di
Franco Romanò
Una
riflessione di Franco Romanò sulle iniziative
per
Piazza Fontana
Non
è stato davvero un 12 dicembre come tutti gli altri. Le ricorrenze non sempre servono
davvero a qualcosa, ma questa volta sì. Metto in fila quello che secondo me è
stato rilevante, con qualche commento.
1.La quercia in onore di
Pino Pinelli, piantata prima del 12 dicembre con una cerimonia durante la quale
il sindaco Sala si è scusato a nome della città con la famiglia dell’anarchico.
2.Le formelle con i nomi
delle vittime poste intorno alla Fontana della piazza e un’ultima formella
voluta dal comune di Milano su cui è scritto che la strage è responsabilità di
Ordine Nuovo.
3.Il discorso tenuto dal
sindaco Sala (si può reperirlo facilmente in rete) il giorno12 dicembre al Consiglio
comunale straordinario, durante il quale a reiterato le scuse alla famiglia
Pinelli e a Valpreda.
4.Il discorso tenuto da
Arnoldi a nome dell’Associazione famigliari dei morti di piazza Fontana al
Consiglio comunale straordinario del 12 dicembre, anch’esso facilmente
reperibile.
5.La catena umana e musicale
che ha attraversato Milano il giorno 14 dicembre da Piazza Fontana a Piazza Cavour
insieme alle figlie di Pinelli, Silvia e Claudia con migliaia di persone, che
hanno cantato i canti della tradizione anarchica e libertaria.
Questi
sono i fatti salienti, ma ciò che più conta, a mio avviso, sono la tempistica e
la sobrietà. Sala e la giunta milanese non hanno fatto proclami ma messo le
altre istituzioni di fronte al fatto compiuto, compiendo prima del 12 dicembre le
due azioni più significative: la posa della targa che indica la responsabilità
di Ordine Nuovo e le scuse a Pinelli e poi a Valpreda - definiti perseguitati -
durante il discorso che Sala ha tenuto per primo in consiglio comunale,
mettendo ancora una volta chi c’era di fronte al fatto compiuto, allo stesso
modo del discorso di Arnoldi puntuale nel riassumere tutta l’ingiustizia di
depistaggi e inadempienze istituzionali. Credo che siano stati un po’ tutti
presi in contropiede da queste scelte, meditate, volute dai famigliari come è
stato ricordato da Arnoldi in un’intervista, senza clamori precedenti che
avrebbero suscitato polemiche. Il silenzio che ne è seguito, ma anche le parole
di chi è stato costretto a seguire l’onda in qualche modo mi sembra, assai
eloquente. Gotor, in un’intervista rilasciata a Radio Popolare si occupa del
silenzio della destra definendolo di
convenienza. Credo invece che siano stati presi in contropiede anche loro,
ma risponderanno dopo il riposizionamento necessario e vedremo come la stessa
cosa riguarda le istituzioni statali. Infatti, dopo quanto accaduto, c’è solo
un rischio: fermarsi e accontentarsi. Invece è adesso che occorre tenere il
punto di un’iniziativa politica che deve ritornare nelle mani di larga parte
dell’opinione pubblica che non si accontenta di sapere una verità che sta
scritta anche in alcune sentenze definitive della magistratura: insieme ai
famigliari, alle reti antifasciste che si muovono anche autonomamente l’una
dall’altra ma che costituiscono un patrimonio prezioso se si avrà la capacità di
ascoltarsi reciprocamente. L’esempio più importante lo hanno dato in questo
senso Claudia e Silvia Pinelli. Non si sono sottratte ai momenti istituzionali
e hanno fatto bene a farlo, ma hanno anche posto dei limiti molto precisi e
circoscritti e la catena umana e musicale di sabato è il primo passo di un’iniziativa
che deve continuare. Manca un pezzo importante di verità storica, riguarda la
morte di Giuseppe Pinelli e non può essere barattata in nome di altri
riconoscimenti; tanto più in un momento in cui, dopo il caso di Stefano Cucchi,
si sono almeno un po’incrinati, spiriti di corpo e difese interne, lontane
dalla costituzione che non è mai entrata nelle caserme. Chi sa qualcosa c’è
ancora. L’iniziativa già partita per intitolare una strada di Milano a Giuseppe
Pinelli anarchico e partigiano è una seconda importante iniziativa per
ricominciare. C’è stata un’altra iniziativa a Milano, intrapresa da Sala e
dalla giunta comunale e cioè la manifestazione dei sindaci con Liliana Segre. Pur
importante anch’essa, la tengo separata dalle altre perché ho l’impressione che
sia stata il canto del cigno della commissione parlamentare su cui è caduto il
silenzio. Non mi stupisce più di tanto perché l’iniziativa era debole e
lasciata per intero sulle spalle della senatrice Segre. Ho però anche un’altra
impressione e cioè che la sordina derivi anche dalla impossibilità da parte
delle forze politiche che si dicono antifasciste, di andare fino in fondo su
alcune questioni chiave: dalla costituzione che non è mai veramente entrata
nelle caserme, per passare ai prefetti che non intervengono per impedire
l’apologia di fascismo, per arrivare ai depistaggi di cui già abbiamo avuto
notizia e gli altri che ne sono seguiti. Infine per arrivare non alla modifica
ma all’abolizione dei decreti sicurezza salviniani. Le forze politiche e
istituzionali che vediamo non sono in grado di affrontare questi problemi a
meno che non siano spinte da un’opinione pubblica e da movimenti che pongano
con forza queste esigenze. Credo che queste siano le ragioni profonde per
mettere la sordina alla commissione, oppure per vararla in una forma del tutto
innocua.