo proposito sorge spontaneo richiamare le
parole di John Stuart Mill: “If all mankind minus one, were of one opinion, and
only one person were of the contrary opinion, mankind would be no more
justified in silencing that one person, than he, if he had the power, would be
justified in silencing mankind…. But the peculiar evil of silencing the
expression of an opinion is, that is robbing the human race; posterity as well
as the exiting generation; those who dissent from the opinion, still more than
those who hold it” (Penguin Books, 2010, p.27).
(“Se tutti gli uomini,
meno uno, avessero la stessa opinione, non avrebbero più diritto di far tacere
quell’unico individuo di quanto ne avrebbe lui di far tacere, avendone il
potere, l’umanità. Ma impedire l’espressione di un’opinione è un crimine
particolare, perché significa derubare la razza umana, i posteri altrettanto
che i vivi, coloro che dall’opinione dissentono ancor di più di chi la condivide”). Saggio sulla libertà, il Saggiatore,
Milano 2014, p. 35). Portiamo in noi invero
l’intrinseca urgenza di rappresentare più punti di vista: diversi gli uni dagli
altri, talvolta rivali.
V: Lo stesso Pirandello
nella sua opera mette in guardia dal considerare la verità, intesa come univoca
interpretazione del reale, come qualcosa di dato una volta per sempre e
definibile a priori. Così l’uomo umido crede sentirsi sicuro nella micidiale
lotta, - peraltro del tutto fantastica ed a forma onirica di incubo - agli
oppositori favolosi, ai talenti; effettivamente dimora in un microcosmo
all’aspetto sinistro, quasi a dirsi una maligna favola, una fiaba maledetta, l’intenzione
d’ instaurare un infido clima; si trova in spasmodica attesa - seguendo suo
abituale magheggio - di un venire a lui tutta gente, come una moltitudine
attorno ad un ciarlatano. D’altronde val bene rievocare l’audace proposito di
Miss Evelyn Beatrice Hall: “I disapprove of what you say, but i will defend to
the death your right to say it” (Disapprovo quel che dite, ma difenderò fino
alla morte il vostro diritto a dirlo): in biografia dedicata a Voltaire. Così Milton
il poeta, nel suo scritto polemico Areopagitica,
sceglie di lottare a favore della libertà di stampa, contro la censura, contro l’infamia
di un Editto del Parlamento (Press
Ordinance) inteso a impedire il dibattito delle idee, il libero movimento
dei pensieri, e a contrastare la cultura.
G: Occorre sottolineare che esistono comunque frammenti di verità
che si basano su dati di fatto, da cui il metodo scientifico prende origine. L’interpretazione
non può disconoscere ovvero omettere alcuni elementi obiettivi che hanno avuto
l’avallo autorevole dell’operare della scienza. L’interpretazione, che si
oppone al concetto di verità, sulle orme del sentire filosofico di Nietzsche,
trae grande beneficio dal prendere in rigorosa osservazione anche questi frammenti
di verità.
V: Questo concetto di
apertura e diponibilità all’ascolto non pertiene al mondo dell’uomo umido
tantomeno alla sua natura, poiché Diòcreme resta saldo nel suo luogo costituito
ora da una rocca diroccata, ora da una barca, ora da una nubecola, luoghi
immutati ed immutabili; infatti il viaggio che intraprende - necessariamente -
da terra a mare a cielo, in realtà, non è altro che un tutto fallace, una mera spuria
invenzione mentale, un voluto inganno di sé, perché l’interna sua consueta percezione
si vuole solamente protesa a conservare lo
status quo (in suo singolare intendimento e convenienza), come sospeso lui per
infinito tra vita e morte: a metà in una totale clausura inalterabile, al
contempo sua beatitudine e disperazione, conforme alla sua indispensabile regola
di stare felicemente ed infelicemente ancorato per sempre allo stato delle
cose, incapace una volta di più di far appello alla ragione, quella che Lucrezio
invita a praticare, in De rerum natura, di diffidare della superstizione, (destinata comunque a dissolversi), del proprio credo eretto a pensiero unico. Diòcreme di fatto si scaglia con
furore contro “l’inattuale” - unzeitgemaess
presso Nietzsche - colui che non è conforme al tempo diocremèo, all’epoca che
ha come misura la mediocrità.
G: Nella contemporaneità, in modo evidente, si osserva un impulso
che parrebbe irresistibile a voler corteggiare l’attuale: l’avidità di
sottomettersi a concetti predominanti, sovente confusi in opera di scaltro
maneggio, affogati tutti in uno stesso calderone; siffatto guazzabuglio è composto da concezioni del
reale le più facili, le più approssimative, unite - quanto durevolmente - ai luoghi
più comuni, a più frettolosi, superficiali, esteriori intendimenti del mondo e
delle sue cose, congiunte in ultimo a una percezione arida del fare politico e
sociale dell’uomo nel suo insieme.
V: In ultima analisi infatti
l’animo dell’uomo umido, di Diòcreme, si sistema in un orizzonte tutto lineare fatto
di sola volontà, in assenza di ragione, in elusione manifesta di un eventuale intenso
viaggio fin dentro la radice delle cose - il profondo d’essere - pienamente
coinvolto nell’inesauribile progetto di ridurre a niente i non mediocri.