di Francesco
Piscitello
Zingari nei lager |
Caro direttore,
anche quest’anno abbiamo celebrato il giorno della memoria. Una giornata
importante. Tu conosci bene le ragioni che, per ragioni biografiche, rendono
per me particolarmente significativa quella giornata. Ho anche ascoltato con
commozione, con grande commozione, le parole di Liliana Segre al Parlamento
europeo.
Però manca
qualcuno all’appello. Zingari, omosessuali, disabili… Gli zingari in
particolare. Seguo abbastanza l’informazione - televisione, stampa - ma non ho
avuto modo di trovare costoro come oggetto di memoria, se non per vaghi
accenni. La ruspa non passa, evidentemente, soltanto sui loro accampamenti.
Anche come vittime non meritano particolare considerazione.
Io però voglio
ricordarli. Con questi modesti versi.
Una comunità di Rom |
PORAJMOS
Poco fa, al semaforo, una zingara
insisteva ostinata
nel volermi lavare il parabrezza.
«Basta! - ho gridato infastidito -
Smettila!».
E sono andato via.
Porajmos
è un’espressione della loro lingua,
non così conosciuta
come shoah:
nessun Primo Levi tra loro,
né un Simon Wiesenthal.
Quella parola, però, vuol dire
la stessa cosa.
Ne hanno sterminato
mezzo milione a Buchenwald.
E a Bergen-Belsen.
E a Dachau.
E a Treblinka.
E a Sobibor.
E a Ravensbruck.
E a Mauthausen.
E ad Auschwitz-Birkenau…
Devo tornare di corsa al semaforo:
forse la zingara è ancora là.