di Jacopo Gardella
Non
sarebbe piaciuto ad Antonio Monestiroli un ricordo imbastito di pensieri
retorici, di frasi struggenti, di espressioni lacrimose. Uomo serio, rigoroso,
lineare gli si addicono parole semplici e sobrie e soprattutto sincere. Ed in
ciò si riflette per analogia la sua architettura deliberatamente priva di
orpelli, di fronzoli, di aggiunte ornamentali; e ridotta solo a ciò che è
strettamente necessario.
Del
rifiuto di ogni vuoto formalismo, di ogni superflua decorazione egli ha fatto
il principio di tutta la sua lunga e feconda produzione ed ha seguito questo
principio con costanza e determinazione. Le sue architetture sono sempre
ridotte all’essenziale: lineari, nude, spoglie; geometricamente regolari e
disciplinatamente ordinate.
Il
suo maestro preferito e sempre fedelmente seguito è stato Ludwig Mies van der
Rohe. Da lui ha preso l’esempio ed in lui ha trovato la conferma del seguente
basilare principio compositivo: è la stessa struttura dell’edificio che diventa
ornamento e che, esibendo sé stessa e mostrando la sua funzione statica,
acquista un valore estetico e diventa forma essenziale.
Di
Mies van der Rohe come di Monestiroli si può parlare di composizioni astratte:
infatti a somiglianza di un dipinto astratto - formato da elementi geometrici
chiari ed evidenti (linee rette, superfici regolari, angoli ortogonali) - anche
le facciate delle loro opere sono composizioni astratte, cioè combinazioni pure
e semplici di figure geometriche (specchiature rettangolari, linee rettilinee
di pilastri e travi, spigoli ortogonali).
Nelle
architetture di Monestiroli l’influenza del Maestro Mies in molti casi è
evidente ed immediata: come nelle travi reticolari sovrapposte alla copertura
piana dell’edificio a Rogoredo (Milano) che ripetono fedelmente quelle della
Facoltà di Architettura dell’I.I.T. a Chicago; oppure nel rivestimento di
preziose lastre lapidee nel progetto del Ponte dell’Accademia a Venezia ed ispirate
ai setti murari rivestiti di marmo pregiato nel Padiglione di Barcellona. In
altri casi l’esempio del Maestro è meno evidente e meno diretto, tuttavia è
sempre fedele agli stessi principi di ordine e di disciplina in difesa dei
quali entrambi, maestro ed allievo, sono sempre stati esigenti e irremovibili.
Consapevole
di appartenere ad un paese mediterraneo e sentendosi erede di una civiltà
classica Monestiroli introduce nelle sue opere materiali costruttivi propri del
luogo: nel Cimitero di Voghera le murature sono rivestite di mattoni provenienti
dalle vicine fornaci e lasciati interamente a vista: esempio di rispetto per la
cultura edilizia regionale.
Oppure
fa riferimento ad architetture del passato: nella Casa per Anziani a Gallarate
sopra le aperture rettangolari delle finestre sporgono cornici orizzontali che
alludono ai “cappelli” architravati delle finestre nei palazzi
tardo-rinascimentali: esempio di competenza nella Storia della Architettura
nazionale.
Seguire
un maestro non vuol dire copiarlo pedissequamente ma al contrario essere capaci
di imparare dal suo esempio e nello stesso tempo non rinunciare alla propria
personalità.
Questo
basilare imperativo didattico, proprio di chi sa essere un bravo docente, sta
alla base dell’insegnamento universitario di Monestiroli e spiega la grande
stima riconosciutagli dai suoi allievi, i quali ne apprezzavano la capacità didattica
ma allo stesso tempo il desiderio di non imporre la propria visione, la volontà
di istruire ma allo stesso tempo lo scrupolo di non causare inibizioni.
Nei
rapporti con il prossimo Monestiroli ha sempre dimostrato che la Razionalità non
esclude la Sensibilità cioè l’attenzione ed il rispetto per gli altri. Pur
essendo deciso e severo nei suoi giudizi critici, pur censurando con franchezza
e con coraggio le posizioni estetiche ed ideologiche a lui contrarie,
Monestiroli manteneva sempre un atteggiamento leale ed onesto; e nei contrasti
con il prossimo non si dimostrava mai fazioso ed evitava di indirizzarsi
aggressivamente contro chi non condivideva i suoi giudizi.
Se
volessimo usare una parola ormai obsoleta potremmo dire che Monestiroli era “un
gentiluomo” cioè un “uomo d’animo gentile”, un signore di sentimenti buoni,
capace di ascoltare pareri contrari al suo ma mai indotto a disprezzarli.
Alla
correttezza del suo comportamento nel lavoro professionale va aggiunto il suo
affetto in ambito famigliare. La solidarietà con la moglie Elena e l’appoggio dato
ai figli Teresa e Tomaso sono un bell’esempio di famiglia laica, libera ed
unita. A tanti amici che lo ricordano per le sue doti di architetto bravo e
competente merita di essere aggiunta la nostra stima per le sue qualità di uomo
comprensivo e serio.