CASA ATELLANI
E LA VIGNA DI LEONARDO
di Angelo Gaccione
Piero Portaluppi, disegno per la facciata di Casa Atellani |
Questa mattina, 24 luglio, ho passato alcune ore
in modo piacevole e sereno circonfuso da ciò che ai miei occhi rappresenta,
assieme alla gioia per una buona conversazione, il godimento più grande per lo
spirito umano: arte e natura. Sono andato a visitare, in Corso Magenta, la
vigna di Leonardo nella Casa degli Atellani. E siccome “Ogni nostra cognizione
principia da’ sentimenti”, come ben dice Leonardo, voglio scriverne subito,
dato che in me cognizione e sentimenti sono rimasti vivissimi. Sul
cognome dei proprietari (cortigiani fedelissimi del signore di Milano Lodovico
Maria Sforza, il Moro, come è universalmente conosciuto, e ai quali fa dono di
ben tre case proprio davanti alla chiesa di Santa Maria delle Grazie, due nel
settembre del 1490 e una terza più tardi) la confusione documentale sfiora il
comico. Marin Sanudo nelle sue cronache scrive indifferentemente Da la Tela, Di
la Tela, Da la Tella, Àtellano. Il novelliere Matteo Bandello, che pure era in
intimità con la famiglia, scrive Attellano; Francesco Grossino, invece, Dilla
Tella e Dalla Tella, ma altrove troviamo anche Dell’Atella. Comunque sia,
quella che, con alterne fortunose e infauste vicissitudini, (persino le bombe
del 1943), è giunta fino a noi, porta il nome di Casa Atellani, e come tale è
nota ai milanesi. Chi vuole conoscerne in dettaglio storia e passaggi di mano,
può leggersi in un paio d’ore le novanta pagine di Jacopo Ghilardotti: La casa degli Atellani e la vigna di
Leonardo.
Il recupero e la sistemazione, come oggi li vediamo, con la
fusione delle due corti (la casa nova e
la casa antiqua) e un solo numero
civico, si devono all’architetto Piero Portaluppi. Incaricato dal nuovo
proprietario, l’industriale e senatore del regno Ettore Conti, che nel 1919 le
aveva comprate per farne un luogo più adatto alle proprie esigenze, e
soprattutto ingolosito da quello che era stato lo splendido giardino di una
villa di delizie, e che il tempo e la guerra avevano ridotto ad una “topaia”,
come si esprime la moglie del senatore, il cui ritratto sopra quello del
marito, fa ora bella mostra nella Sala Studio di cui devo almeno segnalarvi una
tela fiammingheggiante che riproduce una gigantesca Torre di Babele con la
narrazione minuziosa della stoltezza degli uomini: forse anche in polemica con
la Chiesa di Roma alle prese con il gigantismo poco evangelico
dell’edificazione della basilica di San Pietro; e il rivestimento in legno
delle pareti affollate di cariatidi, anch’esse lignee, dalle fogge e dalle
dimensioni più diverse. Ettore Conti e la moglie Gianna riposano ora nei
bianchi cenotafi marmorei realizzati da Wildt, in una cappella di Santa Maria
delle Grazie, la chiesa di fronte alla loro bella casa, e non senza ragione: è
stato lui il benefattore, come una iscrizione ci ricorda, a finanziare il
restauro della creatura di Guiniforte Solari e del Bramante, eseguito proprio
da Piero Portaluppi, l’ordinatore della sua magione, quello che Ghilardotti
definisce con molta pertinenza “il braccio architettonico di Ettore Conti”. Se
vi capita di andare a vedere il Cenacolo,
non trascurate di entrare anche in chiesa e di sostare davanti alla sua
cappella. È grazie a lui se oggi possiamo godere delle meraviglie di Casa
Atellani e della vigna di Lionardo,
come lo chiama il Vasari. Il suo gusto è stato troppo raffinato e troppo
visionario il suo spirito, perciò siate indulgenti, sono sicuro che il fascismo
non sia riuscito a guastargli l’anima.
