di
Franco Astengo
In
un quadro generale di grande tensione, con il mondo sull’orlo di una guerra
globale, le piccole vicende interne al sistema politico italiano possono
apparire del tutto secondarie. Ad ogni iniziativa portata avanti da una
sinistra d’alternativa come quella che stiamo cercando di ricostruire
attraverso il “Dialogo Gramsci /Matteotti” è dunque necessario premettere la
priorità del tema della pace di cui il nostro Paese dovrebbe tendere attraverso
un’adeguata politica estera.
Rimane
comunque in primo piano il tema della crisi della democrazia.
Una
crisi che probabilmente condizionerà lo sviluppo prossimo delle vicende È possibile,
infatti, se non probabile, che nella primavera del 2020 si verifichi lo
svolgimento di una vera e propria “stagione referendaria” con al centro la
votazione di quesiti tali da porre in discussione del tipo di democrazia
repubblicana delineata dalla Carta Costituzionale.
Risultano
in itinere ben due scadenze di grande rilievo: la prima, su di un quesito di
rango costituzionale attraverso il referendum confermativo sulla riduzione del
numero dei parlamentari già approvata dal Parlamento; la seconda sulla
richiesta avanzata dalla Lega di abolire la quota proporzionale all’interno
della formula elettorale vigente, con la quale (sistema misto) si è votato nel
2018.
Riduzione
nel numero dei parlamentari e maggioritario “secco” rappresentano i frutti di
due opposte visioni dell’agire politico, quella “della democrazia diretta” di
impronta “5 stelle” e quella “illiberale, da pieni poteri” di derivazione neo-leghista.
Due
opposte visioni dell’agire politico che finiscono con il convergere nell’idea
di riduzione di spazi democratici mutando – prima di tutto – ruolo, compiti, possibilità
di composizione delle Assemblee rappresentative.
Se
i due impegni elettorali citati all’inizio dovessero effettivamente svolgersi
ci troveremmo di fronte a difficoltà molto rilevanti nel riproporre l’impianto
istituzionale approvato a suo tempo dall’Assemblea Costituente.
Ricordiamo
ancora una volta come la formula elettorale e l’intero sistema elettorale non
trovano definizione compiuta nel testo della Costituzione, ma rimangono
l’architrave sul quale poggia l’intero sistema politico.
L’apparente
semplificazione del sistema proposto dalla richiesta abrogativa della Lega Nord
si colloca nel filone di “iconoclastia della democrazia rappresentativa” come
del restio lo stesso quesito confermativo sul numero dei deputati e dei
senatori.
Abbiamo
già vissuto in passato situazioni analoghe: in alcuni casi, come quello del
referendum del 1993, la mannaia del semplicismo populista ebbe ragione in una
esasperata opinione pubblica; in altre occasioni, in fasi di maggiore
complessità delle domande, il voto popolare ha respinto i tentativi di
modificare la Carta Fondamentale.
Soprattutto sono stati respinti i tentativi di
spostare l’asse di riferimento delle istituzioni democratiche dalla
fondamentale espressione di “centralità del Parlamento”. Ciò nonostante i
“media” hanno continuato, colpevolmente, a parlare e scrivere di “Seconda” se
non di “Terza Repubblica”.
È
evidente che, nel frangente che potrebbe determinarsi con l’eventuale
svolgimento dei due referendum in oggetto, risulterà assolutamente problematico
difendere proprio il tipo di impianto previsto dal dettato costituzionale
proponendo il tema della rappresentatività delle Camere anche attraverso
l’invariabilità nella loro composizione numerica.
Nello
stesso tempo si dovrà proporre ancora la formula proporzionale intesa come
riferimento della possibilità di espressione istituzionale da parte delle
principali sensibilità politiche presenti nel Paese come fatto necessario per
la qualità della vita democratica.
Eppure
il tentativo va svolto con pienezza d’impegno, consapevoli di correre il
rischio di pagare l’ennesimo scotto ad una apparente impopolarità.
Questo impegno, in apparenza controcorrente e
dai prevedibili esiti minoritari, deve essere anche inteso come costitutivo in
un progetto di sinistra d’alternativa.
Una
sinistra d’alternativa assolutamente connessa con i valori costituzionali,
capace di superare divisioni ormai antistoriche e di portare avanti un progetto
di vera e propria ricostruzione come nel caso del tentativo che si sta
svolgendo attraverso il citato “Dialogo Gramsci /Matteotti” nell’ambito del
quale stiamo già svolgendo iniziative sul territorio.
Il
punto di fondo di questo discorso è quello di essere capaci di ritornare sul tema della democrazia rappresentativa.
Nell’occasione delle eventuali scadenze
referendarie sarà necessario mantenere comunque il “focus” sulle idee portanti
che sostengono l’idea della democrazia rappresentativa. Si dovrà ricordare che è stato soltanto dopo l’acquisizione
dell’eguaglianza politica, realizzata attraverso l’allargamento della
possibilità di scelta posto sul terreno della democrazia rappresentativa, che
si è potuto parlare di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, come
sostrato dei diritti fondamentali e - di conseguenza - di acquisizione dei
diritti sociali: salute, abitazione, condizioni di lavoro, assicurazioni
sociali.
Considerata la democrazia come
competizione tra partiti allo scopo di instaurare nuove procedure di governo si
sono così affermate teorie pluralistiche attraverso le quali, anche nei tempi
della cosiddetta globalizzazione, si sono espresse le sintesi politiche delle
diverse contraddizioni sociali. Stiamo arretrando rispetto a quelli che
furono i punti di partenza della democrazia costituzionale, attraverso
l’ulteriore introduzione di determinati meccanismi di tipo
maggioritario/personalistico da questo livello del confronto politico per
semplificarlo all’interno di meccanismi ridotti al “sì” o al “no” rispetto a
personaggi rappresentativi di opzioni sostanzialmente “celate”.
Una domanda retorica: negli ultimi
trent’anni quante elezioni si sono fatte, in Italia, a guisa di referendum per
attestare il livello di gradimento di un solo personaggio? È probabile che il
prossimo turno elettorale si svolga di nuovo sullo stesso schema; del resto i
nuovi movimenti stanno sorgendo proprio per contrastare la “resistibile ascesa”
di un solo personaggio…
Stiamo davvero compiendo un salto
all’indietro.
In questi tempi bui stiamo compiendo un
vero e proprio salto all’indietro nel vortice della storia. Un salto
all’indietro voluto da quanti nascondono in realtà la “voglia matta” di una
involuzione autoritaria, in nome della “semplificazione”. La politica riservata ai più forti, come ai tempi dei baroni della
“Magna Charta”.