Casa Atellani |
Casa Atellani è oggi una Casa-Museo privata tuttora abitata.
Ciò che è visitabile sono solo le sale del pianterreno e i due cortili di
accesso sistemati dal Portaluppi, dove convivono armoniosamente colonne,
portico, affreschi, in un dialogo fatto di antico e di “intrusioni”
novecentesche che sono la cifra dell’ecclettismo del suo ordinatore. In nessun
ambiente queste provocano fastidio: la Sala dello Zodiaco e il Soffitto dei
Pianeti è affascinante quanto la Sala con i ritratti della scuola luinesca, con
quel soffitto affrescato da un tripudio fantasioso di ricami floreali dentro le
vele e le lunette. E non disturba quella scala novecentesca nella Sala dello
scalone, nella cui balaustra Portaluppi ha incastonato gli stemmi delle quattro
famiglie che nel tempo hanno posseduto la casa. È una scala che non conduce ad
alcun piano nobile, perché le bombe della guerra hanno fatto al meglio il loro
compito demolitore. La disposizione degli arredi voluta dall’architetto, ne
fanno però un ambiente vivo, impreziosito anche da pezzi di pregio, come la Crocifissione
quattrocentesca sulla parete di sinistra, la tela, anch’essa di argomento
sacro, su quella di destra, o la mappa settecentesca di Milano lungo la
scalinata, con il tracciato delle mura interne medievali e di quelle spagnole
più esterne. Il piano terra immette in quello che resta l’ambiente più
suggestivo: il giardino. Lo è stato nel Cinquecento, come sappiamo dalle novelle di
Bandello, e lo è stato in epoca contemporanea, come sappiamo da Ettore Conti
che ne andava fiero, e che a Portaluppi aveva affidato il compito di riportarlo
al suo antico splendore.
I cortili interni |
L’affaccio dalla balconata permette di cogliere il viale
prospettico fino a dove, pochi anni fa, è stata reimpiantata, con gli stessi
vitigni di allora, la vigna di Leonardo. Analisi sul materiale organico e sul
profilo genetico, hanno permesso di arrivare a questo miracolo. Leonardo aveva
avuto in dono questo pezzo di terreno, di cui egli stesso ha lasciato notizie
precise, da Lodovico il Moro. Dobbiamo a Luca Beltrami, grande studioso di
Leonardo, l’individuazione esatta dell’ubicazione della vigna e la decisione di
incorporare “nell’attiguo giardino della casa Della Tela, che il senatore
Ettore Conti sta riadattando come abitazione personale”. I milanesi forse non
sanno che devono alla caparbia e indefessa volontà di Luca Beltrami e alla sua
decisa opposizione a quanti avrebbero voluto demolirlo, anche l’esistenza del
Castello Sforzesco e del suo splendido parco nel cuore della città. Gli
speculatori erano pronti per farne un prelibato boccone in favore della nuova
borghesia emergente e del suo uso privato.
Il giardino interno |
Con emozione ho poggiato i piedi dove il genio da Vinci ha
camminato. Ho girato fra i filari carichi di grappoli, ho assaggiato un chicco
ancora asprigno, e mi sono detto come sia straordinario che in un luogo come
questo possa attecchire la vitis vinifera. Giustamente Leonardo amava molto
questo suo pezzo di terra, a quei tempi fuori porta e decentrato. Veniva a
prendersi cura delle sue viti, a riposarsi dalle fatiche, e magari a rilassarsi
dopo le ore di lavoro dedicate al Cenacolo che gli stava proprio di fronte. Nel
giardino era ospitato spesso, e qui poteva conversare con ospiti illustri e
memorizzare i volti di Cecilia Gallerani ritratta nella Dama con l’ermellino, e di colei che gli ispirò il ritratto de La bella ferronnière, sulla cui vera
identità, la critica si accapiglia da oltre cinquecento anni.